Prima il nuovo accordo sulla legge elettorale. Poi l’alt di Berlusconi

Prima il nuovo accordo sulla legge elettorale. Poi l’alt di Berlusconi

Aula_MontecitorioOre di incontri e mediazioni nel tentativo di stringere almeno sulla soglia al 38% per ottenere il premio. L’accordo sembrava a un passo, poi in serata lo stop di Berlusconi. La giornata era cominciata con il segretario dei democratici che parlava di primarie immaginando il possibile ultimo punto di caduta per far digerire, alla fine, anche alla minoranza del suo partito la legge elettorale: «Certo, l’accordo sugli emendamenti è complicato ma non è impossibile….», spiegava Matteo Renzi forse riferendosi all’emendamento presentato dal lettiano Marco Meloni che istituisce primarie obbligatorie per legge capaci di selezionare i candidati dei listini bloccati dell ‘Italicum. Se poi, nelle prossime ore, quelle primarie «obbligatorie» diventassero «facoltative» allora aumenterebbero considerevolmente le possibilità di convincere Silvio Berlusconi.

Ma per chiudere con tutte le parti in causa l’accordo sulla legge elettorale il tempo è quasi scaduto. I nodi aperti sono ancora molti, tanto che si parla di un nuovo possibile incontro tra Renzi e il Cavaliere nelle prossime ore. Domani comunque si dovrebbe andare in aula alla Camera. Per cui Renzi, in un vorticoso giro di colloqui, ieri sera ha parlato di tutto questo con il plenipotenziario del Cavaliere, Denis Verdini, con il vicepremier Angelino Alfano e con i deputati del Pd che ha incontrato fino a tarda sera. E quest’ultimo è stato l’incontro più difficile per il segretario. Renzi, alla fine, ha chiesto e ottenuto nonostante forti resistenze dai suoi deputati (compreso Gianni Cuperlo) di ritirare tutti gli emendamenti non concordati con FI e Ncd, a partire da quello sulle preferenze presentato da Rosy Bindi. Si salvano solo quelli sulle primarie regolate per legge che diventano facoltative, sulla soglia di accesso al premio di maggioranza (dal 35% al 38%) e sulla delega al governo per disegnare i collegi.

Il bilancio di una trattativa in continua evoluzione evidenzia che Forza Italia, dopo aver ceduto, è tornata indietro sulla soglia alta. In serata lo stesso Berlusconi avrebbe stoppato chi nel suo partito aveva detto a Renzi di essere disponibile a far alzare dal 35% al 38% l’asticella oltre la quale la coalizione vincente si accaparra il premio di maggioranza.  Stop confermato in tarda serata anche da una nota di Denis Verdini. Renato Brunetta, in commissione, ha anche chiesto di rivedere il calendario dei lavori alla luce del nuovo scontro in atto. FI tiene duro, anzi durissimo, sulle soglie basse, quando invece Pd, Ncd e tutti i piccoli spingono per ridurre gli sbarramenti di accesso in Parlamento, dall’8 al 6% per i partiti non coalizzati, dal 5 al 4% per quelli coalizzati.

Forza Italia, comunque, non ha dimenticato di presentare l’emendamento «salva Lega» che prevede il ripescaggio dei partiti fortemente radicati in un determinato territorio, qualora questi superino l’8% dei voti in 7 circoscrizioni. Un’altra variazione di cui il Cavaliere e i suoi emissari non vogliono sentir parlare è l’abbattimento dal 12 all’8% dello sbarramento di coalizione che, se ridotto, favorirebbe un «rassemblement» moderato di centro. Invece gli «alfaniani» avrebbero avuto il via libera sulle candidature multiple.

Renzi e Alfano, poi, avrebbero quasi strappato a Verdini l’impegno di affidare al governo il compito di disegnare il collegi dell’Italicum, evitando così che in Parlamento si svolga un vero e proprio Suk dei collegi: Forza Italia, però, sul punto resiste perché questo significherebbe non poter andare a votare nei go giorni (tanti ne vengono concessi al governo per disegnare i collegi) successivi alla promulgazione della legge. Tra l’altro, un emendamento di Giuseppe Lauricella (Pd) propone che in quei  giorni resti in vigore la legge elettorale rimasta sul campo dopo la sentenza della Consulta (il proporzionale puro con la preferenza).

C’è poi un’altra questione non irrilevante: sempre Lauricella del Pd propone di rendere la legge elettorale effettivamente applicabile solo dopo la riforma del Senato. Renzi, dunque, ha provato in
tutti i modi a chiudere la partita. Gli emendamenti depositati in commione Affari costituzionali al testo della legge elettorale erano all’inizio ben 318 (tra cui 36 del Pd, 19 di FI, 11 del Ncd e 6o dei grillini che puntano a un proporzionale con lo sbarramento al 2%) ma il segretario continua ad andare avanti per la sua strada: «Se si affossa anche questa possibilità di riforme, allora diventa davvero delicato immaginare una speranza per la legislatura». Nonostante le difficoltà procedurali (ieri sera i piccoli, da Scelta civica al Centro democratico, hanno chiesto di non andare in aula domani), tanto attivismo ha fatto rompere il silenzio al presidente del Consiglio, Enrico Letta, che sulla materia elettorale è rimasto finora alla finestra: «Sono fiducioso che l’iniziativa dei partiti principali e del Pd arrivi a un risultato positivo anche per il rafforzamento dell’Italia. Il governo è il primo tifoso dell’accordo elettorale».

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