Il futuro del sapere non si decide a colpi d’ascia. Una riforma si discute, non si impone!
“Il futuro del sapere non si decide a colpi d’ascia. Una riforma si discute, non si impone!” è il testo stringatissimo delle e-mail che da oggi pomeriggio arrivano alla redazione web di www.partitodemocratico.it. Marco Meloni, Responsabile Università e Ricerca del PD, ha inviato la risposta che pubblichiamo a uno degli studenti che ci ha scritto:
Caro Marco,
il Gruppo del Partito Democratico alla Camera ha ottenuto di affrontare la discussione del DDL Gelmini in tempi ordinari: la discussione in Aula dunque è programmata per il 14 ottobre, e successivamente dovrebbe proseguire dopo la sessione di bilancio. Abbiamo impedito un’accelerazione irragionevole dei tempi, che avrebbe impedito qualsiasi spazio di confronto. Ora, di fronte a una pressione assai intensa, stiamo mantenendo ferma la nostra posizione: chiediamo di entrare nel merito delle nostre proposte, per cambiare radicalmente un provvedimento che, così com’è, è profondamente sbagliato. Una legge inutile e dannosa, che non risolve alcuno dei problemi dell’università italiana, ma è utile soltanto a rendere stabili i tagli delle risorse e a ridimensionare il sistema universitario italiano. Il contrario di quello che serve al Paese.
Di fronte alle minacce di ulteriori accelerazioni dei lavori parlamentari oggi il capogruppo Franceschini ha confermato che riteniamo importante l’approvazione di una riforma dell’università, ma che l’attuale proposta del governo è profondamente sbagliata, ponendo le condizioni perché la discussione in Aula si tenga anche durante l’esame della legge di bilancio.
Si tratta di 5 punti centrali, contenuti nei nostri emendamenti, che riassumo:
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l’abolizione dei tagli degli ultimi due anni, pari a un miliardo e 355 milioni di euro, dando invece all’universita’ piu’ risorse per raggiungere in 10 anni la media OCSE;
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la predisposizione, per gli studenti meritevoli e privi di mezzi, di adeguate borse di studio;
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per quanto concerne la carriera docente, no al precariato con il contratto unico formativo di ricerca ma si’ a norme affinche’ si arrivi in cattedra in 6 anni (tenure track “vero”, con la programmazione delle risorse già all’attivazione del primo contratto triennale);
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un piano straordinario, con selezione, per portare in 6 anni i 15.000 ricercatori, strutturati e precari, nel ruolo di professore;
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l’adeguamento dell’eta’ pensionabile dei docenti alla media europea, con sblocco del turn-over e utilizzo di tutte le risorse liberate per nuovi professori e nuovi ricercatori con contratto tenure track.
Allego anche il documento più esteso con l’insieme delle nostre proposte presentate alla Camera, che costituiscono, per il PD, la base per fare di questo provvedimento un fattore di miglioramento del sistema universitario e di investimento nella ricerca e nel sapere, rovesciando la logica fin qui perseguita dal governo.
Saluti carissimi,
Marco Meloni