«Pronti per governare»
Marco Meloni: dalla manifestazione di Cagliari arriva una spinta per tutto il centrosinistra. L’Udc? Stacchi la spina al governatore
Il governo del futuro passa anche dalle feste del Pd: almeno così la pensa Marco Meloni, responsabile nazionale dei democratici per l’università, che su questo argomento ha organizzato a Cagliari la festa del partito, conclusa ieri. «Era una delle iniziative nazionali a tema», spiega Meloni, «ottime occasioni per confrontarci su cose concrete con ampi settori della società. In giro per l’Italia ho visto che c’è curiosità verso il Pd, si chiedono se saremo in grado di far ripartire il Paese».
Se tornerete al governo, dovrete chiedere ulteriori sacrifici?
«Ci sarà da ricostruire l’Italia. Ma un conto è fare sacrifici per un obiettivo. Altro è farli perché un governo campi altri due mesi».
Serviranno idee concrete.
«Noi abbiamo sempre avanzato proposte: sul fisco, su scuola e università, sulla legge elettorale».
Servirà anche una classe dirigente in grado di prendere in mano il Paese.
«Ad averne una migliore del centrodestra ci riesce chiunque, gente come Bossi e Berlusconi è indegna di ricoprire alte cariche. Ma soprattutto dovremo ripartire da cose fondamentali come l’istruzione. Siamo ultimi in Europa sia come quantità di laureati che come qualità».
Poi magari al voto si ripeterà il ’94, quando il Pds contava di vincere e invece…
«Rispetto ad allora, il centrosinistra ha dato prova di capacità di governo. E poi sarà bene non limitarsi a una coalizione troppo piccola e neppure compatta».
Da Letta in giù, i leader del Pd guardano all’Udc. Che però in Sardegna è un pilastro della giunta Cappellacci.
«Problema serio. Su molti temi nazionali siamo d’accordo con l’Udc, il dialogo è naturale: poi non è un dovere allearsi. In Sardegna, le Comunali dimostrano che il centrosinistra può farcela da solo. L’Udc, e altri, devono staccare la spina a Cappellacci perché lui e Berlusconi sono la stessa cosa».
Alle vostre feste non si vedono più grandi folle: segno della difficoltà della politica?
«Siamo un partito nuovo, c’è anche una tradizione nuova delle feste. A Cagliari è andata molto bene, quando vedi 50 ragazzi discutere di università con Luigi Berlinguer hai di che sperare».
Intanto però il Pd sardo è ancora lacerato.
«Spero che la festa, riportandoci alle cose da fare, abbia svelenito un clima pesante, figlio di due congressi di contrapposizione e della condivisione non piena di un’idea di governo».
Come inciderà il fatto che Soru ora sia un po’ in disparte?
«Non lo vedo in disparte, dimostra grande capacità di servizio lavorando in Consiglio e nel partito. Il punto è quel che proporremo ai sardi. Anche al congresso, chi si candiderà dovrà dire come vuole guidare l’Isola».
Forse le due anime del Pd non si sono mai fuse.
«No, il Pd è una scommessa vinta. Ai militanti importa pochissimo delle lotte fuori dal tempo tra dirigenti. Il guaio è che, anche in Sardegna, le tensioni ci riportano alle case di appartenenza, e questo non ha senso».
Lei fa parte di una segreteria nazionale giovane: eppure appare un rinnovamento a metà, di fatto comandano sempre i soliti.
«Il partito ha promosso davvero il rinnovamento, ci ha messo nelle condizioni di provarci. Sta anche ai giovani avere la forza di prendere in mano la situazione».