Le nuove entrate sono un nostro diritto: il Governo rispetti la legge

Peggio dell’Inter a Barcellona, o della Juve a Bordeaux: in fatto di soldi dallo Stato la Sardegna non tocca palla, rispetto alla Sicilia. Come già per il Dpef, ora anche in materia di fiscalità i parlamentari sardi di ogni colore sottolineano una netta disparità di cifre tra le due regioni autonome isolane.

IL CASO Su quasi ogni tema Mauro Pili (Pdl) e Giulio Calvisi (Pd) non concordano, ma entrambi notano che nel bilancio generale dello Stato in discussione alla Camera ci sono due voci pressoché identiche: si parla di somme per la regolazione contabile delle entrate erariali, relative anche ad anni precedenti , destinate in un caso alla Sardegna e nell’altro alla Sicilia. La formula tecnica si riferisce alla cosiddetta «compartecipazione» delle regioni ai gettiti fiscali: quei meccanismi per cui, per esempio, alla Regione sarda spettano i nove decimi dell’Iva generata sul suo territorio.

La prima somma prevede nel 2010 un trasferimento di 372 milioni di euro alla Sardegna. La seconda, per la Sicilia, è pari a 9 miliardi e 190 milioni (e nel 2009 era anche di più). È ovviamente anche il frutto di strutture diverse, nei rispettivi Statuti speciali, della compartecipazione erariale: certo però la differenza rafforza i dubbi sulla reale volontà dello Stato di mandare a regime, nel 2010, l’accordo sulle entrate stipulato nel 2006 con la Sardegna.

LE CIFRE In base a quell’intesa, per tre anni l’Isola ha goduto di entrate maggiori ma entro limiti precisi: appunto qualche centinaio di milioni. Dal 2010, invece, si dovrebbe giungere a circa 3 miliardi e 100 milioni in più rispetto al passato (compresi però i fondi per sanità, trasporto locale e continuità territoriale: al netto, circa 1 miliardo e 800 milioni in più dei precedenti livelli di entrate).

Il dubbio sollevato da esponenti dei due poli è che questa improvvisa ricchezza resti solo sulla carta. In realtà, la convergenza bipartisan si ferma qui, su una parte dell’analisi: netto invece tra i partiti il disaccordo sul resto, specie su come evitare la beffa di essersi accollati l’intera spesa sanitaria senza ricevere le risorse per farvi fronte.

IL CENTROSINISTRA Secondo il Pd serve una mobilitazione di tutti e della Regione in primo luogo, perché sia rispettato l’accordo di tre anni fa tra Giunta Soru e Governo Prodi. «Il bilancio dello Stato – spiega il deputato Giulio Calvisi – deve solo registrare entrate e uscite sulla base delle leggi vigenti. Se il Governo non mette in bilancio le somme previste per il 2010 dalla legge in cui fu tradotta l’intesa del 2006, sta violando una norma del Parlamento».

Perciò i parlamentari del centrosinistra presenteranno oggi un emendamento al bilancio, per trasformare quei deludenti 372 milioni di euro nei 3,1 miliardi che («secondo i calcoli dell’attuale Giunta di centrodestra», sottolinea Calvisi) spetterebbero all’Isola. L’invito per i colleghi del centrodestra è di firmare insieme l’emendamento.

Che sia «gravissimo che il Governo non dia attuazione alla legge del 2006» lo pensa anche il consigliere regionale Marco Meloni, appena chiamato da Bersani nella segreteria nazionale del Pd, ma che al tempo dell’accordo Prodi-Soru lui fu, da stretto collaboratore di Enrico Letta, uno degli estensori dell’accordo. «Tutto quello che sta accadendo – spiega – è solo un espediente per mettere di nuovo in discussione un risultato che fu straordinario per l’Isola».

IL CENTRODESTRA Non la pensa così Mauro Pili, che ha sempre definito «un imbroglio per la Sardegna» l’intesa Prodi-Soru, e vede nelle difficoltà odierne la conferma. «Io non dico che i soldi non ci sono», precisa l’ex presidente della Regione, «dico che il Governo deve fare chiarezza». Perciò Pili ha presentato un’interrogazione al ministro dell’Economia Tremonti, per suggerire «un’urgente verifica sulle disposizioni contenute nella Finanziaria 2007» in materia di nuove entrate per la Sardegna, e per chiedere che il ministero dia «immediata attuazione al trasferimento delle risorse compensative, oltre un miliardo per la sanità, al fine di evitare che la Regione sia gravemente esposta sul piano finanziario». Altrimenti si verifica la beffa di cui sopra: la Sardegna paga la sanità e nessuno le dà i soldi per farlo.

Ma il vero problema, ricorda la Giunta, è il patto di stabilità con lo Stato, che blocca la spesa della Regione in maniera anacronistica senza tenere conto delle nuove entrate. «La riforma del 2006 fu incompleta», insiste l’assessore al Bilancio Giorgio La Spisa (in sintonia col relatore della Finanziaria regionale, il sardista Paolo Maninchedda), «perché mancano del tutto le norme d’attuazione e non si è proceduto alla revisione del patto di stabilità».

Il confronto col Governo su quest’ultimo tema è stato avviato dallo stesso La Spisa, partecipando in rappresentanza della Giunta alla seduta del Consiglio dei ministri sulla Finanziaria nazionale: «Da allora è partito un tavolo tecnico, ma solo quando avremo il bilancio definitivo dello Stato sapremo quali sono i margini di manovra per lavorare sul patto di stabilità».

di Giuseppe Meloni