Dal Pd stop a Vendola: niente alleanza con Ingroia

Dal Pd stop a Vendola: niente alleanza con Ingroia

“Con Ingroia non esistono margini per un`intesa strutturale. La distanza è abissale sia rispetto al nostro programma sia per ciò che riguarda i comportamenti, a partire dall`attacco sconsiderato alla Corte costituzionale”. Ecco, se questo post su facebook di un membro della segreteria vicinissimo a Enrico Letta come Marco Meloni, rispecchia l`opinione del numero due del Pd, si capisce come non sia piaciuta affatto ai vertici del partito la mossa di Nichi Vendola. Che in un colloquio con La Stampa ieri ha posto come condizione ad un dialogo con i centristi in caso di pareggio un`apertura a Ingroia.

Sul punto il pensiero di Bersani è riassumibile con un concetto che rimbalza dai suoi spin dottor: “Evitiamo aperture ai populismi che vengono da sinistra. E poi se avessimo voluto aprire a qualcuno allora lo avremmo fatto con Di Pietro”. Tradotto, non potremo allearci con Ingroia dopo aver rotto la “foto di Vasto” con Tonino. E dunque, a fronte di un Ingroia che si compiace e ringrazia Nichi “per l`ulteriore segnale di attenzione e di apertura che spero possa favorire un clima di dialogo con il centrosinistra”, fa da contraltare il gelo in casa Dem. “Magari apriamo pure a Grillo…”, butta lì un altro lettiano, Francesco Boccia.

Certo non sfugge a nessuno un punto messo in rilievo dall`ex senatore Pd Enrico Morando, sul fatto che “Sel sente la competizione della lista Ingroia” e dunque Vendola “deve accentuare i toni, ma così facendo rischia di indebolire la proposta di governo del Pd”. Un timore, quello di dare l`immagine del caravanserraglio dell`Unione, che lo stesso Vendola prova a sopire, promettendo di non essere “colui che tirerà la giacchetta a Bersani mettendo in fibrillazione il quadro di governo”.

Ma al contempo Vendola continua a puntare i piedi: accendendo i riflettori sulla contraddizione tra la linea Pd di un accordo progressisti moderati e il suo slogan “non sarò mai in una maggioranza assieme a Casini”. Insomma, “se il Pd sceglie Monti dovrà fare a meno di Sel”, perché il centrosinistra ha diritto di governare senza ipoteche e badanti”. Sia Bersani sia Vendola però sanno che il rischio di un pareggio – e di dover scendere a patti con i centristi – resta, eccome. Amplificato dai sondaggi che danno il centrodestra in testa in Lombardia e in Sicilia. Proprio in Sicilia il consenso ad Ingroia può togliere voti preziosi a Vendola: e il leader di Sel, così come Bersani, ne è consapevole e dunque non può farsi scavalcare a sinistra, anzi prova a gettare ami ad un elettorato comune. Ma dal quartier generale del Pd tendono a sdrammatizzare. Ricordando che “anche la Moratti era data in testa nei sondaggi e poi a vincere nelle urne fu Pisapia…”.

E in ogni caso Bersani non crede che il Nord, con tutto quello che è successo in questi mesi in Lombardia, così come il Sud, che soffre di più il disagio sociale prodotto dalla crisi, “si metteranno in mano a chi ha fatto quei disastri”. E a quello che viene paventato dal Pd come «un ritorno al passato” si fa fronte cercando di aprire gli occhi all`elettorato moderato. Veicolando una serie di iniziative che diano il segno di una coalizione affidabile, un mix di rassicurazione e rinnovamento. Sperando che l`apporto dei centristi al Senato non si renda necessario, perché in quel caso si aprirebbe una trattativa su ruoli e poltrone dagli esiti imprevedibili. Lo voterete Casini presidente del Senato, chiede Maria Latella intervistando su Sky il leader di Sel. “Vedremo, certo non lo vorrei come ministro”.