2013: Italia digitale, italiani digitali

2013: Italia digitale, italiani digitali

Ricordate le tre I di berlusconiana memoria? Uno dei tanti spot privi di relazione con la realtà, visto che i suoi esecutivi ci hanno lasciato con un gap maggiore di quello che avevamo 10 anni fa con gli altri paesi europei sia in termini di infrastrutture, sia in termini di competenza e alfabetizzazione digitale del paese. Ora, con il governo Monti, l’Italia ha finalmente ripreso ad occuparsi di Agenda Digitale.  Partiamo, anche qui, da un grande ritardo, visto che siamo sotto la media UE sulla maggior parte degli indicatori definiti dall’Agenda Digitale Europea. Per uso di Internet e infrastrutture siamo al 27° posto fra i 34 paesi OCSE: l’Italia è terzultima in Europa per copertura con banda larga di rete fissa, ed è agli ultimi posti nell’uso del web (lo usa regolarmente solo il 51% degli italiani, contro il 68% medio degli europei). Il ritardo italiano enfatizza la distanza tra Nord e Sud (le sacche di analfabetismo digitale sono concentrate nelle regioni meridionali in cui la disoccupazione è maggiore), tra grandi e piccoli centri, tra giovani e anziani. C’è un passaggio essenziale che la società e la politica devono cogliere una volta per tutte: questi non sono solo numeri per economisti o per esperti. Nel concreto, significa che non abbiamo infrastrutture sufficienti a cogliere la sfida della nuova economia. Isolamento digitale significa restare fuori dalle opportunità di crescita e di occupazione che l’economia digitale sta già offrendo ai paesi che stanno uscendo dalla crisi investendo sulla modernizzazione del sistema produttivo e sulle competenze dei giovani.

A ottobre, il governo Monti ha adottato un decreto-legge sull’Agenda Digitale, che contiene misure per la digitalizzazione della PA, per passare al “formato elettronico” nella relazione tra cittadini e amministrazioni, e migliorare l’efficienza di istruzione, sanità, giustizia attraverso l’uso del digitale. Inoltre vengono previste le modalità per il superamento del digital divide attraverso il completamento delle infrastrutture.

L’Agenda digitale, dunque, è e dovrà continuare a essere una priorità politica di fondo che va oltre i suoi specifici contenuti: l’economia e l’amministrazione digitali, infatti, non sono un settore specifico o un mero aggiornamento tecnologico della PA, bensì, rispettivamente, il nuovo paradigma che connota le trasformazioni di moltissimi settori economici e industriali, e la modalità di definire un nuovo patto di cittadinanza fondato su efficienza, partecipazione, trasparenza. Agenda Digitale, quindi, non è solo economia: è democrazia. Dovrebbe essere il presente, e sarà sempre più il futuro, della formazione, del lavoro, della pubblica amministrazione e dello sviluppo culturale ed economico del paese. Per questo occorre evitare il rischio che questi temi restino una nicchia in cui si esercitano solo gli esperti del settore: la sfida dell’economia digitale non può essere vinta solo con i convegni per gli addetti ai lavori.

 

Serve uno sforzo di sviluppo popolare e diffuso, in grado di coinvolgere tutte le competenze migliori, fondato su una visione chiara e sull’individuazione di alcune priorità.

 a. I cittadini digitali. La prima cosa di cui ci si deve occupare è divario “culturale” che il paese non può più sopportare. Vogliamo passare da una visione “tecnica” a una “popolare” e non tecnocratica: il digitale è una risorsa per tutti – per lo studio, per il lavoro e per le politiche di assistenza a domicilio per gli anziani, per la trasparenza e la ricostruzione della democrazia. Un programma straordinario di modernizzazione e digitalizzazione del paese deve porsi quindi tre obiettivi prioritari: scuola, cittadini e piccole imprese.

  • La scuola è il primo pilastro irrinunciabile della nostra azione, la base della cultura digitale della nostra società. Ad oggi le aule scolastiche dalle elementari alle medie superiori sono per lo più sprovviste di collegamento a Internet, né gli insegnanti italiani hanno programmi di aggiornamento per sviluppare le competenze necessarie ad accompagnare gli alunni in questo nuovo contesto digitale;
  • La popolazione più anziana e meno istruita deve essere aiutata, promuovendo la distribuzione sul territorio di punti di accesso alla rete pubblici e incentivando l’uso della rete, anche attraverso mirati incentivi fiscali a “tempo” (per esempio, ottenendo uno sconto per chi paga la bolletta della luce o della TARSU online, invece che pagare una commissione bancaria);
  • Lanciare un piano di formazione e infrastrutturazione per le piccole imprese è la chiave per il rinnovamento di un sistema produttivo di cui l’Italia ha particolarmente bisogno per uscire dalla crisi. E per farlo, dobbiamo ricorrere a interventi radicali che impongano l’utilizzo della rete come strumento per dialogare con il settore pubblico.

b. La democrazia digitale. Affrontare la debolezza sistemica sull’innovazione dell’Italia non serve solo per portare il tessuto industriale del paese al centro della nuova economia e offrire una prospettiva di buona occupazione ai giovani e ai meno giovani. È essenziale anche per migliorare la qualità della partecipazione democratica e riavvicinare le istituzioni ai cittadini, affrontando tre questioni fondamentali: trasparenza, pubblica amministrazione, risorse.

 

  • La democrazia trasparente. Tutte le ricerche dimostrano che la digitalizzazione ha un effetto moltiplicativo, creando un sostanziale incremento di valore in termini non solo in termini di creazione di lavoro e di crescita economica, ma anche sul benessere della società e sulla trasparenza del Governo. L’utilizzo dei nuovi media e delle tecnologie per i servizi e per l’interazione con la Pubblica Amministrazione rappresentano un concreto strumento per colmare la distanza sempre più preoccupante fra cittadini ed eletti, un modo per ridare nuova forma alla democrazia della rappresentanza e affrontare a viso aperto la domanda di trasparenza, senza usare la scusa dell’antipolitica.
  • Assicurare l’accesso alla rete e sviluppare infrastrutture e competenze non basta più. Serve una visione integrata di innovazione digitale diffusa, per far sì che l’innovazione possa essere praticata in un sistema organizzato, fatto di cittadini, imprese,  e pubblica amministrazione. Per questo, impegneremo tutte le amministrazioni a una seria politica di open data e trasparenza e daremo tutela giuridica al principio dell’accessibilità totale, adottando un provvedimento analogo al FOIA (Freedom of Information Act) che assicuri ai cittadini il pieno diritto alla possibilità di  consultare on line tutti i documenti pubblici, all’insegna della massima trasparenza a tutti i livelli istituzionali e amministrativi. Questa è l’arma migliore che abbiamo per combattere la corruzione che affligge il nostro paese.
  • Le risorse sono poche, è vero, ma le scelte su di esse sono politiche. Per noi, revisione della spesa significa tagliare le spese improduttive per investire nelle infrastrutture strategiche per la crescita, come quelle digitali. Per sostenere questi investimenti possiamo utilizzare meglio i fondi europei e destinare una parte degli enormi risparmi che derivano da un maggiore ricorso all’e-procurement per l’acquisto di beni e servizi della PA.

Un governo di centro sinistra, con il contributo di tutti gli attori sociali, deve coniugare i cambiamenti del modello di sviluppo con la bussola dell’uguaglianza di opportunità di accesso al sapere, senza lasciare nessuno indietro. Agenda Digitale non è solo economia: è democrazia. Tocca a noi affrontare questa sfida e cercare di vincerla.

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