Ma sul serio volete un altro Parlamento di nominati? Perché firmo il referendum contro i capilista bloccati
Nelle ultime settimane capita assai raramente di leggere che c’è un modo per riconsegnare ai cittadini il potere di scegliere direttamente i parlamentari. Eppure ricordo bene le polemiche all’approvazione della nuova legge elettorale, che in effetti non ho votato principalmente (anche, se non solo) per questo motivo: oltre il 60% degli eletti saranno scelti da capi o proprietari dei partiti.
Così come ricordo le polemiche che moltissimi studiosi, esponenti politici o della società civile, rivolgono costantemente a questo sistema oligarchico, il quale, consegnando a poche persone un potere che nelle democrazie normalmente è affidato ai cittadini, mina alla radice la rappresentanza e riduce il peso del potere legislativo, rendendo asfittica la democrazia e aumentando sempre più il fossato che separa elettori ed eletti. Dopo gli 8 anni di vita del Porcellum di Roberto Calderoli, il “Porcellinum eterno” di Matteo Renzi.
Ma, appunto, possiamo riconsegnare ai cittadini il potere di scegliere i propri rappresentanti. O meglio, i cittadini possono riprendersi questo potere, con l’unico strumento che consente loro di cambiare le leggi: il referendum abrogativo.
Per parte mia, proposi un simile referendum già nel 2014, dopo il primo voto della Camera su una legge elettorale coi listini bloccati, e ne ho confermato l’opportunità lo scorso aprile, all’approvazione definitiva della legge. Dopo che nel 2014 venne bocciato un mio emendamento alla legge elettorale che prevedeva le primarie per legge, insieme a 20 deputati del mio partito ho presentato una proposta di legge per sottoporre a primarie l’indicazione dei capilista e di tutte le posizioni “bloccate” nelle liste elettorali, oltre che dei candidati ai vertici istituzionali (sindaci e presidenti di Regione). La logica è sempre la stessa: sottrarre un potere ai partiti e riconsegnarlo ai cittadini. Periodicamente gli attuali leader dei principali partiti, da Berlusconi a Renzi definiscono l’idea ottima, ma sappiamo benissimo che non la approveranno mai.
In questo contesto, sottoscrivere il referendum che si propone di riconsegnare ai cittadini la scelta di tutti i deputati è l’unica via per uscire da una impasse che altrimenti tutti – più o meno consapevolmente – avvalleremmo, portando il nostro contributo omissivo alla crisi della democrazia italiana. Tanto più che il “Porcellinum” rischia di consegnare a un partito che al primo turno riceve una percentuale anche assai bassa di consensi la maggioranza assoluta dei deputati e – ripeterlo non fa male – consegna ai capi-partito la scelta della grande maggioranza dei deputati.
Mi pare che il problema, a questo punto, sia solo uno: il referendum lo ha presentato un movimento politico (“Possibile”) guidato da Pippo Civati, nei mesi scorsi fuoriuscito dal Pd, e non è particolarmente gradito a chi guida il governo. Ma chi può mai pensare che sottoscrivere un referendum (su 8 presentati da “Possibile”) significhi aderire alla piattaforma politica di Civati?
Io, ad esempio, non condivido molti punti della proposta politica di “Possibile”, né sono persuaso della bontà degli altri referendum, compreso quello che propone di abrogare in toto una legge elettorale che pure considero ampiamente sbagliata e di dubbia costituzionalità (la conseguenza sarebbe il ritorno al proporzionale puro, e dunque alla sostanziale ingovernabilità). Così come considero un grave errore abbandonare il Pd, anche quando non se ne condivide l’azione, anche quando l’abbandono è “incentivato” da chi guida il Partito e (assai irresponsabilmente) cerca dividerlo e di snaturarne il profilo di forza di centrosinistra. Ma queste valutazioni cosa hanno a che fare con la semplice domanda: “Volete voi un (altro) Parlamento di nominati? O preferite eleggere i vostri rappresentanti?”. Niente. Qui è in gioco un interesse – quello dell’ampliamento degli spazi di democrazia e della riconsegna al popolo del potere di scegliere direttamente i propri rappresentanti – che a parole tutti dicono di condividere. Né di fronte a un interesse di questa portata possono esistere vincoli di partito: non esistevano nel 2011, quando molti di noi sottoscrissero il referendum contro il Porcellum, non esistono ora.
Il silenzio attorno ai referendum è opprimente. Lo considero una ragione in più per sottoscriverlo. Non so se la raccolta di firme avrà successo. In questi casi si deve agire senza calcoli di convenienza, avendo riguardo soltanto al proprio convincimento e alla qualità della nostra democrazia.
Cerchiamo un tavolino, cerchiamo su referendum.possibile.com le informazioni necessarie, e andiamo a firmare per il referendum. È un appello che sento di rivolgere in particolare ai tanti – a cominciare dai colleghi parlamentari del Pd – che nei mesi scorsi hanno espresso riserve e perplessità sui capilista bloccati del “Porcellinum”: un nostro, un vostro gesto concreto può valere a riconsegnare ai cittadini il diritto di scegliere direttamente i loro rappresentanti in Parlamento, come già fanno per il Consiglio comunale, il Consiglio regionale, il Parlamento europeo. Non perdiamo, non perdete, questa occasione così preziosa per la nostra democrazia.