Riforme, coesione, fiducia. Vietato sbagliare

A otto mesi dall’insediamento della Giunta, ci si può chiedere: Renato Soru e centrosinistra sono partiti col piede giusto? È presto per un giudizio compiuto. Tuttavia, un governo di legislatura determina la qualità della sua azione riformatrice nel primo periodo di attività: entro l’anno occorre impostare le riforme più importanti, alla metà del mandato devono esserne visibili gli effetti positivi. La maggioranza dei sardi ha dimostrato di credere in un progetto di forte cambiamento. Il dibattito politico, specie sul versante del centrosinistra, ha il dovere di interrogarsi sulla capacità di onorare queste aspettative.

Indietro non si torna. Gli elettori che hanno votato Soru e il centrosinistra hanno espresso un giudizio netto: la Sardegna era giunta a un punto di non ritorno. Sistema politico arcaico e ingovernabile; peso eccessivo della politica sull’economia; incapacità di adeguare l’ordinamento regionale al nuovo federalismo competitivo; degenerazione clientelare aliena da ogni meritocrazia, che nell’ultima legislatura di centrodestra ha superato la decenza. Senza contare un’economia in recessione e un’emigrazione in risalita. La Sardegna era ferma, priva di speranza. A questo i sardi hanno detto no, scommettendo su una proposta di rottura. Vinte le elezioni, la maggioranza ha dovuto fare i conti col dissesto delle casse regionali e con la necessità di avviare riforme di sistema in tutti i settori. Un processo che ha trovato nel governo nazionale, non pago di una politica antimeridionalista e di un cospicuo taglio dei trasferimenti, il suo primo oppositore, come dimostrano la legge salvacoste, il Consiglio delle autonomie, le servitù militari.

Le priorità. L’impressione è che la giunta stia provando davvero a sciogliere i nodi che strozzano il sistema. Le stesse, pur legittime, reazioni critiche che talvolta accompagnano le sue iniziative ne danno una conferma indiretta. Sono state affrontate le policies fondamentali per lo sviluppo e la coesione. Con una premessa: le riforme non possono funzionare senza un quadro finanziario coerente, senza risanamento. Partendo dalla riduzione dei fattori di svantaggio competitivo, energia e trasporti anzitutto. Più complesse sono le politiche di sviluppo per far ripartire la macchina, specie sul versante industriale. Un utilizzo intelligente dei Fondi strutturali Ue (dal 2007 saranno significativamente ridotti) può prevedere interventi selettivi capaci di attrarre investimenti di qualità: realtà come Stm in Sicilia e il polo aeronautico in Campania e Puglia sono un esempio interessante. Gli interventi su welfare (politica socio-sanitaria, mercato del lavoro) e capitale umano (istruzione e alta formazione) completano il quadro. L’azione riformatrice deve però essere inquadrata in una cornice istituzionale solida. Primo obiettivo lo Statuto, col quale costruire un nuovo patto con lo Stato, diventare parte del sistema di governo multi-livello europeo, definire il rapporto tra Regione ed enti locali. Dovrebbe essere mantenuta ferma la linea dell’efficienza istituzionale e della democrazia competitiva, adeguando a questi obiettivi il rapporto tra organo legislativo ed esecutivo, i cui compiti rispettivi devono essere distinti con chiarezza. L’esperienza di questi mesi conferma la necessità di migliorare la funzionalità del Consiglio, con una riforma del regolamento che ne renda più veloce, produttiva e trasparente l’attività.

Riforme e fiducia. Un progetto riformista di alto profilo necessita della fiducia della comunità regionale. Su questo versante occorre indirizzare il massimo impegno. C’è un problema di consenso interno: i soggetti politici e sociali che ne condividono gli obiettivi devono essere coinvolti in modo più diretto nel processo di riforma. Occorre poi agire sul consenso esterno. I cittadini comprendono l’impegno di questa maggioranza; dobbiamo però essere consapevoli che si toccano interessi consolidati e sacche di convenienze. È allora fondamentale comunicare di più e meglio l’azione di cambiamento in atto. Obiettivi, tappe, benefici: anche i sacrifici, grandi e piccoli, necessari per far ripartire la Sardegna, saranno accettati con maggiore consapevolezza, saranno energia e non protesta. Ai dirigenti politici e ai cittadini deve essere chiaro che stiamo giocando una partita decisiva per rendere la Sardegna moderna, prospera e giusta. Vietato sbagliare, dunque. Pena un ritorno alla stagione dell’immobilismo e dei privilegi.