L’intuizione di Soru e l’aiuto di Prodi

L’intuizione di Soru e l’aiuto di Prodi

Di Pietro Mannironi, dallaNuova Sardegna del 24/04/2009

Dopo la partenza della Us Navy l’ex presidente della Regione pensò al summit come motore per la riconversione economica dell’arcipelago. Quando il Cavaliere tornò al governo mostrò subito i suoi dubbi sulla scelta e propose di spostare il G8 a Napoli. Ma poi l’ipotesi del trasferimento rientrò.

SASSARI. Per “liberare” La Maddalena dalla Us Navy, Renato Soru le aveva tentate tutte. Aveva perfino chiesto aiuto al “superfalco” Edward Luttwak, influente consulente del National Security Council e del Dipartimento di Stato americano. Ma forse neppure Soru si aspettava che Washington ritirasse così in fretta dalla Sardegna i suoi micidiali sommergibili a propulsione nucleare.

Soprattutto perchè il Pentagono aveva già stanziato circa settanta milioni di dollari per ristrutturare e potenziare la sua base nell’arcipelago. Insomma, per il governatore era una battaglia di principio, quindi sacrosanta da combattere, ma realisticamente anche una “mission impossible”.

E invece, nel novembre del 2005, il segretario alla Difesa Donald Rumsfeld sorprese perfino il “fedelissimo” ministro Antonio Martino (detto anche l’«Americano») che si trovava in visita a Washington. Gli disse infatti, con la sua proverbiale rudezza: «Basta, ce ne andiano dalla Maddalena entro un anno».

I comunicati ufficiali parlarono di un’ipotesi sulla quale Italia e Usa discutevano da tempo, ma la verità è che Martino rimase molto contrariato per essere stato informato in quel modo molto sbrigativo, senza alcun preavviso. Proprio lui che ci aveva messo la faccia, politicamente parlando, per difendere il progetto di ampliamento della base della Us navy nell’arcipelago maddalenino.

Per Soru una straordinaria vittoria politica, ma paradossalmente anche una grossa grana. Bisognava infatti inventarsi subito un qualcosa per compensare la perdita degli introiti garantiti dalla Us Navy alla Maddalena. Di più: era fondamentale trovare immediatamente un’idea forte per mettere in moto rapidamente il processo di riconversione economica dell’arcipelago che, affrancato finalmente dalla servitù delle stellette, poteva finalmente pensare a costruire un futuro fondato sul turismo ecocompatibile.

E l’idea di chiedere di ospitare il G8 alla Maddalena venne subito a Renato Soru. C’era una serie di circostanze favorevoli che giocavano a suo favore. Prima di tutto il fatto che il summit dei rappresentanti degli otto paesi economicamente più forti del mondo era stato assegnato all’Italia nel 2009 e che, quindi, esisteva un margine di tempo abbastanza congruo per recuperare le aree militarizzate e organizzare l’evento. D’altronde, l’unica vera concorrenza era rappresentata da Ischia. Poi, la coincidenza di avere un amico a Palazzo Chigi, quel Romano Prodi che aveva creduto in lui come governatore della Sardegna.
 Soru cominciò così a tessere la sua rete diplomatica. Approfittando di un convegno internazionale a Cagliari, l’ex presidente della Regione espose la sua idea a Enrico Letta, allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Il primo passo era fatto.

Letta, infatti cominciò a parlare della possibilità di organizzare il G8 alla Maddalena con il ministro della Difesa Artuto Parisi e con quello degli Esteri Massimo D’Alema. Nessuna opposizione. Anzi. La questione venne posta allora sul tavolo di Prodi che capì subito quali erano gli effetti che Soru voleva raggiungere: trasformare il volto della Maddalena con una cascata di milioni euro, forniti dal governo attraverso procedure semplificate e accelerate, e poi fare uno spot promozionale planetario per l’arcipelago.

Si dice che il pressing esercitato in quei mesi da Soru per far camminare il “progetto G8” sia stato asfissiante e allo stesso tempo molto discreto. L’ex governatore, infatti, sapeva molto bene che, in questi casi, esistono regole non scritte alle quali non si può venir meno. E cioé: c’è chi raggiunge l’obiettivo e c’è chi, invece, deve incassare la cambiale del merito politico.

Il 13 giugno di due anni fa ecco dunque la svolta. In una colazione di lavoro a Roma, alla quale partecipano Prodi, Soru ed Enrico Letta, si arrivò al dunque. Si dice anche che fu fondamentale l’assenza di veti da parte del ministro degli Esteri D’Alema che, anzi, benedì l’operazione G8 alla Maddalena. L’annuncio ufficiale venne dato il 14 giugno. E la notizia ebbe l’effetto deflagrante di una bomba. Il primo commento di Soru arrivò da Villa Taverna, la residenza romana dell’ambasciatore americano Ronald Spogli, dove il governatore aveva seguito un seminario economico con i maggiori imprenditori italiani che operano negli States: «Avevamo assunto degli impegni, in particolare l’impegno di convertire l’economia militare della Maddalena in economia civile. Ecco, questo impegno l’abbiamo onorato, grazie alla sensibilità del governo nazionale».

«E’ una svolta storica – disse ancora Renato Soru – che risolverà i problemi occupazionali della popolazione maddalenina, e che dimostra l’infondatezza dell’accusa che la Regione e il governo nazionale ce l’abbiano con il nord della Sardegna».

«Il merito è di Romano Prodi» commentò invece a caldo il ministro (sardo) della Difesa Arturo Parisi. Che aggiunse: «E’ stato Prodi a parlarne proprio con me prima di concordare la scelta anche con il ministro degli Esteri Massimo D’Alema». Insomma, alla fine risultò che aveva funzionato una sorta di «combinato-disposto», secondo il quale tutte le tessere politiche erano andate al loro posto.

Ma ci fu anche chi, in quei giorni, non perse l’occasione di lanciare frecce al curaro contro Prodi. Come il portavoce di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, che rilasciò questa sorprendente dichiarazione: «Il presidente del Consiglio ha scelto la Maddalena come sede del G8 solo per evitare che ci siano incidenti provocati dai black-bloc». Come se poi, dopo la tragica esperienza di Genova, una simile interpretazione della scelta di Prodi potesse essere polticamente censurabile…

Forse il commento più curioso fu quello del sindaco della Maddalena, Angelo Comiti. Informato di pomeriggio dallo staff di Soru, Comiti non voleva credere alla notizia: «Pensavo a un’altra tappa del giro d’Italia, mai avrei potuto immaginare che l’arcipelago fosse la sede del G8 del 2009».

La macchina organizzativa si mise in moto, portandosi dietro il suo immancabile strascico di polemiche. Con in gioco una torta di centinaia di milioni di euro era d’altronde inevitabile che si sviluppassero appetiti e speranze. Ma il G8 si mostrò anche come un potenziale “mini piano di rinascita” per quanto riguarda servizi e strutture pubbliche. Era infatti un’occasione preziosa per finanziare progetti che avrebbero avuto ricadute davvero notevoli per tutto il nord Sardegna. Una per tutte: la nuova strada Sassari-Olbia.

Ma il vertice dei “grandi” alla Maddalena non è mai piaciuto a Silvio Berlusconi. Pochi mesi dopo aver vinto le elezioni (più esattamente a luglio), il Cavaliere ha detto infatti: «Mi piacerebbe un G8 su una grande nave da ancorare davanti a Napoli per far vedere ai potenti della Terra cosa è stato in grado di fare questo governo». In autunno, l’ipotesi di un trasferimento del vertice è rientrata, ma è chiaro che La Maddalena è una vittoria dell’asse Prodi-Soru e Berlusconi questo non lo ha mai sopportato. Ora, il colpo di scena: il G8 emigra all’Aquila. Una scelta ad effetto di Berlusconi che sa tanto di mega-spot elettorale in vista delle Europee. E scelta che precipita La Maddalena in un clima di incertezze.

 Per esempio, l’appalto per le strutture nate nell’area dell’ex Arsenale (compreso il porticciolo) sono andate alla Mita resort srl del gruppo Marcegaglia, grazie alle procedure semplificate previste dalla protezione civile per il G8. Quelle procedure sono oggi ancora valide? E, quindi, è legittima la vittoria nella gara del gruppo Marcegaglia? Interrogativo non da poco. Come quello di che fine faranno i 220 milioni già stanziati per la Maddalena? Berlusconi dice saranno risparmiati, che cioé non saranno più spesi nella «sua» Sardegna. Un’attenzione al risparmio che non sembra aver avuto quando ha fatto il «regalo» a Bossi, spostando il referendum.