Innovazione e Tecnologia, la parola ai candidati

Innovazione e Tecnologia, la parola ai candidati

marco meloni

L’innovazione tecnologica è un fattore abilitante per ogni strategia di crescita economica e sociale; sarà uno degli asset principali su cui impostare le prossime politiche per lo sviluppo dell’Italia. Abbiamo deciso di intervistare alcuni candidati alle prossime elezioni che rappresentano, per passato professionale o per cultura, dei riferimenti nei loro schieramenti.
Quali sono le attività svolte a supporto dell’innovazione? 
Con Pier Luigi Bersani abbiamo presentato l’11 febbraio il documento “L’Italia giusta, l’Italia digitale”, che raccoglie le proposte del PD su innovazione e Agenda Digitale. È un programma costruito in modalità “open” sul territorio e in rete. Il documento finale è infatti il prodotto di seminari svolti fra luglio e dicembre a Roma, Torino e Bologna, che hanno coinvolto esperti nelle diverse regioni, oltre che della consultazione pubblica online su www.partitodemocratico.it/italiadigitale, con l’obiettivo di ottenere commenti e proposte di integrazione da tutti i soggetti interessati a contribuire al programma del PD per una “innovazione popolare”.
Il documento, grazie anche alla sua promozione e circolazione sui social network, ha ricevuto più di 300 proposte di modifiche online, recepite in gran parte nella stesura finale. È stato un grande esempio di partecipazione: oltre 4.000 accessi al documento dal sito del PD, 60.000 visualizzazioni su Facebook, centinaia su Twitter, Ideascale, oltre ai numerosi contributi pervenuti via e-mail.
Il documento ha riscosso l’interesse di Confindustria Digitale, FIMI, Camere di Commercio, importanti aziende del settore, la sezione italiana di IWA/HWG (International Webmasters Association/The HTML Writers Guild) degli Stati generali dell’Innovazione, di Assinter e Assinform, di intellettuali come Juan Carlos De Martin, di amministratori locali del PD e del centrosinistra, dei forum tematici del PD dedicati all’innovazione, all’economia e al lavoro in diverse regioni.
Su internet e sui social network sono stati inoltre coinvolti i rappresentanti dell’Associazione italiana per l’Open Government, di Spaghetti OpenData, Agorà Digitale, Era della Trasparenza, due dei network nati per le primarie del 2012 (SmartBersani, #ilpdchevorrei) e i gruppi Facebook più attivi nella discussione sul tema.
Quale sarà il suo “programma” e le prime tre cose che secondo Lei è necessario fare per far ripartire l’Italia digitale?
Il programma si basa su quattro linee di azione (infrastrutture, cultura, sviluppo e pubblica amministrazione). Parte da una premessa: per noi il digitale è il motore a vapore del XXI secolo, non un settore industriale ma un mutamento di paradigma radicale, quindi trasversale all’economia, alla cultura, alla società, perché sta modificando il concetto di democrazia. Noi vogliamo che l’innovazione diventi una questione “popolare”, perché crediamo che digitalizzare l’Italia significhi migliorare le condizioni di vita (anche quotidiana) di tutti.
Le prime 3 priorità: 1) accelerare la realizzazione dell’infrastruttura in banda larga, puntando sulla fibra ottica e sulla realizzazione di reti strategiche come quella per le scuole; 2) puntare sullo sviluppo: rafforzare l’e-commerce come volano per la crescita e l’export, attraverso misure d’incentivazione fiscale; promuovere l’utilizzo della moneta elettronica e mobile payments, attraverso incentivi ai piccoli esercizi per l’acquisto dei dispositivi, un sistema di agevolazioni progressive per i consumatori e l’obbligo di transazione con moneta elettronica per PA e professionisti (medici, avvocati, ecc.); potenziare l’e-procurement, arrivando almeno al 30% degli acquisti di beni e servizi della PA in 3 anni, e introdurre anche in Italia il seed capital per le nuove imprese; 3) adottare un provvedimento analogo al FOIA (Freedom of information act) che assicuri ai cittadini il pieno diritto alla possibilità di consultare on line tutti i documenti della PA, all’insegna della massima trasparenza a tutti i livelli istituzionali e amministrativi.
Come si può risolvere il problema del digital divide, e sopratutto, dove trovare i finanziamenti per realizzare le infrastrutture necessarie?
Dobbiamo completare l’infrastruttura fissa per la banda larga e dobbiamo puntare a una infrastruttura veloce in fibra ottica. Puntiamo al riutilizzo delle infrastrutture esistenti, attraverso l’istituzione del “Catasto del sottosuolo”, all’utilizzo di fondi europei, pari ad almeno 3 miliardi di euro nella prossima programmazione 2014 – 2020 (sia i fondi di coesione sia quelli del programma Horizon 2020), per portare connettività in fibra a quei servizi universali la cui infrastrutturazione non può essere ulteriormente rimandata, come la scuola e le strutture sanitarie.
C’è poi da risolvere un problema in sede europea: il bilancio appena approvato riduce gli investimenti, penalizzando l’Agenda Digitale europea. Va invertita la rotta: ci batteremo per l’ampliamento del Fondo “Connecting Europe Facility”, per facilitare gli investimenti in reti fisse ad alta velocità, garantendo agli operatori la sicurezza dell’investimento.

Quali sono le esperienze positive da importare in Italia e quali sono i vostri ispiratori?
Oggi guardiamo all’Europa in maniera un po’ strabica: non vanno seguite con scrupolosità solo le regole di bilancio, ma anche le azioni espansive e positive. Per questo vogliamo anche in Italia un Digital Champion, un “evangelizzatore digitale” in grado di trasferire competenze e cultura, attraverso azioni mirate di comunicazione sociale e di alfabetizzazione. È una figura che ha ottenuto notevoli risultati in Europa, in molti Paesi. E poi voglio citare una coppia che ha cominciato a lavorare sull’innovazione 20 anni fa: Bill Clinton e Al Gore. il programma “reinventing government” che lanciarono nel marzo 1993, da noi è noto perché abbinato allo slogan del web come autostrada dell’informazione. Non era questo il punto centrale, ma l’aver intuito che la missione di un’amministrazione si concretizza sempre più spesso al di fuori di essa, attraverso complesse connessioni tra molte organizzazioni pubbliche e private che devono essere coordinate. Perciò, bisogna dare spazio a team di lavoro con obiettivi misurabili e interazione continua con l’esterno, senza torri d’avorio. In rete trovano voce nuovi bisogni e nuove soluzioni a problemi annosi. Si governa assieme. Le misure sul “Governo Aperto” adottate dall’amministrazione Obama ci incoraggiano nell’affermare che non stiamo parlando di costi ulteriori per la PA, ma di un investimento con ricadute benefiche. A fronte di costi marginali, le potenzialità sono molteplici: dalla lotta alla corruzione fino all’integrazione delle statistiche prodotte da singoli enti e amministrazioni. E, soprattutto, una diffusione capillare delle nuove tecnologie e della nuova cultura digitale che porta crescita, competitività e lavoro.

La programmazione intelligente del Fondo Europeo di Coesione per il prossimo settennio sarà una straordinaria opportunità e un banco di prova. Per il Mezzogiorno, le infrastrutture sono un tema non più rimandabile. Moltissimi settori ne potranno beneficiare: dal turismo, al terziario, all’agroalimentare. In ogni caso, la trasparenza è la via maestra: la diminuzione dell’uso del contante – attraverso una seria politica di promozione della moneta elettronica e dell’e-commerce – è un potente strumento contro le mafie. Inoltre, una maggiore trasparenza della PA attraverso la pubblicazione e l’accesso a tutti i dati sarà cruciale nella lotta alla corruzione.