Fassina inasprisce i toni, necessario confronto schietto su sostegno a governo Monti
In tanti nei giorni scorsi abbiamo considerato sbagliata la richiesta di dimissioni rivolta a Stefano Fassina. Sia perché ora dobbiamo pensare alle riforme per l’Italia, sia perché in un grande partito è naturale e ‘sano’ discutere, senza che dissentire dai dirigenti debba significare necessariamente metterne in discussione i ruoli. Per converso, chi rappresenta il partito dovrebbe mostrare, ora più che mai, misura ed equilibrio, anche rinunciando a qualcuna delle proprie convinzioni per rappresentare quelle di tutti. Dobbiamo essere fattore di unità e coesione e non di divisione, seguendo l’esempio di Bersani, che ha mostrato come si possano anteporre a qualsiasi egoismo di parte l’unità del partito e il bene dell’Italia.
Purtroppo, oggi Fassina, nella sua intervista a Repubblica, ha dimostrato di non voler interpretare questo spirito, irridendo chi non la pensa come lui e confondendo la contrarietà alle sue dimissioni con l’adesione alle sue posizioni. Posizioni che molto spesso, negli accenti e nei contenuti così estremi, vanno ben oltre sia la mozione congressuale con cui abbiamo sostenuto Bersani, sia le deliberazioni approvate dagli organismi dirigenti.
Al di là delle battute di dubbio gusto sulle percentuali, l’inasprimento dei toni che Fassina ha determinato rende necessario un confronto schietto. Il mio auspicio è che sia confermata la linea che – superando la forte contrarietà di chi, come Fassina, considerava questo esito prima antidemocratico e poi a termine – ci ha condotto a sostenere il programma di riforme del governo Monti. Una scelta che, a proposito di percentuali e a giudicare dai sondaggi di opinione, fa aumentare i consensi al PD ed è condivisa da quasi il 95% dei nostri elettori.
Marco Meloni, responsabile Riforma dello Stato e PA, Università e Ricerca, nella segreteria nazionale del PD