E il PD affila le armi contro la manovra

Uscito dalle secche di uno scontro interno durato due anni e risolto una settimana fa dalle primarie, il Pd cerca ora di ricordarsi che il suo avversario è il centrodestra. Lo fa iniziando ad attaccare la Finanziaria e il Piano regionale di sviluppo: se ne parlerà domani nella riunione del gruppo democratico in Consiglio regionale, con la partecipazione – per la prima volta – del nuovo segretario Silvio Lai. Si affronterà naturalmente anche il tema del capogruppo, dopo che Mario Bruno ha messo il proprio mandato a disposizione del gruppo e della nuova leadership. Ma, a meno di clamorose sorprese, non si deciderà domani se confermare l’uscente o sostituirlo, e – nel secondo caso – con chi.

LA MANOVRA. Su Finanziaria e Prs aveva aperto le ostilità lo stesso Lai, nella sua campagna per le primarie, criticando l’impiego delle nuove entrate di cui la Regione disporrà dal 2010 (per via dell’accordo del 2006 col Governo). Su questi argomenti sarà forse più facile ritrovare una voce unica, per un partito apparso finora lacerato in tante correnti. E in effetti anche Francesca Barracciu, vicepresidente della commissione Bilancio del Consiglio oltre che seconda arrivata nella corsa per la segreteria, giudica «assolutamente inconsistente il Piano di sviluppo rispetto ai problemi della Sardegna. C’è tutto e il contrario di tutto, ma senza approfondimenti e senza indicare priorità ». Quanto alla Finanziaria, «è molto grave che non si rispettino le indicazioni di legge sui trasferimenti a Comuni e Province. Inutile immaginare misure che prevedono il cofinanziamento degli enti locali, se poi questi ultimi non ricevono ciò che gli spetta». Sulla stessa linea un altro rappresentante del Pd nella commissione: Franco Sabati- ni, area Lai. «Il Prs – dice – è un manuale di buoni propositi, anche condivisibili, ma confusi e generici. Anche l’annuncio della Giunta di aver presentato una Finanziaria snella merita un commento: è vero che nel disegno di legge ci sono solo quattro articoli, ma poi si lavora già a un collegato che ne conterrà venti e sarà il solito distributore automatico di risorse. Altro che dare spazio alle leggi di settore».

IL CAPOGRUPPO. L’uscente Mario Bruno ha rimesso il mandato, e si capisce che se dipendesse da lui confermerebbe la staffetta: guidare i diciannove consiglieri regionali democratici è un impegno gravoso che richiede una permanenza pressoché costante a Cagliari, cosa che per l’algherese Bruno contrasta con l’intenzione di seguire da vicino il proprio territorio. Non è neppure escluso che alla fine gli si chieda comunque di andare avanti, ma la realtà è che niente è escluso, in questo momento. Il fatto che l’area Lai non abbia la maggioranza assoluta, ma ancor più la ricerca di un nuovo clima di unità, induce a pensare che il nuovo capogruppo venga scelto tra i consiglieri dell’area Barracciu o tra quelli vicini a Giampaolo Diana. Ma, appunto, è una partita apertissima. «Nella conferenza stampa unitaria del dopo-primarie sono state dette cose importanti, ora attendiamo di conoscere una proposta di gestione complessiva del partito», osserva Francesca Barracciu: «Ci aspettiamo un riconoscimento serio delle anime emerse dal voto di domenica». Oggi, intanto, si riunirà la commissione regionale per il congresso, che dovrebbe procedere alla proclamazione ufficiale degli eletti nell’assemblea regionale. Sembra assolutamente da escludere l’ipotesi che un ricorso presentato a Porto Torres, contro la presenza di alcuni candidati in più di una lista per Lai (cosa vietata dal regolamento), possa addirittura portare il candidato vincente sotto la soglia del 50 per cento dei voti, costringendolo al ballottaggio in assemblea. Al massimo Lai potrebbe perdere un seggio, ma anche questa eventualità è tutta da verificare. Il nuovo leader dovrebbe comunque avere una maggioranza di 80 o 81 delegati sui 155 dell’assemblea. (g. m.)