Voto di laurea nei concorsi pubblici: un chiarimento e una proposta

Voto di laurea nei concorsi pubblici: un chiarimento e una proposta

Con riferimento all’emendamento relativo al voto minimo di laurea quale requisito di ammissione ai concorsi pubblici, approvato dalla Commissione Affari costituzionali della Camera dei Deputati nella seduta di ieri, ritengo opportuno precisare che la mia originaria proposta emendativa prevedeva semplicemente l’abolizione del voto minimo di laurea quale filtro per la partecipazione ai concorsi pubblici.

Ciò sia in ragione sia della previsione – in altri miei emendamenti approvati ieri– di meccanismi concorsuali più moderni ed efficienti, sia della effettiva disparità di valutazioni tra classi di laurea omogenee nei diversi atenei. Il filtro selettivo verrebbe così lasciato interamente ai concorsi pubblici.

Successivamente, nell’ambito di una riformulazione dell’emendamento presentata dal relatore del provvedimento d’intesa col governo, si è introdotto un criterio di delega rivolto a valutare il voto minimo di laurea in relazione a due parametri, da precisare comunque in sede di decretazione delegata: uno, forse eccessivamente ampio e tale da definire una differenziazione tra atenei,relativo a “fattori inerenti all’istituzione”, e un altro, certamente più chiaro e condivisibile, relativo al voto medio di laurea di “classi omogenee di studenti”.

Credo sia opportuno, a questo punto, un supplemento di riflessione:se il governo e la maggioranza intendono mantenere questa impostazione, è necessario definire con maggiore dettaglio il criterio di delega e le intenzioni del governo sulla sua specificazione nel successivo decreto. In alternativa, ritengo che tornare alla mia proposta originaria possa consentire di raggiungere ugualmente un risultato positivo: del resto i meccanismi di gestione dei concorsi individuati da altri emendamenti approvati ieri consentono ampiamente di realizzare in quella sede gli adeguati filtri selettivi.