Severino: «Scelta giusta». Di Pietro attacca il Colle

Severino: «Scelta giusta». Di Pietro attacca il Colle

Da L’Unità del 17 luglio 2012, di T. Fabiani

La decisione è presa, il Quirinale solleva il conflitto di attribuzione nei confrontivdella Procura di Palermo e il dibattito sulla scelta di Giorgio Napolitano,la sfilata dei pro e dei contro, accompagnano la lunga giornata del Presidente della Repubblica. Napolitano, in un messaggio al Workshop sulla sicurezza globale parla delle nuove tecnologie: «Sono strumenti di progresso e di avanzamento sociale ma non dobbiamo dimenticare che pongono anche insidiose minacce agli Stati, alle loro infrastrutture critiche, alla vita dei cittadini». Il riferimento alle intercettazioni è una deduzione nel corso di una giornata così. Ma dalle nuove tecnologie, da quelle social, arrivano anche altri segnali: le reazioni alla decisione presa dal Quirinale dopo settimane di polemiche scorrono su Twitter. I politici commentano. Enrico Letta, vicesegretario del Pd scrive: «Più che opportuna l`iniziativa del Quirinale. Porterà chiarezza ed eviterà in futuro contraddizioni e pericolosi conflitti tra poteri dello Stato». Dell`opportunità non è invece convinto Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista: «La tutela del ruolo costituzionale non metta la sordina alla necessità di fare piena luce su trattative tra Stato e mafia».

Chi si preoccupa della sordina chi dell`interferenza: l`Idv con un comunicato si schiera «senza se e senza ma al fianco dei magistrati palermitani». Antonio Di Pietro aggiunge «ci auguriamo che nessuno, qualunque carica rivesta, interferisca con l`Autorità Giudiziaria nell`accertamento della verità». E pensare che questa «interferenza», l`iniziativa del Presidente della Repubblica di «chiarire le prerogative dell`istituzione che rappresenta» viene letta dall`Udc e da Pierferdinando Casini come «un atto di responsabilità, che solo gli analfabeti possono fraintendere». Perché «le persone passano ma le istituzioni rimangono ed è necessario che non si creino precedenti che possano inficiare le prerogative del Capo dello Stato» Un analfabetismo istituzionale stigmatizzato anche da Marco Meloni (Pd): «Neppure oggi Antonio Di Pietro si è fatto sfuggire l`occasione per confermare il suo analfabetismo istituzionale e costituzionale suo dovere è stare esclusivamente dalla parte della legge».
Certo dalla parte della legge sta il ministro della Giustizia, Paola Severino che nota come il Presidente abbia «utilizzato il mezzo più corretto tra quelli previsti dal nostro ordinamento per risolvere i problemi interpretativi della legge sulle intercettazioni quando queste abbiano a oggetto conversazioni telefoniche che hanno come interlocutore anche il capo dello Stato». Secondo il ministro la Consulta è «l`organismo più indipendente ed elevato al quale i soggetti costituzionali titolati si possono rivolgere per le problematiche interpretative sulle leggi». Il ministro ha poi ricordato che Napolitano ha citato Einaudi proprio per chiarire «il desiderio di corretta interpretazione» e «non certo per sollevare conflitti politici o polveroni.

L`intervento del capo dello Stato non è stato un intervento a tutela di interessi personali».  A tutelare certi interessi ci pensa invece anche questa volta il Pdl: il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto plaude alla mossa del Quirinale ma ne fa spunto per colpire il procuratore Antonio Ingroia «sempre più politico e meno magistrato» e chiedere come mai «una seria azione disciplinare». Mentre Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo al Senato fa della vicenda un pretesto per rilanciare sulle intercettazioni: «L`iniziativa del presidente Napolitano richiama l`attenzione sull`esigenza di fissare una volta per tutte una disciplina delle garanzie più rigorosa e ineludibile, attraverso una nuova legge sulle intercettazioni». Una speculazione bieca e una proposta «sconcertante» ribattono dal Pd Donatella Ferranti e Laura Garavini: «Non vorremmo che si usi la controversia per tornare ad attaccare le intercettazioni». Non è questo il punto, come ricorda Cesare Mirabelli, Presidente emerito della Corte Costituzionale: se il Presidente della Repubblica, è stato intercettato, queste «intercettazioni dovevano essere distrutte. L`intercettazione indiretta non è tale da poter coinvolgere un organo che ha caratteristiche e prerogative di indipendenza e immunità». Si astiene da interventi e interpretazioni invece l`Anm: il presidente Rodolfo Sabelli non entra nel merito della vicenda, ne fa una questione di «rispetto». Perché «troppe parole fanno male sia alle indagini che ai processi».