Bisogna rifare il Pd? Il documento svelato dal Foglio spacca il partito
La notizia data oggi sul Foglio, quella di un documento a cui tre superbersaniani come Matteo Orfini, Andrea Orlando e Stefano Fassina stanno lavorando per offrire al partito un “Progetto per un nuovo Pd”, ha prodotto alcuni effetti interessanti. E l’idea dei tre ragazzi del cerchio magico del segretario – quella di riscrivere il Dna del partito sul modello del Pse – ha suscitato alcune, diciamo così, diffidenze all’interno del Pd. Sia nell’aria di Enrico Letta (vicesegretario del Pd), sia in quella più legata alla Cisl (come Sergio D’Antoni), sia in quella legata a Franceschini (vicino anche a lui al segretario), sia in quella legata a Fioroni, sia in quella legata a Veltroni. In particolare, hanno risposto al progetto Fassina, Orlando, Orfini Dario Franceschini, Marco Meloni, Walter Verini, Paolo Gentiloni, Giuseppe Fioroni.
Qui alcune reazioni.
“Che ci sia una elaborazione politica, un contributo di dirigenti autorevoli, e’ legittimo. Ma non so quanto questo sia in linea con i tratti fondanti dell’esperienza del Pd”, spiega. Forse servirebbe un approccio un po’ meno ideologico per porsi di fronte ai problemi concreti che abbiamo davanti, tenendo presente che noi democratici siamo un grande forza di cambiamento. Il Dna di un partito, tra l’altro, lo riscrivono gli atti fondativi e i congressi, non i documenti politici. Tra l’altro, agli amici del documento consiglierei di tenere conto delle opinioni maggioritarie tra gli elettori democratici. E da quello che ci sembra di rilevare quello che sta accadendo in questo momento, con l’esperienza del governo Monti, e’ giudicato positivamente.Infine, e’ sbagliato insistere con la caricatura per cui tutti quelli che non sono vicini alla sinistra radicale sono sostenitori del neo liberlismo selvaggio. Di tutto abbiamo bisogno, meno che di cercare linee che ci dividono”.
Marco Meloni (membro della segreteria del Pd oltre che membro dell’associazione di Enrico Letta 360)
“Se i promotori di questa iniziativa andassero avanti con questa impostazione sarebbe da parte loro un grande errore -dice-. In questi termini e’ un dibattito datato perche’ tutto il mondo, da Hollande ai democratici americani, si sta chiedendo come fare per andare oltre la socialdemocrazia, che e’ gia’ datata oggi. Noi, che siamo gia’ un passo avanti rispetto a una discussione del genere, che abbiamo gia’ dentro di noi diverse culture, non possiamo tornare indietro e ripercorrere un pezzo di strada che abbiamo gia’ fatto. Se il contributo di questi giovani e’ questo, e’ limitato e non fa un grande servizio al partito. Anzi. Se invece c’e’ l’intenzione di aprire un dibattito serio e approfondito, la voglia di interrogarsi sulla crisi del capitalismo, sul superamento delle diseguaglienze, sullo stato di salute delle isituzioni e del rapporto con la societa’, allora il contributo puo’ essere determinante”.
Sergio D’Antoni, ex leader della Cisl, oggi deputato del Pd
“Se e’ vero questo documento, di cui non ho mai sentito parlare, significa che gli autori fanno un’operazione contro Bersani. Vogliono ricostruire il Pds, che pero’ e’ una cosa contro lospirito del nostro partito. Tra l’altro sarebbe una mossa che destinerebbe il Pd alla sconfitta permanente, perche’ escluderebbe unaparte rilevante di societa’. Tra l’altro una iniziativa che si tiene a porte chiuse e’ una cosa da anni ‘50″.
Gero Grassi (deputato vicino a Fioroni)
“Il Pd è nato come luogo d’incontro di culture e progressismi diversi, per costruire una nuova storia comune. E così resterà”.
Dario Franceschini, capogruppo del partito alla Camera
“Se la strategia è quella di un Pd insieme agli alleati di Vasto (Sel e Idv, ndr) che si contrappone, facilitandola, auspicandola, favorendola, a un’alleanza Udc-Pdl… Beh, mi sembra un ottima linea suicida. Io personalmente preferisco vivere. E il corollario di questa strategia suicida è definire il governo Monti un governo di destra: auguri”.
Paolo Gentiloni, deputato del Pd, responsabile comunicazione del partito
“Io sono tra quelli che hanno fondato il Pd. Se mi avessero chiesto di fondare il partito socialdemocratico, la sezione italiana del Pse avrei risposto ‘no grazie’. Come, d’altronde, credo che se io avessi chiesto loro di fare la sezione italiana del Ppe mi avrebbero risposto ‘no grazie’. Evitiamo di dare la sensazione che la nostra presenza nel Pd è un misto tra un rimpianto e il rammarico per averlo fatto. Ma continuiamo a credere nelle ragioni per le quali lo abbiamo costruito. Altrimenti sarebbe vanificata la scelta dei ‘non Ds’ che hanno dato vita al Pd, e la loro presenza sarebbe inutile e forse sgradita”.
Giuseppe Fioroni, deputato del Pd, responsabile Welfare del Pd
E’ vero che siamo alla crisi delle politiche neoliberiste però sono convinta che se quelle politiche negli anni passati hanno vinto è perché erano in crisi le politiche socialdemocratiche. Non penso che usciamo da questa situazione semplicemente tornando a una matrice di stampo socialdemocratico: dobbiamo cercare risposte nuove. Il Pd deve essere una forza progressista che mantiene vitali valori della sinistra riformista e del cattolicesimo democratico, ma va oltre entrambi. Mi sembra una risposta insufficiente dire che rispondiamo alla crisi in corso accentuando i caratteri del Pd come partito del socialismo europeo. Noi ci facciamo carico della riduzione del debito pubblico perché è giusto, non perché ce lo chiede la Bce…”.
Marina Sereni, vicepresidente del Pd
“Il Pds c’era già prima. Successivamente i Ds e la Margherita decisero di unire tutti i riformismi italiani in un nuovo progetto, dopo i fallimenti del neoliberismo senza regole e della socialdemocrazia novecentesca. Quel progetto si chiamava Pd. Tornare al Pds non è solo una risposta che guarda all’indietro, non è solo un rischio di spaccatura del Pd: è la negazione del Pd stesso, come luogo e sintesi possibile di riformismi che guardano al futuro”.
Walter Verini, deputato del Pd e braccio destro di Veltroni