Consiglio regionale e stabilizzazioni: concorsi per tutti, no al precariato

Le cronache sui lavori del Consiglio regionale della scorsa settimana hanno riportato una serie di mie affermazioni relative alla norma sulla stabilizzazione dei precari negli enti locali che richiedono qualche precisazione, al fine di evitare interpretazioni che non corrispondono al mio pensiero.

In particolare, l’Unione Sarda di venerdì scorso, 24 giugno, riprende l’espressione secondo la quale l’approvazione di tale norma avrebbe “esposto al ridicolo” il Consiglio regionale. Con queste parole, nel mio intervento in Aula ho inteso riferirmi a una circostanza precisa: la norma in questione riproduce pressoché integralmente l’articolo 7 della legge n.1/2011, rinviata il 10 marzo scorso dal governo alla Corte costituzionale per dubbia incostituzionalità. Un rinvio peraltro prevedibilissimo, come dichiarai esprimendo la mia contrarietà anche in quella circostanza, in quanto il meccanismo di stabilizzazione approvato era pressoché analogo a quello contenuto nella legge finanziaria 2009, già giudicato incostituzionale dalla Corte nel maggio 2010.

In sintesi, anche a prescindere da valutazioni di merito, il Consiglio regionale ha approvato una norma analoga a un’altra attualmente sottoposta al vaglio della Corte costituzionale, e che comunque appare non corrispondere ai requisiti già indicati dalla Corte nel maggio 2010 per considerare legittima la stabilizzazione dei precari nelle Pubbliche Amministrazioni: superamento di prove selettive che attestino la sussistenza delle professionalità necessarie per lo stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici, e carattere necessariamente aperto di tali procedure selettive. Reiterare l’approvazione di una norma probabilmente incostituzionale, e comunque in attesa di un giudizio previsto nelle prossime settimane, credo sia poco corretto in termini istituzionali ed espone il Consiglio a una situazione critica, che obiettivamente rasenta il ridicolo. Si tratta di un modo di procedere che, fra l’altro, è poco rispettoso proprio nei confronti delle persone che si afferma di voler aiutare nel loro percorso di stabilizzazione, e che invece vengono illuse e sostanzialmente prese in giro.

Passando al merito, nel mio intervento ho proposto al Consiglio di fare un passo avanti: evitiamo di continuare ad alimentare guerre tra persone portatrici di interessi contrapposti ma egualmente meritevoli di attenzione e tutela – precari della PA e giovani disoccupati che non hanno mai avuto neppure l’opportunità di un lavoro precario nel pubblico – senza peraltro risolvere alcuno dei problemi sul tappeto, e concentriamo le nostre energie per approvare una norma costituzionalmente legittima, che consenta a tutti di poter accedere, attraverso il concorso pubblico, agli impieghi nelle PA.

E diciamo definitivamente no al precariato negli enti pubblici: già da subito Regione, aziende regionali ed enti locali si impegnino ad assumere i vincitori e gli idonei nelle selezioni concorsuali prima di chiunque altro, e a non ricorrere in alcun caso a personale precario, spesso assunto con procedure oscure, come avviene soprattutto nel caso del lavoro interinale.

Marco Meloni