Girone di ritorno e partito democratico

Tagliando, verifica, rimpasto: l’attualità politica descrive con un vocabolario «da prima repubblica» la naturale esigenza di valutare la prima metà della legislatura. Un dibattito che deve fondarsi sul programma di «Sardegna Insieme», vincolo politico che lega presidente e giunta, da un lato, e maggioranza consiliare, dall’altro, al voto popolare. Programma che mira a superare la marginalità della Sardegna e a individuare una nuova stagione di modernizzazione, puntando sulle potenzialità dell’ambiente, sul rafforzamento del tessuto produttivo, sull’innovazione e sulla conoscenza. Obiettivi che richiedono l’assunzione di un’ambizione all’autogoverno e riforme nell’assetto degli enti locali, nelle politiche del paesaggio, nei settori fondamentali di intervento della Regione. Bene, tutto si può dire fuorché che non stiamo provando a mantenere quegli impegni.

 

La Sardegna detta l’agenda. Oltre alle molte riforme approvate, alcune questioni simboleggiano un’inversione di tendenza. Il Piano paesaggistico, della cui portata storica forse non siamo ancora del tutto consapevoli, uno strumento capace di generare sviluppo sostenibile e stabile. Altra conquista fondamentale, la riconversione di grandi quantità di territorio finora occupato da basi militari. Conquista che si fonda su una intelligente impostazione del confronto con lo Stato, che prevede l’aggiornamento dell’Intesa del 1999, e in particolare un nuovo accordo sulle entrate. Quest’ultima è la questione decisiva. La Regione ha dimostrato che da almeno 15 anni il sistema di trasferimenti statali alla Sardegna era iniquo, e tale da richiedere un forte riequilibrio. Se questo risultato sarà conseguito, nel giro di qualche anno il bilancio regionale potrà contare su risorse significativamente maggiori e soprattutto certe. Sarebbe stato possibile impostare la trattativa senza aver risanato il bilancio e individuato un nuovo modello di sviluppo? A ben pensare, in effetti, stiamo esercitando un primo atto di autogoverno nel «dettare l’agenda», nel decidere noi quali questioni sono essenziali per il nostro sviluppo.

 

La Sardegna cresce. Nonostante le molte cassandre, e sebbene tanto resti da fare, la Sardegna cresce. Ancora poco, ma più delle stesse regioni del centronord (dati Svimez Pil 2005 +0,9 per cento; dati Istat II trimestre 2006: disoccupazione -2,9, occupazione + 0,7).

 

Il girone di ritorno. Per rendere stabili i risultati della legislatura, siamo chiamati a riscrivere il patto fondamentale di convivenza dei Sardi, che definisca il ruolo della Regione nell’ambito dello Stato e dell’Ue. Una sfida che dovrà richiamare all’impegno l’intera comunità sarda. Forma di governo e legge elettorale dovranno consolidare la «democrazia decidente», nella quale gli elettori possano scegliere direttamente chi li governa, e realizzare un più corretto equilibrio tra poteri esecutivo e legislativo. Cito solamente alcuni altri temi assai importanti: la programmazione dei Fondi strutturali 2007-2013, rispetto ai quali abbiamo conseguito uno straordinario risultato, mantenendone la dotazione a circa l’85 per cento del passato, pur essendo usciti dal vecchio «obiettivo 1»; la gestione dei fondi Ue per l’area mediterranea, grande sfida economica e istituzionale; azioni per portare i migliori giovani, con programmi specifici che ne migliorino le competenze e ne agevolino esperienze professionali fuori dalla Sardegna, a costituire la spina dorsale della nuova classe dirigente sarda.

 

I soggetti politici. E’ innegabile che, anche nella maggioranza, sia spesso discusso il peso del presidente, sia nel rapporto con la giunta che con gruppi consiliari e partiti, i quali rivendicano un maggiore coinvolgimento. Certamente, siamo tutti alla ricerca di un equilibrio, e Renato Soru rappresenta un continuo stimolo al confronto. Sono convinto che i partiti debbano soprattutto coinvolgere strati più vasti della società attorno all’esigenza del cambiamento, e «competere» sul terreno delle proposte. Noi militanti della Margherita, dei Ds, di Progetto Sardegna, abbiamo a portata di mano lo strumento ideale: la rapida realizzazione del Partito democratico, con gruppi consiliari e comitati costituenti a tutti i livelli. D’altra parte gli elettori, in Sardegna come nel resto d’Italia, alle elezioni politiche hanno già scelto per noi.