Open Governance e Innovazione

Open Governance e Innovazione

M. Citelli e M. Meloni – BELTEL. “Innovazione”: un termine usato spesso come un mantra a cui affidare le speranze di cambiamento. Il suo eccessivo utilizzo però rischia di diventare un paravento dietro il quale coprire i gravi ritardi dell’Italia. Dobbiamo darci un’agenda che includa innovazione e ricerca, cambiamenti organizzativi nella PA, open government come architrave del rapporto tra stato e cittadini. Temi che abbiamo affrontato in un intervento scritto insieme a Mario Citelli per Beltel di febbraio. “Innovazione” è un termine che continua ad essere molto usato, quasi fosse un mantra a cui affidare speranze e progetti di cambiamento. Peraltro, il suo eccessivo utilizzo non solo non equivale a inverarne il significato, ovvero a realizzare l’innovazione, ma rischia di diventare un paravento dietro il quale coprire i gravi ritardi che l’Italia ha accumulato.Come è noto, il concetto di innovazione copre un’area di utilizzo assai vasta. Così abbiamo una “innovazione tecnologica”, un processo che dovrebbe portare le imprese a migliorare la loro efficienza e a generare piattaforme di prodotti e servizi che influiscano sulla attività di altre imprese, di organizzazioni e della vita di ognuno di noi.

Da non confondere con “ricerca”, teorica, scientifica o applicata, che è invece il risultato delle attività di studio “dedicato e di medio lungo periodo”, nelle Università, nei laboratori privati e in quelle imprese che si possono permettere una attività di ricerca. L’innovazione segue la ricerca rispondendo a leggi di mercato e soddisfacendo quindi una domanda esplicita; il compito della ricerca, invece, è porsi obiettivi anche per realizzazioni non immediatamente utili ma da inserire in processi di medio e lungo periodo.

Ricerca e innovazione sono quindi, su due differenti dimensioni temporali, due blocchi fondamentali su cui costruire uno sviluppo economico fatto di “innovazione diffusa”, attraverso l’utilizzo delle piattaforme di prodotti e servizi nei diversi settori della vita produttiva e quotidiana. A ciò si legano le innovazioni nella Pubblica Amministrazione, nella Scuola, nei servizi pubblici, nel credito, nei sistemi di pagamento e così via: con diverse priorità, un diverso impatto sul sistema sociale e diverse difficoltà nella loro realizzazione.

Recentemente, anche per effetto dell’ultima serie di decreti adottata dal Governo Monti, si è riparlato con insistenza di trasparenza informativa della Pubblica Amministrazione: non si tratta di un processo con grandi difficoltà tecnologiche. La tecnologia per costruire una pubblica amministrazione trasparente è già disponibile. In un diverso ambito si colloca l’“open governance”, l’innovazione che riguarda i processi organizzativi, politici e culturali con cui opera la macchina pubblica e su cui è necessaria una trasformazione di ruoli e di comportamenti. Le misure approntate dal ministro Patroni Griffi vanno in questo senso, ma sarà essenziale estendere le sperimentazioni che in questi anni alcune amministrazioni hanno avviato di totale tracciabilità online dell’avanzamento delle pratiche che interessano cittadini e imprese. Liberarci dei ritardi e dalle opacità che si nascondono tra telefonate, file negli uffici e copie cartacee di pratiche burocratiche, può essere un grande volano di consenso per orientare con il paradigma dell’open government, in questi tempi di grandi difficoltà nella finanza pubblica, le necessarie risorse all’accelerazione digitale dell’Italia.

È proprio intorno all’open government che si deve realizzare concretamente il vero cambio di paradigma, anche culturale, che deve guidare i processi di riorganizzazione e di modernizzazione tecnologica delle amministrazioni pubbliche, e rispetto al quale le applicazioni informatiche svolgono una funzione strumentale. Il riferimento è principalmente all’ “open data”, ormai un elemento scontato delle applicazioni informatiche disponibili, spesso implementate con grande spesa nelle organizzazioni pubbliche. Anche nella Scuola esiste un gap “materiale” nella dotazione di strumenti tecnologici evoluti. Il sistema scolastico potrebbe ricevere un impatto positivo diretto e immediato attraverso l’adozione di tecnologia, anche per diminuire quel “digital cultural divide” che esclude il 40% della popolazione nel nostro Paese dall’utilizzo dei nuovi servizi su rete. Inoltre, i cambiamenti nella scuola sono pervasivi, perché contribuiscono a quella crescita individuale necessaria per adeguare le strutture di sistema all’incalzante processo di “innovazione globale”.

Intorno a queste declinazioni dell’innovazione, emerge il problema del costo dei cambiamenti, particolarmente acuto nell’epoca di crisi in cui ci troviamo, dove è difficile reperire le risorse pubbliche per sostenere queste trasformazioni e ci si orienta verso una riduzione e riqualificazione della spesa pubblica. Perciò è necessario innovare gli stessi sistemi di finanziamento, puntando sulle risorse private tuttora immobilizzate, che sono uno dei punti di forza del sistema-Italia. L’innovazione dovrebbe mettere in moto i meccanismi che rendano possibile un “travaso” virtuoso dei capitali privati, da considerare come investimenti per la crescita del tessuto di impresa del Paese. Torniamo allora a parlare di innovazione con riferimento al venture capital e alle possibilità di incentivazione nell’uso di capitali privati insieme a capitali pubblici per la realizzazione di iniziative che, soddisfacendo un piano di “strategic procurement”, finanzino la realizzazione di alcuni di questi cambiamenti. Lo “strategic procurement” orienta la spesa della Pubblica Amministrazione verso le priorità fondamentali, ma puntando su aziende che abbiano realizzato prodotti e servizi innovativi.
Con quest’ottica, la Pubblica Amministrazione può essere non solo occasione di risparmio, ma motore di crescita, in particolare in riferimento ai giovani e alla possibilità di fare impresa. È la direzione indicata nell’intervista a Repubblica del 6 febbraio del ministro Francesco Profumo, che ha paragonato, in termini di impatto sullo sviluppo del Paese, Internet a quello che negli anni ’50 è stata l’industria dell’automobile.

Sono molti i terreni “aperti” da queste considerazioni, che costituiscono un “catalogo delle idee” su cui è necessario intervenire nella nuova fase politica, sia nell’azione di governo sia nei provvedimenti parlamentari. Sia, soprattutto, nella progettazione di quanto dovrà essere fatto nei cinque anni della prossima legislatura, in modo da dare finalmente continuita’ nelle politiche di questo settore. Le questioni da affrontare riguardano, dunque, l’innovazione negli strumenti finanziari, le modalità organizzative delle PA, il controllo politico verso lo strategic procurement, la cultura degli addetti e degli utenti, l’organizzazione della scuola e delle Università e i profili formativi su cui lavorano, la produzione di ricerca, il sistema delle imprese e le modalità di fornitura alla PA, ed infine la strumentazione tecnologica nella Pubblica Amministrazione.

L’open governance è un obiettivo che richiede un lavoro tanto impegnativo, quanto urgente per essere pienamente integrati con l’Europa: cominciamo con ordine e diamoci un programma.

Mario Citelli e Marco Meloni – BELTEL release online