La fuga dei cervelli, un ritratto dell’Italia

La fuga dei cervelli, un ritratto dell’Italia

Da molti anni in Italia si parla di fuga dei cervelli. Il problema rientra nelle più ampie dinamiche strategiche della società della conoscenza e nella necessità di investire politicamente ed economicamente sulle regole e sulle risorse umane. La fuga dei cervelli mette in luce i nodi irrisolti dello sviluppo italiano e ci ricorda che è sempre più urgente ragionare sugli strumenti – legislativi e culturali – per invertire un pesante giudizio sul sistema-Italia, che non viene pronunciato dalle agenzie di rating, ma da due distinte categorie di studenti: da una parte, gli studenti che lasciano il Paese per la specializzazione dopo aver ottenuto una buona formazione di base in Italia; dall’altra, gli studenti stranieri che non si recano nelle nostre università.

Se lo spostamento dei cervelli è naturale, perché la mobilità è una caratteristica fondamentale della scienza e delle comunità dei ricercatori, la nostra attenzione si deve spostare alle misure di intervento per riportare l’Italia al centro delle reti internazionali della conoscenza, e quindi rendere il Paese il nodo di una più ampia circolazione dei cervelli.

Sul tema, che a breve costituirà oggetto di un pacchetto di proposte del Partito Democratico per la circolazione degli studenti e dei ricercatori, che stiamo elaborando in seguito all’incontro di Italia110 a Bruxelles, ho scritto un breve saggio per il volume Arel/Il Mulino “Giovani senza futuro?”, a cura di Carlo Dell’Aringa e Tiziano Treu, presentato ieri in un convegno alla Camera dei deputati al quale hanno partecipato Enrico Letta, Elsa Fornero,  Raffaele Bonanni e Marco Venturi.

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