Stabilizzazioni in Sardegna, avanti tutta: mille leggine per aggirare la legge?

Stabilizzazioni in Sardegna, avanti tutta: mille leggine per aggirare la legge?

Prima quella “famigerata” del 12 giugno, passata alle cronache più che altro per la controversa vicenda dell’emendamento che ridetermina i compensi dei consiglieri regionali in seguito al referendum di maggio (che dovrebbe concludersi la prossima settimana, e sarà chiaro che i tagli ci saranno, e saranno incisivi), e poi ancora ieri, due sedute conclusesi in tarda serata segnano l’ennesima puntata del tentativo del Consiglio regionale della Sardegna di “continuare come se niente fosse”: stabilizzazioni, stabilizzazioni, stabilizzazioni. Non sia mai che si possa diventare dipendenti della Regione o degli enti locali della Sardegna con un regolare concorso pubblico!

Districarsi tra la miriade di leggi e leggine approvate, dopo l’art. 36 della legge regionale 2/2007 (norma che votai solo per disciplina di partito, intervenendo in Aula per dichiarare la mia contrarietà nel merito, ma che almeno all’epoca non venne dichiarata incostituzionale), a partire dall’inizio di questa legislatura, richiede un dispendio di energie e di tempo degno di miglior causa. Ma proviamoci, anche perché la maggior parte di quelle norme sono già state dichiarate incostituzionali, ed è veramente incredibile che l’impegno del legislatore (e della Giunta) regionale sembri rivolto, anziché ad approvare disposizioni costituzionalmente legittime per consentire che gli ingressi nelle pubbliche amministrazioni si svolgano attraverso concorsi pubblici aperti a tutti, esclusivamente ad aggirare la Costituzione, le leggi, le sentenze della Corte costituzionale.

Ma veniamo alla cronaca. Il 12 giugno sono state approvate in materia di personale della Regione tre norme:

  1. Una norma (art. 1) esclude dal computo del limite stabilito dall’art. 3 comma 1 della Legge regionale 3/2009 (“Al fine del superamento delle forme di lavoro precario nella pubblica amministrazione regionale [no comment] a far data dall’entrata in vigore della presente legge, la Regione, gli enti e le agenzie regionali possono procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, esclusivamente per motivate esigenze straordinarie ed entro la misura massima del 3 per cento delle proprie dotazioni organiche; le assunzioni avvengono sulla base di forme pubbliche di selezione, privilegiando quelle per soli titoli. Le assunzioni non costituiscono in alcun modo presupposto per l’ingresso nei ruoli a tempo indeterminato. I provvedimenti di assunzione in violazione dei limiti previsti sono nulli e determinano la responsabilità contabile di chi li ha posti in essere. Gli stessi provvedimenti sono immediatamente notificati alle competenti autorità di controllo.”) “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa che vengono instaurati per lo svolgimento di attività finanziate con fondi statali e comunitari”.  Domanda: quante e quali sono le attività finanziate con fondi di tale natura? La Giunta Regionale, nella relazione al DDL 327/A, sostiene che la ragione di tale intervento sia la “difficoltà nell’attuazione di progetti comunitari e statali a finanziamento UE e FAS”. A parte che proprio per “esigenze straordinarie” legate alla gestione di progetti del genere si era individuata la possibilità di ricorrere (entro limiti precisi) a professionalità esterne, e che il legislatore nazionale ha confermato (ad es. nel DL 78/2010, art. 9 comma 28, che vincola anche le Regioni speciali) l’obiettivo di contenere il ricorso a contratti di questa natura, viene naturale interrogarsi anche sul rispetto del requisito delle forme pubbliche di selezione. Vigilare, vigilare, vigilare.
  2. Un’altra norma (art. 3) sembra volersi sostituire al giudice, e riguarda un concorso per dirigenti regionali. Leggiamo: “Le riserve aventi ad oggetto il possesso dei requisiti per l’accesso alla dirigenza contenute nella graduatoria definitiva del concorso per n. 57 dirigenti approvata con determinazione N.P. 19691/482 dell’8 luglio 2011 sono risolte positivamente qualora gli interessati siano in possesso dei requisiti per l’accesso previsti dall’articolo 32 della legge regionale 13 novembre 1998, n. 31 (Disciplina del personale regionale e dell’organizzazione degli uffici della Regione”. Sembrerebbe che i requisiti per partecipare a un concorso del 2009, che evidentemente era dubbio fossero in possesso di qualche candidato “ammesso con riserva”, siano “rideterminati” facendo riferimento alla L. R. 31/98. Mah.
  3. La terza norma (art. 4) afferma che “ai fini degli inquadramenti di cui all’articolo 36, comma 2, della legge regionale 29 maggio 2007, n. 2 (legge finanziaria 2007), sono comprese le selezioni di figure professionali destinate alle attività di assistenza tecnica nella gestione e attuazione del Programma operativo nazionale 2000-2006 – Pon Atas (misure 1.1., 1.2 e 2.2) e dell’Accordo di programma quadro – APQ – rivolte ai soggetti preselezionati nell’ambito dei medesimi programmi”. Leggiamo meglio, alla luce dell’art. 36 della Legge regionale 2/2007. Esso si applica ai “lavoratori precari assunti con contratto di lavoro a termine, o con forme contrattuali flessibili o atipiche, dall’Amministrazione regionale, dagli enti o dalle agenzie regionali rientranti (…) nel comparto di contrattazione regionale di cui alla legge regionale n. 31 del 1998” che all’entrata in vigore della legge (termine costantemente prorogato, da ultimo dall’art. art. 6 comma 2 della L.R. 16/2011) avessero compiuto “attività per almeno trenta mesi, anche non continuativi, nell’ultimo quinquennio”. L’art. 36 stabiliva poi che le procedure di stabilizzazione potessero avvenire in due modi: a) “il personale, il cui rapporto di lavoro sia stato instaurato sulle base di procedure selettive di natura concorsuale, è stabilizzato a domanda”; b) il restante personale (…) è sottoposto a prove selettive concorsuali pubbliche, con il riconoscimento di una premialità riferita al servizio prestato sulla base della legislazione vigente in materia”. Qui la domanda è la seguente: la selezione delle figure professionali per le attività di assistenza tecnica richiamate come è avvenuta? Per “procedure selettive di natura concorsuale” o no? La legge non lo dice. Contribuisce all’individuazione della risposta un’altra normetta-capolavoro, approvata ieri senza che sia stato disposto lo scrutinio elettronico palese, e rispetto alla quale avrei voluto potesse risultare dai resoconti della votazione la mia contrarietà: oltre ai soggetti inseriti in quei programmi, la stabilizzazione (si ritiene “a domanda”, a questo punto) si estende alle “selezioni effettuate con modalità analoghe attestate dai relativi dirigenti di servizio o generali per le figure professionali aventi i requisiti dei 30 mesi maturati entro i termini stabiliti dal comma 2 dell’art. 6 della L. R. 16/2011”. A parte che non è chiaro perché sia necessaria questa precisazione, in quanto per loro natura le “selezioni pubbliche di natura concorsuale” dovrebbero essere un dato di fatto, rinvenibile oggettivamente e non per attestazione di un dirigente, credo sia necessario appurare se la proroga di una norma che nel 2007 non fu considerata incostituzionale, non sia invece, nel 2012, incostituzionale essa stessa. Infatti la sentenza della Corte n. 30/2012, nel dichiarare l’illegittimità di una serie di disposizioni della L.R. 1/2011 (e indirettamente della L. R. 12/2011), fa esplicito riferimento a una norma successiva, ossia l’art. 17, comma 10, del decreto-legge n. 78/2009 (che costituisce un vincolo legislativo derivante dal rispetto dei principi di coordinamento della finanza pubblica anche per le Regioni a Statuto speciale), dal cui dettato si rileva che “diversamente da quella regionale, la disposizione statale non prevede la stabilizzazione pura e semplice (ancorché previa selezione attitudinale) ma esclusivamente l’assunzione a seguito dell’espletamento del pubblico concorso con riserva di posti (…)”. Facile prevedere che anche questa norma possa essere considerata incostituzionale, come già avvenuto per le L.R. n. 3/2009 (art. 3, commi 2,3,12, sentenza Corte Costituzionale n. 235/2010) e n. 1/2011 (art. 3 e art. 7, commi 1,2,3, sentenza Corte Costituzionale n. 30/2012). Mi è dispiaciuto constatare che il primo firmatario di questo emendamento sia il Capogruppo del Partito Democratico, nonostante a partire dal 2011 (in particolare nel voto sull’art. 20 della Legge 12/2011, che modificava, senza sanarne i vizi di costituzionalità la L.R. 1/2011) si sia affermata una posizione univoca del gruppo PD finalizzata a non avallare stabilizzazioni generalizzate e soprattutto inutili in quanto illegittime, e l’intero gruppo abbia sottoscritto la proposta di legge, di cui sono primo firmatario (che ancora attende l’esame della Commissione consiliare competente), finalizzata al superamento del precariato attraverso la regolare indizione di concorsi pubblici.

Nel frattempo nulla si sa delle intenzioni della Giunta per risolvere il problema della procedure di stabilizzazione presso gli Enti locali (la mia interrogazione del 2 maggio scorso è ancora senza risposta), e continua incredibilmente a rimanere secretato il contenuto della Delibera n. 20/23 del 15 maggio 2012 (“L.R. n. 2/2007, art. 36 e L.R. n. 3/2009, art. 3, comma 5. Aggiornamento del piano per il superamento del precariato. Integrazioni alla Delib.G.R. n. 6/19 del 12.2.2010.”), come si può rilevare dal sito internet contenente le delibere adottate dalla Giunta regionale in quella giornata. Ne ho trovato traccia nel sito internet del consigliere comunale di Cagliari Enrico Lobina, che si batte meritoriamente per portare un po’ di trasparenza nell’oscura pagina delle modalità di accesso agli impieghi pubblici in Sardegna.
Parte di questi argomenti avrei voluto sostenerli ieri nell’Aula del Consiglio regionale, anche per dar conto di un errore materiale, in relazione al quale ho votato a favore di un emendamento che dispone, senza alcuna valutazione sull’opportunità da un punto di vista dell’organizzazione delle amministrazioni coinvolte, la proroga di tutti i contratti a termine (non solo di quelli relativi al personale dei Centri servizi per il lavoro, dei Centri servizi inserimento lavorativo e delle agenzie di sviluppo locale, ma anche “ai casi di raggiungimento dei 36 mesi di lavoro subordinato maturato dai soggetti aventi titolo alla assunzione”) che non siano stati rinnovati dalle province sarde soppresse in seguito all’esito del referendum. Purtroppo la presidente del Consiglio non mi ha consentito di intervenire sostenendo che non mi fossi iscritto a parlare prima dell’apertura della votazione sulla legge (secondo me commettendo un errore, in quanto tale votazione è stata aperta senza che venisse richiesto, come d’abitudine, se qualche consigliere intendesse intervenire per dichiarazione di voto).

L’auspicio è che questi argomenti continuino ad animare la consapevolezza dell’assoluta insensatezza di questo modo di procedere, pasticciato e oscuro, e della necessità di stabilire procedure trasparenti e aperte per l’accesso all’impiego nelle amministrazioni pubbliche della Sardegna. Per parte mia credo sia necessario spingere tutti a vigilare sulla corretta attuazione delle norme che comunque impongono all’Amministrazione regionale procedure trasparenti per l’assegnazione di qualsiasi incarico di natura temporanea, e segnalare ai competenti uffici del governo un esame attento della legittimità costituzionale delle norme adottate, anche nelle ultime settimane, dal Consiglio regionale della Sardegna.