Berlusconi: 20 anni in 100 minuti. Non è un bel giorno per l’Italia, ma non gli crede più (quasi) nessuno

Berlusconi: 20 anni in 100 minuti. Non è un bel giorno per l’Italia, ma non gli crede più (quasi) nessuno

La conferenza stampa di Berlusconi è la summa del sovversivismo di cui ha dato costante testimonianza dal 1994 ad oggi. Un attacco violentissimo alla democrazia costituzionale, al principio di legalità, alla separazione dei poteri, accompagnato dalla nota irresponsabilità in economia e dal solito spot in favore dell’evasione fiscale. Un uomo ormai anziano che getta la maschera e conferma, senza alcun pudore, una concezione autocratica del potere e totalitaria dello stato.

Ci sarebbe da essere molto preoccupati, ma, sebbene non  sia una bella giornata per l’evoluzione del nostro sistema politico, tre considerazioni mi spingono ad essere comunque piuttosto ottimista. Primo. Chi, dentro e fuori il Pd, vorrebbe accomunare “tutta la politica della seconda repubblica” considerandola responsabile dell’attuale condizione del Paese, spero sappia ricredersi e comprendere quanto sia stato importante contrastare l’assalto di quest’uomo alle istituzioni. Noi – i partiti di centrosinistra, l’Ulivo, il Partito Democratico – l’abbiamo combattuto, e in diverse circostanze battuto, democraticamente. Dunque chi era distratto, impegnato in altre attività o compiacente, sia intellettualmente onesto e dimostri maggiore rispetto nei nostri confronti.

Secondo. Dopo numerose oscillazioni, ora è chiaro il giudizio di Berlusconi sul percorso che sta compiendo l’Italia col governo Monti, fatto di riforme, rigore finanziario, credibilità internazionale e costruzione dell’Europa, ritorno alla legalità. Lo fa con argomenti che si saldano a quelli di chi, a destra e a sinistra, approfitta della crisi economica –resa ben più pesante dalla sua azione di governo – per propagandare idee populiste e antieuropeiste. La conseguenza è evidente: dobbiamo percorrere la via della serietà e della responsabilità con ancora maggior coerenza, con la forza che ci deriva dal fatto che è l’unico modo per riattivare un processo virtuoso di crescita e dal consenso che i cittadini continuano a mostrare nei confronti di questo governo e, in modo crescente, del Partito Democratico.

Terzo. L’impressione è che a Berlusconi non creda più (quasi) nessuno, e questo è il motivo di maggiore conforto. Le nostre istituzioni, del resto, hanno retto al suo attacco quando il suo consenso era molto elevato, e dunque la sua forza – compresa quella economica e mediatica – era ben maggiore. La conseguenza più certa della sua improvvida decisione di “rimanere in campo” sembra essere la “cattura” del centrodestra, e dunque la chiusura a ogni possibilità di ricomposizione di un’ampia coalizione conservatrice. Sta ora a noi democratici trovare le modalità per dialogare al meglio con le variegate componenti moderate, liberali ed europeiste con le quali condividiamo l’assetto di fondo del sistema istituzionale, il rispetto per i valori costituzionali e la priorità europeista.