Il Mediterraneo che verrà

CAGLIARI. Se Gheddafi decidesse di reagire all’intervento militare delle forze alleate il rischio che la Sardegna possa essere colpita è quasi nullo. La Libia non ha armamenti in grado di minacciare l’isola e persino la vecchia storia del missile spiaggiato su Lampedusa non è altro che il frutto di fantasie incrociate e di un oliatissimo gioco di squadra. I contingenti di profughi? Neppure quello è un pericolo, al contrario un flusso migratorio costante verso l’Italia rappresenta una necessità anche economica.

Parola di Alessandro Politi, esperto di intelligence e strategia, consulente di Limes sui temi della geopolitica internazionale, che ieri ha lasciato gli studi televisivi dov’è ormai ospite fisso e ricercatissimo per rispondere all’invito del Partito Democratico. Sono stati Marco Meloni e Francesco Sanna mesi fa, prima che si scatenasse il conflitto libico, a organizzare insieme al direttore dello Spazio della Politica Alessandro Aresu, collaboratore di Limes, un convegno su ‘La rivoluzione del Mediterraneo’ al terminal crociere del molo Ichnusa.

Convegno che la sorte ha voluto cadesse proprio nel pomeriggio in cui il parlamento è chiamato a votare sulla risoluzione che dovrebbe regolare l’intervento italiano in Libia. Politi taglia corto sugli allarmismi e legge la vicenda bellica con crudo e consapevole realismo: «I rischi per la Sardegna e per l’Italia sono ridottissimi perchè a Gheddafi conviene fare la vittima e ci riesce benissimo – avverte – se il rais lanciasse un qualsiasi attacco terroristico, missilistico o aeronautico contro quasiasi paese che partecipa alla coalizione rafforzerebbe solo l’opinione pubblica nel paese a favore di una risposta al tiranno. Lui invece vuole recuperare il potere senza dividere niente».

L’interrogativo riguarda l’ipotesi che possa farcela a salvare il potere. La risposta di Politi è positiva: «Sì, può ancora farcela perchè gli attacchi aerei l’hanno semplicemente smussato, hanno appena intaccato la sua forza. Ma è a terra che si decide la guerra e i ribelli da questo punto di vista sono ancora deboli, poco addestrati e male armati. Dovrebbero ricevere aiuti da qualche volontario della libertà, anche se poi si tratta di mercenari arabi. Insomma, è a terra che bisognerebbe riequilibrare le forze ma questa è una scelta chiaramente politica».

L’uso della minaccia generalizzata sarebbe dunque strumentale: «E’ bravissimo a farlo – conferma Politi – perchè così diffonde paura e incubi. Ma la Sardegna come tutto il resto del territorio nazionale, Lampedusa compresa, non corre rischi malgrado sia una piattaforma militare. Perchè organizzare un attacco militare o un attacco terroristico richiede una certa energia. Forse Gheddafi potrebbe far piazzare qualche bomba in Irlanda del nord dai suoi amichetti terroristi, ma non c’è un reale interesse politico. Dire che il rischio è inesistente non è prudente, ma dire che per ora non è ragionevole pensarlo è corretto».

Lo spauracchio di Lampedusa, dove si parlò di missili arrivati stancamente su una spiaggia, non è altro che una bufala accertata: «Ci sono stati rilievi marini e sottomarini condotti con grande attenzione e la Marina Militare non ha trovato un accidente, nessuna carcassa di missile. Era un bel gioco delle parti come spesso capita nel Mediterraneo». Resterebbe il timore, alimentato dalle voci leghiste, che la Sardegna possa essere invasa da un esercito di profughi in cerca di scampo e di lavoro: «E’ una truffa della Lega, sono vent’anni che si va avanti a truffare gli italiani con questa storia – si accalora Politi – dati Ocse alla mano, se noi vogliamo mantenere lo stesso livello di popolazione, sessanta milioni di abitanti, da qui al 2050 dovremmo ricevere ogni anno 250 mila immigrati. Il resto sono chiacchiere. Non parliamo poi se volessimo mantenere l’equilibrio della popolazione lavorativa con quella pensionabile. Vuole saperne un’altra? Gli sventurati che arrivano coi barconi sono il dieci per cento degli immigrati illegali, il resto passa le nostre frontiere con un visto turistico e non viene respinto. Ieri ho sentito Castelli che chiedeva dove ‘questi giovanottoni’ potessero trovare lavoro in Italia… vada il Trota a raccogliere pomodorini nel Cilento e veda se non trova lavoro, lo trovano di certo perchè c’è una marea di sfruttatori che questa gente la vuole e la usa. Il lavoro che gli italiani non vogliono fare questi sventurati lo fanno, lavoro purtroppo nero e schivistico c’è e questi immigrati sono indispensabili».

Per il responsabile delle relazioni internazionali del Pd Lapo Pistelli – intervenuto al convegno con un video – «queste rivoluzioni non vanno guardate con paura» e vanno invece seguiti con interesse «questi ragazzi che chiedono di vivere la loro vita». D’altronde – ha detto Aresu – le rivoluzioni «hanno l’effetto proverbiale di accelerare il tempo». Poi sarà certamente il tempo a dirci se i mutamenti generati dalle rivoluzioni nei paesi del Mediterraneo hanno cambiato le cose a favore dei più deboli o ancora una volta a vantaggio di chi possiede gli strumenti del potere.