Bene controllo costi e riforma Stato, necessari cambiamenti su ricerca, università e servizi ai cittadini
Domani il Partito Democratico avvierà, nelle riunioni della segreteria e dei gruppi parlamentari, il suo esame sul decreto legge sulla revisione e il contenimento della spesa pubblica. È opportuno partire da alcuni punti fermi: l’impatto complessivo degli interventi deve essere mantenuto fermo per evitare l’aumento dell’IVA, che a sua volta rimediava la polpetta avvelenata lasciata in eredità a questo esecutivo da Tremonti, ovvero il taglio di 20 miliardi alle esenzioni fiscali per il welfare. Il processo di revisione del sistema dei costi delle amministrazioni e la razionalizzazione delle ripartizioni amministrative dello Stato, che ha effetti sui comuni, le province e gli uffici governativi, è positiva. In termini generali, il processo di riforma dello Stato, rivolto a ridisegnare il perimetro del settore pubblico e a ridurre la spesa pubblica, è appena all’avvio e deve essere proseguito e intensificato: l’obiettivo è avere amministrazioni innovative e trasparenti, per liberare risorse per la riduzione del carico fiscale, specie sul lavoro, e per indirizzare finalmente gli investimenti nei settori decisivi per lo sviluppo, e sui quali siamo del tutto deficitari, come l’istruzione e la ricerca.
Come è già avvenuto per altri importanti provvedimenti, il PD lavorerà perché in Parlamento il decreto possa essere migliorato, per superare gli aspetti più negativi e contradditori: da un lato occorre modificare le misure che incidono sulle materie più delicate per la tenuta sociale, come la sanità e i servizi di assistenza erogati dagli enti territoriali, e dall’altro occorre non bloccare del tutto l’efficienza della pubblica amministrazione e mantenere un livello adeguato di funzionalità dei settori dell’istruzione e della ricerca, come costantemente sostenuto dal presidente Napolitano e dal governatore Visco. Un esempio: a parità di impatto delle misure di riduzione del personale, maggiore rigore nel limitare la presenza di personale esterno chiamato direttamente dai politici, e immettere da subito, al loro posto, giovani vincitori di concorso che possano portare modernità e efficienza.
Con riferimento alla ricerca, colpisce che il governo, pur salvaguardando le risorse ordinarie per l’università – peraltro già ridotte di quasi il 20% negli ultimi tre anni – abbia adottato una serie di interventi dall’impatto certamente negativo. Tale è la previsione di ridurre in modo del tutto disgiunto da qualsiasi disegno organico di riforma le risorse per gli Enti pubblici di ricerca. Allo stesso modo, consideriamo gli interventi che rendono meno competitiva e aperta l’università l’opposto di quanto sarebbe necessario: ricordiamo che in pochi anni si è avuta una riduzione del corpo docente di oltre il 10%, che il rapporto tra docenti e studenti è inadeguato, che negli ultimi anni il calo delle immatricolazioni, in un Paese che al contrario dovrebbe raddoppiare il numero dei laureati, è in fortissimo calo, e che siamo al terzo posto in Europa per il livello di tassazione studentesca: in questo contesto, bloccare l’immissione di nuovi docenti e consentire l’aumento delle tasse universitarie senza alcun limite e criterio orientativo è privo di qualsiasi logica. Con queste misure non si introducono riforme organiche per gli enti di ricerca, come sarebbe invece opportuno, né risparmi per l’università, ma si rendono solo più asfittici i settori decisivi per la ripresa. Prendiamo atto dell’intendimento del ministro Profumo di sostenere, come noi faremo, una modifica di queste misure, ma soprattutto chiediamo a tutto il governo di operare con più decisione per ritrovare la capacità di orientare al meglio, rispetto alle esigenze di rilancio del Paese, le sue priorità di intervento.