Pd è l’ora del cambiamento. Quarantenni tocca a voi

Non è la prima volta che nel centro sinistra si apre uno scontro sulla scelta del Presidente della Regione. Accadde anche tra il 2003 e il 2004, in particolare all’interno dei DS tra chi riteneva indiscutibile la candidatura di un dirigente del maggior partito della coalizione (per poi evitare elezioni primarie con accordi tra ristrette burocrazie di partito) e chi, partendo dall’esistenza di un altro candidato in campo, che dichiarava di collocarsi all’interno del centro sinistra e che chiedeva le primarie per la scelta del leader, riteneva le consultazioni primarie una scelta ineludibile. Anzi, una scelta auspicabile in una fase nella quale la fine delle ideologie e il superamento dei vecchi partiti, con la loro capacità di definire una precisa identità collettiva e di rappresentare e mobilitare le masse che in essa si riconoscevano, lasciava spazio non al libero confronto delle idee ma all’incontrollato dominio della pubblicità. Le elezioni primarie rappresentavano così uno dei pochi momenti di reale apertura al confronto. Quella sfida fu vinta: non ci furono altri candidati contro Soru, la coalizione intorno a lui raccolse società civile, base dei partiti e, progressivamente, i gruppi dirigenti del centro sinistra e vinse le elezioni. Oggi, al termine del quinquennio, occorre fare il bilancio sul terreno istituzionale e su quello politico. Mi è capitato altre volte di indicare gli aspetti sui quali andrebbe sviluppato un confronto con la società sarda: la riforma della politica e delle istituzioni, il rilancio della qualità della vita, l’innovazione economico-finanziaria. Sugli ultimi due temi, sia pur con limiti più volte evidenziati, il bilancio può considerarsi positivo mentre sul terreno politico-istituzionale esso è insoddisfacente. La vittoria di Soru fu accompagnata da una speranza di rinnovamento istituzionale e politico. Occorreva costruire le istituzioni di una più coesa società regionale, aprendo un processo di leale cooperazione con gli altri livelli di Governo e con le forze sociali, disegnando un sistema di governo più aperto al contributo delle competenze. Occorreva stimolare la costruzione di partiti più moderni e capaci di radicarsi, con un processo democratico, nella società sarda. Questa speranza è stata delusa. Sul terreno istituzionale è emblematica la vicenda della legge statutaria. La recente promulgazione, malgrado un referendum, sostanzialmente negativo, regolato da una legge maldestramente messa a punto nella precedente legislatura, ha concluso nel modo peggiore una vicenda che era già iniziata male con uno scontro giocato solo sulla definizione degli equilibri tra Presidente della Giunta e Consiglio e senza alcuna attenzione ai temi della partecipazione e della espansione della democrazia. Sul terreno dei partiti il quadro sconfortante è sotto gli occhi di tutti. Un universo, salvo poche eccezioni, incapace di rinnovarsi e che esprime la classe dirigente emersa tra l’inizio degli anni’80 e i primi anni’90. Soru che pure era stato espressione di rinnovamento ha finito, su questo terreno, con l’esaurire il suo ruolo in una estenuante mediazione tra notabili. Ha progressivamente emarginato quelle rappresentanze della società civile che lo avevano affiancato al momento della candidatura ed ha mostrato una crescente insofferenza per forme di dissenso che ponessero in discussione non tanto gli obbiettivi ma persino le modalità tecniche per realizzarli. Il progressivo sfaldarsi della coalizione, i risultati delle primarie nel PD, la attuale crisi di quel partito, dimostrano come il più danneggiato da una simile deriva “solitaria” sia stato in primo luogo il Presidente uscente. C’è un solo modo per tentare di sfuggire ad un situazione il cui esito sembra segnato: la riconsegna della Regione a un centro destra impresentabile. Occorre ripartire dal programma e dal rinnovamento dei gruppi dirigenti. Come ci spiegavano i dirigenti che favorirono l’ascesa di quelli attuali: «se non si comincia non si diventa mai autorevoli». Occorre favorire l’elezione ai massimi livelli di direzione politica del PD di un gruppo dirigente, interamente rinnovato, espressione di quei quarantenni che nella società, e anche nelle istituzioni, sono stati finora messi ai margini delle decisioni fondamentali. Poi, insieme alle altre forze della coalizione, si dovrà discutere del programma realizzato, di quello per la prossima legislatura, e scegliere, meglio se attraverso consultazioni primarie, il candidato alla Presidenza e quelli per il nuovo Consiglio regionale e per il Parlamento europeo. Se Soru, tacitando qualche troppo encomiastico suo sostenitore, assumesse la bandiera di un simile programma dimostrerebbe, nei fatti, di voler riprendere un cammino interrotto. (Nel sito www.insardegna.eu è pubblicata una versione più ampia dell’articolo.)