Troppe differenze tra atenei, a rimetterci sono i migliori

Troppe differenze tra atenei, a rimetterci sono i migliori

di Valeria Melloni, da Quotidiano Nazionale (Il Giorno- Il Resto del Carlino – La Nazione) del 25 luglio 2015

L’INTERVISTA. Il deputato Marco Meloni aveva presentato l’emendamento sul prestigio delle Università.

DOPPIA retromarcia: malgrado le classifiche e i dati sulle università italiane sembrino dare ragione al sistema ‘pesa-atenei’, il deputato dem Marco Meloni non intende riesumare il suo emendamento al ddl Madia sulla Pubblica Amministrazione. Anzi, se possibile, conferma il dietrofront.

Onorevole Meloni, la classifica del Censis e i dati Almalaurea sono una conferma allo’emendamento sul diverso ‘peso’ degli atenei?

<<No, perché l’emendamento, nella sua forma originaria, era partito come una semplice abolizione del voto minimo di laurea per accedere ai concorsi pubblici, ed è questo il concetto che deve rimanere. La versione che ha suscitato tante polemiche prevedeva di parametrare il voto di laurea ad alcuni criteri, tra cui il tipo e la qualità dell’Università frequentata. Purtroppo non è passato il concetto di base: premiare le capacità e la preparazione degli studenti in vista di un sistema concorsuale moderno ed efficiente>>

I dati però parlano chiaro: ci sono davvero università di serie A e di serie B?

<< É ormai noto che le facoltà più scientifiche e pratiche portano a un livello occupazionale migliore, ma questi dati evidenziano quelle che sono le grandi emergenze del sistema universitario, ovvero l’orientamento, l’uniformità del diritto allo studio e la distribuzione delle risorse. Visto il contesto e la necessità di affrontare il discorso in altre sedie a livello più ampio, abbiamo preferito ritirare e modificare l’emendamento>>.

In che senso?

<<Mi spiego: l’emendamento conteneva un elemento di verità, cioè che le università italiane sono differenti per qualità di istruzione e prospettive lavorative. Mancano però le capacità di orientare le risorse a chi ne ha davvero bisogno, sia in termini di fondi agli atenei, sia come possibilità per gli studenti di scegliere davvero l’università che fa per loro, anche quando è a 400 chilometri di distanza da casa. In un contesto così poco coeso e uniforme, nonché segnato da un enorme divario tra Nord e Sud, l’emendamento avrebbe spaccato in due un Paese già diviso. Abbiamo quindi preferito concentrarci su un sistema concorsuale più trasparente e trasversale, aprendo ad esempio tutti i concorsi (tranne alcune eccezioni, come quelli per il personale medico) a tutti i laureati, senza sbarramenti per tipologia di facoltà e più rivolto alle reali capacità pratiche dei candidati per premiare i più preparati>>.

Ma in questo contesto la laurea vale ancora qualcosa?

<<Sì, e queste statistiche lo dimostrano: laurearsi non è solo utile ma necessario: i livelli di occupazione sono indubbiamente più alti nel medio e nel lungo periodo. Certo, la laurea vale meno se non è scelta con sufficiente attenzione>>.

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