Concorsi e stabilizzazioni: opportunità uguali per tutti, no a norme incostituzionali
Sintesi dell’intervento di Marco Meloni in Consiglio regionale sulle norme di stabilizzazione del personale degli enti regionali e locali, 10 gennaio 2011
«Intervengo per esprimere le mie perplessità riguardo a una serie di norme che si pongono l’obiettivo di procedere alla definizione più stabile delle modalità di organizzazione del lavoro di personale occupato nel settore pubblico, le cosiddette stabilizzazioni. Siccome ho visto in questi giorni circolare bozze, proposte di emendamenti che sono stati anche frutto di una sintesi condivisa dalle principali forze politiche in quest’Aula, vorrei esprimere una qualche preoccupazione, perché ci orientiamo a legiferare perlomeno avendo la consapevolezza del fatto che dovremmo corrispondere agli interessi generali della collettività, delle tante persone che vivono una condizione di difficoltà, in quanto precari nelle amministrazioni pubbliche, e delle ancor più numerose persone che non hanno mai avuto neanche l’opportunità di lavorare temporaneamente in tali amministrazioni, senza eccedere in un senso che voglio spiegare. Se noi approvassimo, senza rifletterci a sufficienza, delle norme che non corrispondono al requisito di essere costituzionalmente legittime, faremmo un errore e prenderemo in giro molte persone che attendono anche oggi, dal Consiglio regionale, una risposta.
Qualche mese fa ho incontrato delle persone che protestavano perché, pur avendo vinto dei concorsi pubblici da diversi anni, non sono ancora state assunte, e sono state precedute da assunzioni di personale in seguito a delle stabilizzazioni. È un conflitto, una competizione, davvero angosciante, perché riguarda persone che vivono comunque una condizione di enorme disagio. Però noi dobbiamo condividere un obiettivo che qua abitualmente ripetiamo, senza poi riuscire a conseguirlo: interrompere questa spirale, che comporta poi la consapevolezza, diffusa tra i cittadini, che nelle amministrazioni pubbliche si viene assunti non attraverso un concorso, come vorrebbe la Costituzione, ma in qualsiasi altro modo: prima un contrattino temporaneo, si entra in qualche modo e poi nessuno ti manderà mai via; nessuno ti vuole mandare via, però, il problema è che così non si può andare avanti, e noi dovremmo fare tutti quanti insieme una battaglia per ristabilire la condizione per cui nel pubblico impiego si entra solo attraverso dei concorsi, e dobbiamo scriverlo nelle leggi, dobbiamo praticarlo nelle leggi che facciamo, a partire dalla legge finanziaria. Troviamo sì il modo di valorizzare, nelle procedure concorsuali, l’esperienza di chi ha prestato il proprio servizio per la Regione, ma c’è modo e modo di valorizzare questa esperienza.
Penso che abbiate letto tutti quanti i giornali. Cosa è accaduto in Sicilia qualche settimana fa? Sono state stabilizzate migliaia di persone. Pare addirittura che l’Assemblea regionale siciliana sapesse che in fondo quella norma era incostituzionale e sarebbe stata in ogni caso rinviata alla Corte, però intanto si sono lavati la coscienza, “dando una risposta” a qualche migliaio di persone, a prescindere dal fatto che siano utili o ingolfino la macchina amministrativa, e comunque violando i diritti di coloro i quali hanno diritto di poter concorrere apertamente con un pubblico concorso. Uno scandalo nazionale a cui non vorrei che noi, da questo Consiglio regionale, dessimo seguito.
Noi siamo una regione piccola – ma in quelle più grandi i termini della questione non cambiano di molto – e chi ha un interesse specifico e ben individuabile ha gli strumenti per premere, legittimamente, sul Consiglio regionale perché assuma delle decisioni, sia attraverso le organizzazioni sindacali, sia attraverso gruppi spontanei di pressione. Dobbiamo contemperare questa esigenza con la capacità di guardare a tutti quelli che stanno fuori e sono i tantissimi ragazzi che perdono la fiducia nelle istituzioni anche perché pensano che studiare, per laurearsi e dopo, non ha grande utilità per poter fare una cosa che dovrebbe essere un onore e un orgoglio per chi ha la vocazione, il talento e la voglia di farlo, ovvero lavorare per la pubblica amministrazione, per le istituzioni della propria Regione e del proprio Stato. È la Costituzione a dircelo, sono i tre articoli che sono stati richiamati nella sentenza della Corte costituzionale che ha riguardato una nostra norma adottata nella finanziaria dello scorso anno – l’articolo 3, l’articolo 51 , l’articolo 97 – che ci dicono esattamente questa cosa.
Come abbiamo fatto finora? I provvedimenti principali, oltre a tanti provvedimenti settoriali che vengono periodicamente adottati, sono stati una norma del 2007 che prevedeva l’assunzione non in seguito a concorso solo per chi aveva già sostenuto una selezione pubblica di natura concorsuale e poi la legge finanziaria del 2009, che all’articolo 3 prevedeva una serie di norme per la stabilizzazione del personale assunto a vario titolo, nel senso che erano diverse le tipologie, non solo i lavoratori con contratto a termine ma anche quelli flessibili, atipici e con collaborazioni coordinate e continuative negli enti locali, e poi un’altra norma, limitata al fatto che si fosse già sostenuto un concorso, è stata approvata per la Regione e gli enti regionali. Queste norme sono state dichiarate incostituzionali non tanti anni fa, ma con una sentenza del maggio scorso, la quale ha detto che, pensate, si viola il principio del concorso pubblico anche quando chi è stato assunto a tempo determinato ha sostenuto una pubblica selezione perché la qualificazione richiesta dalle assunzioni a termine rispetto a quelle a tempo indeterminato è differente e perché non offre garanzia né della sussistenza delle professionalità necessarie per lo stabile inquadramento nei ruoli degli enti pubblici regionali, né del carattere necessariamente aperto delle procedure selettive.
Ora, se noi adottiamo norme analoghe a quelle dichiarate incostituzionali, dicendo semplicemente che però si farà un concorso riservato ai dipendenti assunti a tempo determinato per valutare le capacità di adempiere ai compiti che devono svolgere nelle amministrazioni pubbliche, noi adottiamo una norma che è quasi certamente incostituzionale. I costituzionalisti degli atenei di Cagliari e Sassari con cui mi sono confrontato mi hanno confermato quest’opinione. C’è un emendamento che riguarda il personale degli enti regionali che presenta gli stessi rischi, oltre a prevedere un inaccettabile scorrimento verticale di categoria, senza alcuna previsione né dei fabbisogni né del numero dei destinatari. Io chiedo al Consiglio di essere molto rigoroso. Adottare norme che dovessero essere ancora incostituzionali, infatti, oltre a non farci fare una gran bella figura, sarebbe doppiamente ingiusto, in quanto – qualsiasi opinione si abbia in materia, e io ribadisco la mia contrarietà – al danno si aggiungerebbe, per i soggetti ai quali la norma intende rivolgersi, la beffa di non poter fruire di alcuna reale stabilizzazione.»
Sentenza Corte Costituzionale 235/2010