Al vertice del Pd il ticket Serracchiani-Guerini Ma è già polemica

Al vertice del Pd il ticket Serracchiani-Guerini Ma è già polemica

Renzi-Orlando-Serracchiani

ROMA E ora che si fa con il Pd? Il premier resterà segretario e sta valutando quale sia la soluzione migliore per una gestione del partito di qui in avanti. Come ovvio tutte le correnti sono in fibrillazione, specie i renziani, ma anche la minoranza cuperliana divisa al suo interno; e tutti attendono di vedere come saranno riempite le caselle dei posti di sottogoverno. Perché è da lì che si capirà chi andrà a fare che cosa, in organismi dirigenti già privi di molti componenti traslocati al governo. E svuotata in parte la segreteria, dove la Mogherini e la Boschi sono diventate ministre e non è escluso che altri vadano a ricoprire incarichi di sottosegretario.

Tra le opzioni sul tavolo, quella più gettonata vede la governatrice del Friuli, Debora Serracchiani in pole per essere nominata vicesegretario del partito, con funzioni più di testimonial autorevole, visto il suo incarico istituzionale, piuttosto che operative e gestionali.
Di queste si farà carico l’attuale coordinatore della segreteria, Lorenzo Guerini, che oltre a questo ruolo dovrebbe accorpare anche quello di responsabile organizzativo: se Luca Lotti, braccio destro del premier, traslocherà a Palazzo Chigi, come sembra ormai scontato. Ma c’è un altro schema secondo cui piuttosto che nominare Serracchiani vice, Renzi potrebbe decidere di affiancare un portavoce a Guerini (che non ama apparire in tv e tantomeno tenere comizi) e si fanno i nomi di Simona Bonafè o Matteo Richetti.

Ma Renzi dovrà in ogni caso sbrigarsi, perché l’aria nel partito non è delle migliori. Dopo esser stato salutato alla buvette da una compagna affranta «ci volevi tu per tirarci su», mentre rientra in aula Pierluigi Bersani mostra di non voler cavalcare una polemica sul doppio incarico di Renzi. «Io avevo detto che avrei lasciato la segreteria in ogni caso, a prescindere, come compimento di un percorso di quattro anni da un congresso all’altro. Sul doppio incarico ora non mi pongo il problema, deciderà lui. Certo un partito va messo in condizioni di discutere e confrontarsi, insomma va coinvolto», avverte colui che Renzi considera il più autorevole riferimento politico della minoranza interna. E i lettiani già sul piede di guerra cominciano a chiedere una consultazione tra gli iscritti, richiesta che assomiglia molto a quella di un nuovo congresso anche se non si spingono così avanti. «Il partito ha bisogno del massimo impegno e legittimazione. E su questo si dovrebbero poter pronunciare anche gli iscritti», avverte Marco Meloni. «Perché se il governo deve durare fino al 2018 non ci può essere una gestione provvisoria e una grande riflessione deve coinvolgere la comunità dei democratici».

 

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