Università da Gelmini solo nuovi tagli e vecchie bugie

Dalla Gelmini solo nuovi tagli e vecchie bugie. Politica e università siano all’altezza delle loro responsabilità.

Nuovi tagli a un sistema in ginocchio, le abituali bugie, sfrontate provocazioni. Sono questi i punti essenziali dell’intervista rilasciata oggi da Mariastella Gelmini a “la Repubblica”.

Primo, le risorse: non esistono, chiarisce una volta per tutte il ministro. Ciò significa che, al contrario di quanto lei afferma, nel 2012 i finanziamenti ordinari per l’università verranno ulteriormente ridotti. Un taglio del 5,5% (quasi 400 milioni), che si somma al 7,5% del biennio precedente, e che – per riprendere le espressioni dell’abitualmente prudentissima Conferenza dei Rettori – “de facto comporterà il blocco di alcuni fondamentali servizi strategici forniti dal sistema delle Università italiane, con danni incalcolabili per l’utenza studentesca, per l’offerta di istruzione pubblica, per la ricerca”. Una conferma del fatto che il governo fa cadere nel vuoto gli appelli, anche recenti, del Capo dello Stato, e non mantiene neppure su questo terreno le promesse – risorse sufficienti, perlomeno, ad attenuare i tagli già previsti – con cui lo scorso anno convinse la maggioranza delle forze parlamentari e una parte significativa del mondo accademico ad accettare questa disastrosa “riforma”.

Secondo, le abituali bugie: è falso affermare che ci siano nuove risorse per il diritto allo studio. Se quanto affermato dalla Gelmini verrà mantenuto, infatti, nel 2012 il contributo statale sarà semplicemente mantenuto allo stesso livello del 2011, dato che i “100 milioni” di cui parla il ministro porterebbero il totale a 126, esattamente come quest’anno. È il caso di richiamare qualche dato emblematico: le risorse statali per il diritto allo studio nel 2009 erano pari a 246 milioni di euro; da allora i trasferimenti alle Regioni – che hanno competenza in materia, e provvedono anche con loro risorse – hanno subito tagli per miliardi di euro; per il 2013 la brillante programmazione governativa mette a bilancio 13 (tredici) milioni di euro. Anche nel momento in cui investivamo di più (il 2009), peraltro, gli studenti coperti da borse in Italia erano appena il 30% rispetto a Germania e Francia, dove la percentuale dei borsisti negli ultimi tre anni (2007-2010) è ulteriormente salita (+10 e +20%, rispettivamente), mentre da noi ovviamente è calata (- 4%). A proposito di politiche a favore dei giovani.

Terzo, le provocazioni: un ministro che lo scorso dicembre si è rifiutata anche solo di incontrare studenti e ricercatori – i quali solo al Quirinale, chiamati a confronto dal Capo dello Stato, ebbero modo di esprimere le ragioni che portavano decine di migliaia di loro a manifestare pacificamente nelle strade, nelle piazze, sui tetti degli Atenei – dovrebbe vergognarsi e tacere. Come, del resto, ha taciuto in questi anni, nei quali è stata zelante esecutrice di un disegno – che è ragionevole dubitare abbia compreso fino in fondo – di dequalificazione e ridimensionamento del sistema dell’istruzione italiana, scolastica e universitaria. E tace ancora ora, mentre in ciò che rimane del governo si ragiona di come utilizzare i 4 miliardi dell’asta della rete di telefonia mobile 4G.

I giovani temono come non mai per il loro futuro, e per queste ragioni – la mobilità sociale, uno sviluppo sostenibile e armonioso, una società più giusta: temi “più grandi di lei”, ci dice in un sussulto di consapevolezza il ministro – nelle prossime settimane faranno sentire la loro voce. Con loro saranno tutti quelli che vedono nella conoscenza l’unica via per riprendere il cammino della crescita. La realtà è che i “temi più grandi” non possono essere affidati alle trattative e alle risate sulla disattenzione del ministro dell’Economia per la ricerca: il futuro dell’Italia merita rispetto, e non questa stucchevole telenovela sul rapporto tra i ministri, che va in onda dall’inizio del governo.

In questo momento drammatico per il nostro Paese, anche l’Università è attesa da settimane che si preannunciano cariche di difficoltà. Guardiamo in faccia i fatti. La “riforma epocale” della Gelmini ha prodotto, finora, solo due anni di blocco assoluto delle nostre università: non si vede traccia del completamento degli atti attuativi – sono stati pubblicati 10 decreti sulla cinquantina previsti, la Gelmini aveva garantito tutti i provvedimenti entro luglio – né dei concorsi per nuovi professori associati (inizialmente dovevano essere 9000, sono diventati 1500, che ora saranno riservati agli idonei di vecchi concorsi; cari ricercatori, ripassate la prossima volta, dice il ministro). I dottorati di ricerca senza borse di studio rischiano di essere la regola (la meritocrazia del governo vale solo per chi se la può permettere); gli insegnamenti continueranno ad essere affidati a ricercatori, strutturati o precari, senza compensi o con compensi risibili, in violazione di specifiche norme inserite nella legge Gelmini su proposta del PD (si dice che ora mancano le norme di attuazione: fatta la legge, trovato l’inganno).

In questo quadro l’impegno delle forze politiche che si sono opposte al disegno di smantellamento dell’università e che si candidano a ridare autorevolezza e qualità al sistema dell’istruzione è necessario ma non è sufficiente. A esso deve affiancarsi la voce di chi ha maggiori responsabilità nelle comunità accademiche e nell’opinione pubblica, che speriamo di udire più forte e più chiara di quanto non sia accaduto lo scorso anno, mentre si approvava questa legge – è bene ripeterlo – disastrosa. Facciamo un appello a tutti loro: non tacete. Non consentite – anche a tutela dei diritti dei ricercatori, delle esigenze degli studenti, della qualità delle Università – che i corsi siano affidati a docenti a titolo gratuito o quasi; affiancate alle proteste degli studenti e dei ricercatori, previste per le prossime settimane, la vostra denuncia, le vostre idee e le vostre proposte. Perché l’Università sia protagonista del suo riscatto, in un momento nel quale il Paese si rende finalmente conto che solo l’istruzione potrà portarci fuori dal pantano e dare energia, prospettive e speranze alle giovani generazioni.