Spunta lo spettro del commissariamento

Due ore di battaglia sull’ordine del giorno regalano la tregua armata poco prima delle 19. Si cerca la mediazione per uscire dal guado ma l’aria bolle, gli spiragli non si vedono. Tutto secondo copione. Il pomeriggio di Tramatza non può diventare il giorno del Pd unito. Antonello Cabras attraversa la sala, affianca il banco della presidenza, si avvicina a Renato Soru. Il tono è perentorio: «Non si può eleggere un segretario a maggioranza, non si può portare avanti un’assemblea in questo modo». Il senatore insiste: «Mi hanno chiesto di ritirare le dimissioni,non ho accettato per dare un segnale di apertura». Attorno ai due grandi avversari del Pd c’è un capannello muto. Soru incassa e chiarisce che lui è pronto a lavorare per allargare il consenso. Ma il lavoro è da chiudere in serata, almeno un candidato segretario deve saltare fuori per forza: «Non si possono dilatare ancora i tempi». Per Cabras il messaggio è nitido, il lunedì di Tramatza non può più garantire fumate bianche che avvicinino i blocchi rivali. Passa qualche minuto e il senatore lascia la sala. Lo seguono Giacomo Spissu, Graziano Milia e altri fedelissimi.

SERATA DI FUOCO. Manca pochissimo alle venti, sta per scadere il termine per presentare candidature. Gli sguardi sono incerti, nessuno si fa avanti. Qualche colomba ci spera, potrebbe essere la strada per rimandare tutto a oggi. Qualche falco confida addirittura in qualcosa di più: riunione chiusa e tutto da rifare. Ma il presidente dell’assemblea Roberto Deriu afferra il microfono: «La scadenza è prorogata fino alle 21». Il segnale scuote l’aula: «Sta per succedere qualcosa», sussurra un consigliere regionale. Basta un attimo. Francesca Barracciu si avvicina alla presidenza, si siede proprio accanto a Deriu. Parlano per qualche minuto, si intravede l’accordo. Poi il sindaco di Sorgono si sposta in un angolo. Stavolta parla con Giuseppe Luigi Cucca. Sorrisi. Il cerchio è chiuso. «Ha accettato». Il tam tam rimbalza tra le poltroncine di Tramatza. Tore Ladu sospira: l’operazione è sua (con l’avallo di Antonello Soro), in un modo o nell’altro si va avanti con il marchio dei leader Dl. Soru ci sta ma teme i numeri: la scalata verso quota 78 (voti) è un rischio con un partito così frantumato.

LO STRAPPO. Cabras scopre tutto mentre corre verso Cagliari. Stenta a crederci. In un attimo Francesca Barracciu spezza il legame politico con il segretario dimissionario: «Qualcuno si sarà arrabbiato, ma a quarantadue anni so bene quando è il momento di assumermi le responsabilità. Mi metto al servizio del partito». Alle 20.56 Deriu torna al microfono e annuncia: «Mancano quattro minuti alla scadenza dei termini e abbiamo una candidatura». Ma c’è ancora il tempo per un altro colpo di teatro: Peppino Pirisi (vicino a Siro Marrocu, contrario al blitz Barracciu) si precipita verso la presidenza: «Presento la mia candidatura, anch’io mi metto al servizio del partito». L’intento è provocatorio, forse serve a rimestare un po’ le acque: «Vuole tre cariche la Barracciu, che è già sindaco e consigliere regionale», dice tagliente. «Io punto solo alla seconda». Di sicuro è il segnale che il Pd resta spaccato, con tre gruppi forti (Cabras, Marrocu, Fadda) contrarissimi all’operazione Barracciu e con l’incognita di molti altri Ds che potrebbero chiamarsi fuori dalla rotta tracciata sull’asse Ladu-Soro. L’ultima comunicazione di Deriu lascia un filo sottilissimo di speranza alle diplomazie delle correnti Pd. «C’è tempo sino alle 15» di oggi «per presentare altre candidature». Giochi aperti ma un copione che difficilmente potrà far scoppiare la pace nel giro di poche ore. La nuova segreteria prenderà forma solo a colpi di maggioranza. E i numeri non sono rassicuranti per nessuno. La catastrofe commissariamento è ormai più di un’eventualità.