Giacomo Matteotti. Martire della democrazia, guida del presente e orientamento per il futuro.
Grazie Autorità, amici del circolo Saragat Matteotti, tutte le associazioni e tutti voi convenuti in questa celebrazione. Per me è un grande onore essere qui a celebrare, a centouno anni dal suo rapimento e dal suo assassinio, la memoria di Giacomo Matteotti.
Lo scorso anno il Parlamento ha reso onore degnamente ad un martire della democrazia, come più volte l’ha definito il presidente Mattarella, il quale ha costantemente ricordato l’azione da parlamentare socialista impegnato per i diritti del lavoro e l’emancipazione del mondo contadino, a partire da quello del suo Polesine, richiamando il collegamento ideale tra la sua coraggiosa ed intransigente azione di denuncia del carattere violento e dittatoriale del fascismo e la resistenza e la liberazione che hannoconquistato libertà e democrazia nel nostro Paese.
In questo senso, Matteotti deve essere considerato uno dei padri della democrazia italiana, un esempio per i giovani, un riferimento insostituibile rispetto alla definizione del lavoro parlamentare, delcoraggio, dell’autonomia di giudizio, dell’intransigenza, della verità che devono guidare chi si trovi a rappresentare il popolo italiano nel Parlamento.
Matteotti e Mussolini, la vittima e il carnefice, erano ben consapevoli della posta in gioco, quando il primo, il 30 maggio del 1924, pronunciò quel durissimo discorso nell’Aula di Montecitorio per denunciare le violenze della campagna elettorale e sostenere l’invalidità delle elezioni. È noto – io l’ho letto su “Marcia su Roma e dintorni” di un altro grande antifascista, Emilio Lussu – che, riprendendo il suo posto, quello scranno per sempre consegnato lo scorso anno alla sua memoria, egli disse scherzosamente ai suoi amici “il mio discorso io l’ho fatto, ora a voi preparare il discorso funebre per me”. Seguirono gli attacchi dei giornali fascisti, che definirono imperdonabile la tolleranza dei deputati fascisti in quella seduta. Mussolini disse ai più vicini amici specialisti in rappresaglia – anche questo l’ho letto da Lussu – “se voi non foste dei vigliacchi, nessuno avrebbe mai osato un pronunciare un discorso simile”. E per dimostrare di non essere dei vigliacchi, cinque dei suoi uomini agirono come sappiamo. I fatti che seguirono sono noti, come è nota la definitiva torsioneautoritaria che assunse il regime, chiaramente descritta dal duce del fascismo il 3 gennaio del 1925 in quel terribile discorso nell’Aula di Montecitorio.
Matteotti e la sua tragica vicenda parlano però anche dell’oggi: ci descrivono l’inestricabile legame tra il fascismo e tutte le ideologie totalitarie-autoritarie e la violenza e il sopruso; ci descrivono la sacralità e la centralità del Parlamento quale luogo dell’espressione della volontà popolare che deve essere libera perché vi sia reale democrazia; ci richiamano alla necessitàdifendere e rafforzare i presidi della democrazia liberale, lo Stato di diritto, la stampa libera, l’equilibrio tra i poteri, in momento in cui, anche nelle più consolidate democrazie, essi vengono messi in discussione.
Per questo, ricordare Matteotti ci fa riflettere sul passato, ma soprattutto ci guida nel presente ed è uno orientamento per il futuro. Grazie.