Letta: il nostro interlocutore al centro è Casini

Fin qui Pier Luigi Bersani si era limitato a dire: «Noi andiamo avanti, avanti, avanti». Ma tra i suoi cresce la reattività ora che la sfida di Francesco Rutelli manifesta i suoi tratti competitivi, se non ostili. Ieri mattina Filippo Penati, ospite a You dem tv, aveva spiegato che per «cortesia» e non per distrazione il nuovo segretario non aveva chiesto le dimissioni di Rutelli dalla presidenza del Copasir, carica parlamentare a cui era stato designato dal Pd. In serata però il riserbo è stato infranto da Francesco Boccia, uno dei giovani che dovrebbe entrare nella nuova segreteria di Bersani. Non è il solo termometro della tensione che sale nel Pd. Fino a ieri il movimento di Rutelli e Tabacci era pacificamente collocato nella metà capo dell’«alternativa» al centrodestra. Ieri sera invece il carattere pacifico sfumava: «Deve esser chiaro che il nostro interlocutore al Centro – spiegava Enrico Letta – resta Casini». Vuol dire che, a partire dalla regionali, il Pd non cercherà, né privilegerà, né userà le intese con Rutelli per surrogare il dialogo con l’Udc. Non è un principio astratto: la rottura tra Bruno Tabacci e l’Udc parte dalla Lombardia e ovviamente un eventuale sostegno del Pd ad una candidatura di Tabacci provocherebbe una rottura nazionale con Casini.

Lo stile che Bersani si è imposto è quello di non procedere a strappi. Una volta aperta la politica delle alleanze verso il centro e verso sinistra, non avrebbe senso porre pregiudiziali a Rutelli e Tabacci (peraltro Tabacci gode di consensi nell’elettorato di sinistra). Ma lo stillicidio delle uscite programmate dal Pd, la minaccia di costituire un gruppo autonomo alla Camera, la polemica diretta contro la gestione Bersani stanno alzando la tensione. Anche perché gli argomenti di Rutelli sono le leve attraverso le quali ora alcuni sostenitori di Franceschini, ora i popolari di Fioroni rilanciano le polemiche congressuali e alimentano le richieste negli organigrammi.

Il neo-segretario è incoraggiato dai primi sondaggi sul «suo» Pd: le primarie hanno prodotto interesse e un effetto-simpatia. Forse è troppo parlare di luna di miele, anche se qualche istituto dà il Pd di nuovo al 30%. Bersani l’anti-leader, però, diffida dell’aleatorietà dei sondaggi. E si preoccupa della distorsione che la polemica di Rutelli può provocare all’immagine del partito. Lo dice anche Beppe Fioroni: «Rutelli ci descrive come socialisti, ma Bersani deve stare attento a non rendere verosimile questa alterazione». Eppure Rutelli vuole dare un’impronta laica, non cattolica al suo movimento: tanto che ha respinto Paola Binetti e i teodem.

Nel Pd si prevedono altre fughe in periferia. Rutelli offre un approdo, una chances a chi si sente sconfitto o sottovalutato. Marco Calgaro, che è passato con Rutelli dopo aver sostenuto Bersani al congresso, assicura che Alleanza per l’Italia sarà stabilmente nel centrosinistra (mentre l’Udc ribadisce la propria autonomia). Ma non è detto che Rutelli presenti liste in tutte le Regioni. La prospettiva del Centro consiglierebbe una convergenza con l’Udc nelle alleanze. Peraltro, Alleanza per l’Italia era proprio uno dei nomi che Casini stava studiando per il nuovo Centro, da battezzare nell’autunno 2010. (Claudio Sardo)