Le tre Italie al voto

Le tre Italie al voto

bersaniÈ finita una campagna elettorale confusa, che non ha più visto un’Italia “spaccata in due”, ma almeno tre Italie.

Da una parte, l’Italia consunta di Berlusconi, sopravvissuto al governo dei disastri. Berlusconi barcolla tra mancanza di idee, siparietti televisivi, proposte che si sciolgono come neve al sole (la Svizzera smentisce l’accordo, com’era prevedibile? La Cassa Depositi e Prestiti non può essere utilizzata? Pagherà di tasca sua). Dall’allucinante lettera sull’IMU ai litigi con Tremonti e la Lega, scene di un film già visto. Attore protagonista un abile venditore di patacche elettorali, totalmente incapace di governare.

Poi c’è l’Italia del Movimento Cinque Stelle con le domande e le energie che rappresenta, ma anche il suo approccio sinistro alla democrazia.

Il suo motto rassicurante è «la politica deve essere semplice, le risposte semplici». Ragionevole, a prima vista. Nell’Italia che soffre, ci piacerebbe scrivere “Stare tutti meglio”, votare, e poi stare meglio per decreto. Purtroppo, non è possibile. Le sfide che il M5S pone sono importanti, le soluzioni sono sempre aleatorie e improvvisate, sentenze di propaganda invece che progetti di governo. La semplificazione, peraltro, è una cosa seria se non si fa a parole. Un esempio concreto: per ben tre volte sono state previste per le legge le “zone a burocrazia zero”, ma nessuno le ha mai viste. Il PD propone il bilancio annuale degli oneri per bloccare l’introduzione di nuove complicazioni amministrative, l’ampliamento delle autocertificazioni, la standardizzazione SUAP su tutto il territorio nazionale: su questi temi concreti, il Movimento ci sta? Propone l’accesso gratuito alla rete? Benissimo, ma chi paga? Il PD propone di riservare alle scuole (assieme alle strutture sanitarie) un’infrastrutturazione prioritaria, utilizzando risorse sia dai fondi strutturali europei che dai privati: il M5S ha una proposta concreta, di cui si può verificare l’attuabilità? Abolizione di Equitalia: si può discutere, ma il punto è un altro: come combattiamo l’evasione fiscale? Il PD propone l’obbligo di transazione con moneta elettronica per PA e professionisti (medici, avvocati): il Movimento è d’accordo o bisogna strizzare l’occhio agli evasori per raccattare qualche voto, senza pensare alle soluzioni concrete per il macigno di corruzione e illegalità che l’Italia continua a portarsi appresso? Reddito di cittadinanza: interessante, ma con quali soldi? Se tagliamo “gli intermediari per abbassare i costi”, esattamente quanti dipendenti pubblici dobbiamo licenziare? Il PD propone di portare di aumentare l’uso dell’e-procurement dal 7% al 30% per gli acquisti della PA, con un risparmio di ben 7 miliardi all’anno: il M5S ci sta? E per ottenere “l’allineamento delle tariffe di energia, trasporti, telefonia agli altri stati”, magari proseguiamo sulla linea delle liberalizzazioni di Bersani, che hanno portato vantaggi concreti ai cittadini? “Integrazione università/aziende”: cosa vuol dire? Il PD quando parla di questo tema si riferisce per esempio a programmi di ricerca industriale, alla defiscalizzazione degli interventi in ricerca e in attrezzature e agli incentivi all’assunzione di dottori di ricerca qualificati nelle imprese, memore del fatto che, come insegna la recente esperienza, non bisogna relegare certo soltanto alla parola “governance” il tema complesso del rapporto tra università, impresa e ricerca.

Allora, cosa c’è dietro la politica delle risposte semplici, che non rispondono a nulla? C’è la frase più facile che può pronunciare un uomo pubblico: “sono tutti uguali”, che mette nello stesso calderone destra e sinistra (un’idea insensata se guardiamo al mondo, al cammino difficile della democrazia italiana e delle stesse riforme). C’è il benaltrismo sui diritti delle persone, a cui rispondiamo: quando Pier Luigi Bersani nel primo consiglio dei ministri dirà “chi nasce e cresce in Italia è italiano”, cosa risponderà il M5S in Parlamento? C’è l’idea della crescita che sottrae lavoro, lanciata in un paese che viene da un decennio di decrescita, che si aggiunge a un vergognoso disprezzo per la scienza e il metodo scientifico, oltre che per ogni progetto collettivo che non sia il proprio (“basta con i corpi intermedi tra i cittadini e lo Stato”). Grillo rifiuta un dibattito fatto di domande, risposte e critiche. Se dice il falso, la colpa è sempre degli altri. Occorre esser chiari: se il suo modello è “o con me o contro di me”, è il contrario della democrazia. Se il suo ideale è lo tsunami (che immagine triste e irrispettosa della vita umana!), dobbiamo ricordare che nelle macerie, alla fine, rimangono intrappolati i più deboli. Come abbiamo cercato di mostrare, il Partito Democratico intende ragionare sui programmi per rilanciare il Paese, senza pregiudizi e senza proclami, per riportare lavoro e sviluppo: questo è e sarà il nostro percorso.

Chi andrebbe a Palazzo Chigi per il centrodestra o per il Movimento 5 Stelle? Nel primo caso, forse Alfano: davvero qualcuno ci crede? Nel caso del Movimento, ci va Internet? La credibilità politica interna e internazionale del primo ministro è ormai un fattore chiave per la “salute” del nostro Paese. L’Italia di Pierluigi Bersani è fondata su una coalizione chiara e un candidato premier autorevole, espressione di un progetto collettivo, perché la politica si coniuga sempre al plurale. La crisi richiede la capacità di guardare in faccia la sofferenza degli italiani senza raccontare favole, senza inseguire mulini a vento. Il PD ha fatto la sua corsa sui progetti di governo, non sugli insulti, sulle sterili distinzioni a sinistra che aiutano la destra, sui cagnolini. Il PD ha cercato di crescere, con le primarie e con i programmi, con la passione di tantissimi militanti e volontari, perché il Paese merita un governo adulto, in grado di affrontare i problemi e di costruire più opportunità per tutti. Chi vota per un’Italia responsabile, che non lascia indietro nessuno, che intende riportare l’Europa in un percorso di sviluppo e solidarietà, vota per il Partito Democratico.

Qui trovate il programma completo del Partito Democratico. Io ho lavorato in particolare a tre proposte:

Tre Italie, tre visioni del paese: non si tratta di “voto utile”, ma del fatto che ogni voto è prezioso. Anche per una sciagurata legge elettorale, che cambieremo, la scelta per le proposte minori è una scelta implicita per l’Italia di Berlusconi e per l’Italia del non-governo.

Da candidato, in questa campagna elettorale non ho risparmiato le mie energie per contribuire al programma e per incontrare elettori e cittadini in molte regioni italiane, a partire da quella nella quale sono candidato, la Liguria. In questi mesi ho cercato di portare idee e proposte in questo spazio sull’Unità, di parlare dell’Italia in Europa, di quello che ci chiedono gli altri e di ciò che noi dobbiamo pretendere per il futuro del nostro Paese. Nei miei incontri e nel mio percorso, mi ha guidato una convinzione: per ricostruire l’Italia, renderla più giusta e prospera, dobbiamo partire dalla legalità e dall’efficienza del nostro sistema pubblico, che deve essere capace di fornire ai cittadini i beni pubblici essenziali, e alle imprese un contesto di regole e servizi funzionale al loro sviluppo e dunque alla crescita e al lavoro. Alla base di tutto questo, però, c’è un grande investimento strategico in istruzione e ricerca. Per questo il mio “appello al voto” per il Partito democratico è in nome delle parole scritte pochi giorni fa da Pier Luigi Bersani: “Nell’Italia giusta, ridare dignità e speranza alle istituzioni della conoscenza non è una politica settoriale, ma la consapevolezza che il lavoro e lo sviluppo si costruiscono con i mattoni dell’istruzione, della ricerca e dell’innovazione”.