La miopia sulle pensioni

La miopia sulle pensioni

Tratto da “Il Foglio” – 30 settebre 2016

Sei miliardi per le pensioni, cinquecento milioni per i salari di produttività. Le priorità sono chiare. Passano gli anni, cambiano i governi e al centro dello Stato sociale italiano rimangono sempre e solo le pensioni.
Negli ultimi dieci anni, il reddito medio dei lavoratori dipendenti è rimasto fermo, quello dei giovani è sceso mentre quello dei pensionati è cresciuto. L’unica ridistribuzione generazionale è stata quella della povertà, che è passata dagli anziani agli under 30. “Si sfilacciano i vincoli della riforma previdenziale, senza pensare che la povertà da anni si concentra piuttosto sui giovani”, per usare le parole di Federico Fubini sul Corriere della Sera di ieri.
Susanna Camusso ci rassicura: per i giovani e le loro pensioni “sono stati definiti i titoli”, anche se – vedi il caso – “non c’è la traduzione in una soluzione”. Grazie. Per i giovani e le loro pensioni, sempre poi.
Le salvaguardie degli esodati, ci ha detto Tito Boeri qualche giorno fa su Il Sole-24 ore, in non pochi casi garantiscono pensioni di più di 3mila euro e sono già costate più di undici miliardi, erodendo circa il 30% dei risparmi di spesa attesi dalla riforma del 2011. Ora altri sei miliardi, con un intervento sulla quattordicesima distribuito senza alcun riferimento al reddito familiare (e che infatti nel 70% dei casi andrà, secondo Boeri, a persone che povere non sono). Un intervento sbagliato e iniquo sotto qualsiasi punto di vista. Se si mirava a combattere la povertà, obiettivo urgentissimo visto che l’Italia è l’unico paese europeo a non avere un reddito minimo insieme alla Grecia, perché farlo solo per i pensionati e invece non concentrare queste risorse sulle misure della Legge Delega sulla povertà? Non riusciamo proprio a immaginare altri strumenti di welfare che le pensioni?
Come può permettersi un’ennesima redistribuzione verso chi non lavora – pagata con l’aumento del debito che grava, perlappunto, sulle generazioni più giovani – un Paese che dopo miliardi spesi in bonus vari ed eventuali va avanti con una crescita del PIL praticamente a zero?
Con quale credibilità ci impegniamo – giustamente – per un sussidio europeo di disoccupazione e critichiamo l’Unione europea per la scarsa attenzione all’occupazione giovanile, mentre sul piano interno le nostre priorità sono così smaccatamente opposte?
Viene da pensare che la ragione sia che – Brexit docet – i giovani, in fondo, votano poco (e magari “male”), mentre i pensionati si fanno sentire, attraverso i sindacati e alle urne (comprese quelle referendarie). Ma un governo che nasce per “cambiare”, per ridare fiducia al futuro e superare le rendite di posizione dei tutelati, se non ha il coraggio di investire realmente sul futuro – giovani, produttività, lavoro – tradisce la sua stessa ragion d’essere. E siccome questa ragion d’essere è quella stessa dei democratici e dei progressisti, mi auguro che il Partito Democratico e il centrosinistra correggano (o meglio: rovescino) questa scelta miope e autolesionista.