Firenze riuscirà a cambiare il Pd?

Vedremo tra qualche tempo se la tre giorni di Firenze “sarà riuscita a cambiarlo”, il destino del Partito Democratico. Una cosa è certa: si tratterà di un appuntamento importante per riflettere di questione “generazionale”, delle priorità del PD, del nostro modo di concepire il partito. Questioni sulle quali confrontarci senza tabù, senza chiuderci nelle stanze romane a discutere di strategie, candidature e alleanze. A Firenze non s’intende parlare, a sentire gli organizzatori, solo di come “rottamare” i dirigenti di lungo corso, ma di come “costituire il nuovo vocabolario della politica italiana”. È questo un punto centrale per il quale ritengo sia salutare guardare a questo appuntamento senza pregiudizi o alzate di spalle. L’Italia sta per svegliarsi dall’incubo berlusconiano e chi vuole governarla deve trovare la forza di affrontare temi scomodi: il patto sull’unità del Paese; le riforme necessarie (welfare, politiche della conoscenza, concorrenza e regole); le scelte che danno un’anima a un partito politico. Ma qual è l’anima del PD? È quella della giustizia e della mobilità sociale. È quella di chi vuole entrare nel nuovo millennio, scusandosi del ritardo, senza ripetere vecchi errori. Per questo è fondamentale essere chiari in termini di politica e di politiche: sulla legalità e la lotta alla corruzione; sul rigore del bilancio utilizzando le (poche) risorse che abbiamo per restituire un futuro alla nostra società; sulla centralità della persona. E sulla necessità di tornare a crescere, smarcandoci dalle “narrazioni”, vecchie e nuove, che traggono dalla crisi di un capitalismo senza regole un giudizio ingenuo sulla fine dell’economia di mercato o sul ritorno della lotta di classe.

A Firenze e oltre Firenze, nei molti appuntamenti in programma nelle prossime settimane, non lasciamoci condizionare dalle letture giornalistica dei giochi delle “correnti”: il Pd è nato per superare la chiusura cronica di diverse generazioni e sensibilità. Siamo nati per stare insieme legati dall’interesse per l’Italia. Ma intendiamoci: la politica non si esaurisce negli organismi di partito, che sono anzi più forti se sanno dialogare con aree culturali, fondazioni e associazioni. Perché queste non diventino cittadelle chiuse nelle quali coltivare identità autosufficienti o disegni personalistici, mettiamo in circolo tutte le idee e prendiamo l’abitudine di ascoltarci di più.

Sul profilo generazione del PD, ad esempio, i temi sollevati dai “rottamatori” sono sacrosanti. Ho iniziato a fare politica, nello stesso PPI in cui militava Matteo Renzi, in una stagione nella quale il rinnovamento era tutto: il lavacro dei peccati della Prima Repubblica, la rinascita del sistema politico, la costruzione di una nuova morale pubblica. Molte delle speranze dei nostri vent’anni sono svanite, coperte dal fantasma di Berlusconi. Ora dobbiamo chiudere la Seconda Repubblica, che doveva essere una democrazia decidente ma che è stata poco democratica e ancor meno decidente. Dobbiamo riscrivere le regole, il vocabolario, le idee alla base della convivenza civile degli italiani. Ma, anche qui, parliamo chiaro a noi stessi e ai cittadini: la società italiana resta gerontocratica e bloccata, a tutti i livelli. Dobbiamo rompere questo schema, puntando ovunque sui più giovani, e sulle giovani donne, nei luoghi decisionali. Lo fanno molti bravi amministratori come Matteo, lo facciamo in tanti nel lavoro parlamentare e nelle proposte del PD. Promuoviamo sul serio il ricambio nel nostro partito, senza farci imprigionare nella riserva dei “giovani”. Anche perché chi ha 30 anni è semplicemente un adulto. Solo in Italia un 40enne è considerato un “giovane”. Questo è il nodo da sciogliere. Su questo dobbiamo esigere di più, nella rappresentanza politica così come in tutti gli ambiti della società e della politica.

Chi si candida a cambiare linguaggio e volto del PD, oltre alle provocazioni sulla “rottamazione”, necessarie anche per farsi sentire, deve dimostrare di avere buone idee, e chiare, per il futuro dell’Italia e un’opinione matura e responsabile sulle alleanze necessarie per portarle al governo, “andando oltre” la retorica delle “alleanze coi cittadini, prima che coi partiti” e le pulsioni populiste. Siamo tutti chiamati ad essere coraggiosi nelle proposte per cambiare l’Italia, diretti nel confrontarci, umili nell’ascoltarci, leali. Se ne saremmo capaci, avremmo dimostrato di voler bene al nostro partito. Che poi, lui sì, è davvero giovane, più di tutti noi. E deve crescere.

Marco Meloni – segreteria nazionale del Partito Democratico