Sardegna, stabilizzazioni impossibili: sentenza annunciata e necessità di agire subito

Sardegna, stabilizzazioni impossibili: sentenza annunciata e necessità di agire subito

Una storia prevedibile, scontata, sbagliata. Una storia di irresponsabilità e populismo giocata sulla pelle di migliaia di persone che attendono di avere qualche certezza sulla loro condizione lavorativa dominata dalla precarietà, e su quella di tutti coloro i quali – e sono molti di più – non hanno neppure l’opportunità di partecipare a un concorso per lavorare nelle pubbliche amministrazioni, le quali dovrebbero assicurare i più elevati standard di rispetto dei diritti dei lavoratori e garantire – come vorrebbe la Costituzione – parità di accesso, appunto, attraverso pubblici concorsi. Una storia che richiama le istituzioni regionali alle loro responsabilità: riconosciamo gli errori e guardiamo avanti, perché le soluzioni a questo problema sono a portata di mano.

Qualche elemento di cronaca. La notizia, di pochi giorni fa, non si può certo dire che fosse inattesa né imprevedibile: la Corte costituzionale ha dichiarato illegittime una serie di norme, contenute in due leggi – la n. 1 e la n. 12 del 2011 – approvate dal Consiglio regionale della Sardegna, che prevedevano la “stabilizzazione” di personale precario e progressioni di carriera “ope legis” nell’amministrazione regionale e negli enti locali. Si trattava, del resto, di norme che riproducevano quasi esattamente altre disposizioni di qualche anno prima, già dichiarate incostituzionali dalla Corte nel 2010 (la sentenza è la n. 235). Dunque prevedere che sarebbero state considerate illegittime non richiedeva alcuna capacità divinatoria, né una particolare competenza giuridica: questo dissi in Consiglio regionale il 10 gennaio 2011, per dichiarare la mia contrarietà all’approvazione dell’emendamento che introduceva queste norme. Eppure, dopo che in quella circostanza quasi tutto il Consiglio regionale si espresse a favore delle norme in questione, neppure il rinvio alla Corte costituzionale della prima delle due leggi sopra richiamate – avvenuto a marzo: qui un mio commento – impedì l’approvazione, pochi mesi più tardi, di una nuova norma, con lievissime (e inutilissime) modifiche rispetto alla versione precedente. Allora tutto il PD fu compatto nell’opporsi all’approvazione di misure che apparivano chiaramente incostituzionali, e forti furono le polemiche, a destra come a sinistra, nei confronti di un atteggiamento che venne accusato di “formalismo” e di disinteresse nei confronti delle ragioni di persone che vivono, appunto, una condizione precaria e che invece meriterebbero, dopo anni di lavoro, certezze (ovviamente quest’ultima affermazione è del tutto condivisibile).

Ora possiamo dirlo: quelle persone non hanno avuto altro che illusioni, e, insieme a chi non ha avuto neppure l’opportunità di un concorso pubblico, sono state costrette a perdere molti anni. Ora si trovano al punto di partenza, visto che le procedure di stabilizzazione attivate sono prive di qualsiasi giuridico, e meriterebbero, prima di tutto, delle scuse. Come le meriterebbero gli enti locali della Sardegna, impegnati per mesi in piani di stabilizzazione in base a una circolare dell’Assessorato regionale degli Enti locali che, con sprezzo del ridicolo, ricordava loro che sulle norme in questione pendeva il giudizio di legittimità costituzionale, invitandole dunque “ad una riflessione sulle motivazioni dell’impugnativa presentata e sulla opportunità di procedere comunque alla predisposizione del programma di stabilizzazione.” A una mia interrogazione, presentata per chiedere che, al posto delle “riflessioni” consigliate dalla Regione, si sospendessero procedure che quasi sicuramente non avrebbero condotto ad alcun risultato, l’Assessore regionale degli Enti locali ha risposto, con ottimo tempismo, pochi giorni fa, limitandosi a dichiarare la sua “incompetenza” a trattare la materia. Potrei dire che mi sento di concordare.

Ma ancor più che le scuse, è fondamentale prendere atto di quanto ha affermato, per l’ennesima volta, la Corte costituzionale, e agire di conseguenza. La Corte, in sintesi, ci dice che: a) occorre rispettare le norme che individuano principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica e consentono, per il personale precario delle pubbliche amministrazioni che risponda a determinati requisiti soggettivi, non già la stabilizzazione, bensì la riserva, “in occasione della indizione di nuovi concorsi”, di una percentuale dei posti messi a concorso; la norma, contenuta nel DL 78/2009, vale per il triennio 2010/2012; b) le norme costituzionali attribuiscono la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile, nel cui ambito rientra la regolamentazione della stabilizzazione del personale precario, e stabiliscono il principio del concorso pubblico per l’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni; c) sono illegittimi concorsi riservati per categorie specifiche di dipendenti regionali, sia che abbiano ad oggetto l’assunzione che passaggi di categoria.

Agire di conseguenza significa risolvere subito il problema. La via esiste: occorre adottare misure che consentano effettivamente di dare certezze al personale precario entro i vincoli di compatibilità costituzionale ai quali ho appena fatto riferimento, e al contempo diano opportunità a chi attende di poter svolgere un concorso pubblico per entrare nelle pubbliche amministrazioni della Sardegna. Il Partito Democratico ha presentato, nel luglio del 2011, una proposta di legge di cui sono primo firmatario, che mira a una nuova organizzazione dei concorsi pubblici per assicurarne efficienza e imparzialità, a impedire la proliferazione del precariato (che invece è ormai la regola, a cominciare dall’enorme numero di lavoratori interinali assunti da diverse Aziende sanitarie locali), a regolamentare i tirocini (stages) nelle amministrazioni pubbliche, con garanzie di trasparenza nell’accesso, di diritti e compensi per gli stagisti. Non c’è tempo da perdere: Giunta e maggioranza prendano immediatamente in considerazione questa nostra proposta, e comunque il Consiglio approvi rapidamente un provvedimento che consenta di sbloccare una situazione che, tra equivoci ed errori, si è trascinata senza soluzione per troppi anni.

Marco Meloni