La nostra storia, il nostro futuro

TrecentoSessanta è stata la prima tappa di un progetto: rendere le esperienze politiche che si sono ritrovate con Enrico Letta alle primarie del 2007 un fatto non episodico, ma un laboratorio di cultura politica. In realtà, la storia è più lunga. Viene da un insieme di valori e idee che, nati a metà degli anni Settanta, nell’ultimo decennio legano la lezione politica di Nino Andreatta a una comunità politica nuova. La sconfitta del 2008 chiude la stagione iniziata nel 1995, proprio grazie alla sua più grande intuizione, l’Ulivo. Come rendere stabili quelle idee? Come fare del PD il soggetto centrale di un’alleanza vincente, capace di portare l’Italia fuori dalle secche? Volgere lo sguardo alla nostra piccola storia collettiva, dare un’identità più definita alla nostra comunità, rafforzare la cultura politica del PD. Anche per questo nasce TRESEIZERO.

Più che Vasco (Rossi) poté Pier Luigi (Bersani). Così stiamo vivendo questo Congresso in modo piuttosto inatteso, ponendoci domande di senso che sembravano ormai impossibili, consumate dalla politica istantanea che domina questi tempi. In fondo anche questi anni sono trascorsi così, per il Partito Democratico. Dopo una fiammata iniziale, il PD si è cullato nella visione autoconsolatoria per cui «dalla nostra parte sta la ragione e dall’altra il torto», e nell’ineluttabilità di una condizione minoritaria, che in parti significative del Paese rischia di porci al di fuori della prospettiva di voto utile – come mandato a governare – degli elettori. Al calo verticale dei consensi corrisponde l’illusione che sia sufficiente, perché torni la bella stagione, essere più convinti, determinati, coesi, eccetera.

Noi crediamo che non sia così. E che si debba ripartire dalle fondamenta: le ragioni originarie del PD, la nostra visione del futuro. A partire dalla lettura della società e dell’economia, delle istituzioni e del sistema politico. Della democrazia italiana. TRESEIZERO nasce con un’ambizione in più: riprendere il filo rosso (il senso) della storia di una comunità politica che sta crescendo. E che mira a migliorare la qualità delle soluzioni concrete di governo, a livello centrale come territoriale; a dialogare con i soggetti che, in Italia e in Europa, tentano di dare una risposta a questa stagione di rivolgimento dal versante del centrosinistra riformista; a contribuire all’identità culturale e alla proposta politica del PD. Insomma, ora si fa sul serio. E noi proviamo a rilanciare, consapevoli che per farlo occorre dare profondità alle nostre intuizioni.

Partiamo da basi solide. Nel 2007, quando affrontammo le primarie, venivamo dal decennio dell’Ulivo. La prima vera esperienza politica, per la maggior parte di noi. Nella quale siamo stati guidati da una serie di valori di fondo. In sintesi: la fede nel processo di integrazione europea; le virtù del mercato temperato e regolato; la concorrenza; il richiamo al ruolo delle istituzioni di garanzia e delle autorità indipendenti. Idee che hanno consentito all’Italia di riemergere dalla drammatica crisi della fine della Prima Repubblica e che, grazie all’Ulivo, sono divenute le scelte di governo fondamentali degli anni Novanta. Altrettanto importanti, il metodo di lavoro e un codice etico e comportamentale. La costante attenzione allo studio, al merito delle questioni, alla concretezza delle proposte, all’apporto degli esperti. L’eguale rilevanza attribuita alla politica e alle politiche, si è detto per qualche tempo. La curiosità: uscire dai luoghi comuni e non accontentarsi del punto di vista più scontato. La sobrietà e il rigore, la tensione all’interesse generale, l’idea che la politica non sia una professione per la vita. Valori che noi abbiamo solo cercato di interpretare, e che sono la lezione di Nino Andreatta, quel «riformatore solido e geniale», così limpido e lungimirante da apparire talvolta, agli occhi della paludosa politica italiana, stravagante se non addirittura sconsiderato.

Con questo approccio abbiamo affrontato la lunga stagione di opposizione, tra il 2001 e il 2006. La faticosa elaborazione di una prospettiva di riscatto, che può insegnarci molto. Anzitutto, sulla sconfitta di Berlusconi: abbiamo ripreso a vincere quando abbiamo reso evidente che il centrodestra non manteneva le promesse, non dava adeguate risposte di governo, al centro come sui territori. L’idea che mirasse più a risolvere i suoi problemi che quelli del Paese ha intaccato la fiducia dei cittadini, ma poi sono stati decisivi i risultati. Come può insegnarci molto la nostra vittoria, risicata e insufficiente: una proposta poco chiara, una coalizione troppo disomogenea. Più un «esercito di liberazione» che una forza di governo, alla quale è mancato un baricentro forte e riformista. Mancava il Partito Democratico.

Altri articoli trattano la vicenda del PD dal 2007. Gli errori compiuti alle primarie e, ancor più, dopo. Pensiamo qui al significato, in quella vicenda, della candidatura di Enrico Letta. Si è trattato di un acceleratore di idee e di consenso: in pochi mesi i valori e le idee di molti anni di lavoro sono diventati una visione politica generale, una proposta al Paese. «Muoviamoci», dicevamo allora. «Libertà, mobilità, natalità», era lo slogan. Contendibilità delle cariche di partito, scelte affidate sempre ai cittadini con le primarie, e ai territori anziché alle imposizioni romane, i nostri mantra. A ben vedere, sono gli stessi problemi che il Paese e il PD hanno davanti. TrecentoSessanta è nata allora, nel fuoco di quelle primarie. Ci rendevamo conto che, affinché quel seme producesse frutti, il consenso di oltre 400.000 elettori democratici era solo un punto di partenza. Per dare continuità a quelle idee, era necessario dotarci di strumenti per tradurle in iniziative politiche, interventi legislativi, azioni di governo.

Da allora abbiamo fatto molta strada. Sui contenuti, anzitutto. Portando al centro del dibattito il rovesciamento dell’equilibrio del welfare, massimamente ingiusto per donne e giovani. E dannoso per il Paese. O segnalando l’allarme per l’incredibile aumento del divario tra Centro-Nord e Sud del Paese: l’Italia è sempre più divisa in due, e siamo ormai assuefatti all’abbandono di intere regioni all’illegalità e alla criminalità organizzata. Poi l’attenzione al merito e alla valorizzazione dei talenti. Contenuti che abbiamo approfondito in numerosi convegni e poi tradotto in proposte operative, sulle quali abbiamo coinvolto forze politiche e sociali, anche in Parlamento. I progetti «Controesodo – Talenti in movimento» e «Pensaci adesso», di cui si parla in questo numero, sono già una realtà. Seguirà «Azioni Legali», a partire da un convegno sul legame tra attività criminali e mondo dell’impresa e della finanza. Alcuni temi di riflessione per i prossimi mesi: l’Europa, chiamata a nuove sfide nello scenario globale ma ancora sospesa tra un passo in avanti nel suo processo di integrazione e una preoccupante involuzione; l’istruzione e la conoscenza, sulla quale l’Italia accumula un ritardo intollerabile, specie nelle sue regioni meno sviluppate; l’efficienza delle politiche pubbliche, attraverso l’introduzione della cultura della valutazione.

Il PD deve cambiare radicalmente, e noi vogliamo esserci. Anche per questo il primo numero di TRESEIZERO esce a pochi giorni dalle primarie del 25 ottobre. Perché sappiamo che questo cambiamento ha bisogno di un salto di qualità, in termini di elaborazione culturale e di proposta di governo. Di visione e soluzioni concrete, di promozione di una classe dirigente preparata, diffusa, e sottoposta a costanti verifiche democratiche. Il PD deve cambiare per diventare il soggetto centrale di una coalizione capace di riconquistare il governo del Paese. Anche per questo – e non solo per averci fatto ricordare la forza semplice ed essenziale di Vasco – per il nuovo PD puntiamo le nostre carte su Pier Luigi Bersani.