Sa Die de Sa Sardinia 2024 | Il mio intervento in Consiglio Regionale
L’intervento e il saluto del Senatore Marco Meloni, Questore del Senato della Repubblica e delegato del Presidente del Senato in occasione delle celebrazioni per “Sa Die de sa Sardinia” in Consiglio Regionale.
Cagliari, 28 aprile 2024
Signor presidente del Consiglio Regionale, Onorevole Piero Comandini, signora Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, onorevole Alessandra Todde, onorevoli Consigliere e Consiglieri regionali, componenti della Giunta regionale, Autorità civili, militari e religiose, rappresentanti della società civile e delle realtà studentesche e giovanili della Sardegna,
è per me un grande onore intervenire – porgendo un indirizzo di saluto in rappresentanza del Senato della Repubblica e del suo Presidente – nell’Aula nella quale risiede, per il tramite dei suoi rappresentanti, la volontà democratica del Popolo Sardo.
Lo è a maggior ragione in questa occasione solenne che la sua stessa legge istitutiva definisce, appunto, la giornata del popolo sardo, “Sa Die de sa Sardinia”.
È un invito al quale attribuisco un forte significato istituzionale, e per il quale porgo un sentito ringraziamento al Presidente del Consiglio regionale.
Per me è anche un’emozione profonda intervenire qui, in quest’Aula nella quale entravo quasi 20 anni fa, chiamato a svolgere quello che considero il più alto dei compiti per un cittadino sardo, ovvero rappresentare il nostro popolo nella sua massima istituzione autonomistica.
La giornata di oggi, come è noto, richiama un episodio storico cardine della “Sarda Rivoluzione”, ovvero lo “scommiato”, l’allontanamento forzoso dei piemontesi, compreso il viceré, dalla città di Cagliari, a seguito di una rivolta che coinvolse una larga partecipazione popolare. Era il 28 aprile 1794, esattamente 230 anni fa. Il senso che questa ricorrenza riveste per noi Sardi – nella storia della Sardegna e nella riflessione sull’identità del popolo sardo, sul legame tra popolo e istituzioni, sull’autonomia politica e istituzionale della nostra Isola – è stato richiamato con autorevolezza dal Presidente Comandini. Certamente verrà approfondito dai successivi interventi in programma, in particolare dalla Presidente Todde.
Dunque, io mi limiterò ad alcune brevi considerazioni sulle lezioni che possiamo trarre da quell’episodio, sui temi più contingenti del rapporto tra Regione e istituzioni nazionali ed europee, e sui giovani, ai quali questa giornata è dedicata.
La vicenda del 28 aprile e della “Sarda Rivoluzione” ci lascia degli insegnamenti tanto positivi quanto negativi. Positiva la capacità di stare dentro il flusso della storia europea di quell’epoca; erano gli anni dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese e dei legami delle élite locali con quelle europee. Positiva l’unità di intenti e di ideali che emerse tra intellettuali, ceti dirigenti, partecipazione popolare. Uno spirito di genuina coesione che tuttavia – e vengo a una notazione negativa – dopo quella straordinaria giornata si consumò in una rapida “disunione”, con il prevalere di interessi di ceto e di potere che condussero a un esito opposto rispetto alle premesse. Quando, infatti, le questioni alla base della rivolta – le “cinque domande” – furono accolte dalla dinastia regnante sulla Sardegna, i gruppi dirigenti sardi che avevano prevalso ne erano ormai sostanzialmente disinteressati. Dunque, prima un momento di unità e una affermazione di forza; subito dopo frammentazione e divisioni, originate da un conflitto tra interessi diversi, ad esito del quale la parte che prevalse trattava direttamente con la potenza occupante. Infine, in quella vicenda vennero piantati i primi semi culturali e politici dell’autogoverno, che un circa un secolo e mezzo più tardi avrebbero portato alla rivendicazione dell’autonomia attuata nel quadro costituzionale repubblicano con lo Statuto speciale, e successivamente alle idee sull’autodeterminazione e sulla sovranità, che oggi trovano spazio nell’elaborazione intellettuale, nei programmi e nelle soggettività politiche che si cimentano nell’agone democratico.
Vorrei ora richiamare un secondo aspetto, che riguarda più l’attuale contingenza. L’affermarsi, da oltre un trentennio, di forze regionaliste che hanno radici ed esprimono rivendicazioni presenti principalmente nelle aree più ricche del paese, deve indurre la Sardegna ad avere una propria strategia, di difesa dei propri interessi e di ridefinizione della propria specialità, all’altezza dei processi di riforma del rapporto tra Stato e Regioni attualmente all’esame del Parlamento. Può farlo, possiamo farlo, potendo contare su una recente, e assai importante, conquista: l’inserimento nella Costituzione del principio di insularità, che si deve grandemente proprio a una mobilitazione vasta e unitaria della società, della politica, della cultura sarda.
Il principio di insularità può essere una chiave attraverso la quale riaffermare, in termini sia di norme sia di risorse, la necessaria equiparazione dei diritti tra i cittadini, le imprese, i lavoratori e le lavoratrici della Sardegna e quelli del resto d’Italia e d’Europa, in materie fondamentali quali l’istruzione, la salute, le infrastrutture fisiche e sociali, l’energia e la competitività del sistema produttivo, il diritto alla mobilità e dunque la continuità territoriale. Affermazioni e obiettivi che si devono confrontare con alcune evidenze: primo, il PIL della Sardegna dal 1993 al 2022 è cresciuto dell’8,6%, mentre quello nazionale del 22,3%; quindi, i divari sono aumentati, anziché diminuire. Secondo, da qualche anno la Sardegna è entrata nuovamente a far parte delle regioni con maggiore ritardo di sviluppo d’Europa. Terzo, la Sardegna è agli ultimi posti in Europa per abbandono scolastico, e normalmente tra le ultime regioni in Italia nei diversi indicatori in campo sanitario.
Si tratta di questioni che possono essere affrontate nella legislazione nazionale, così come in quella europea, e che richiedono chiarezza di visione e capacità di esercitare un confronto alla pari con lo Stato. Questioni che trovano comunque la principale sede di confronto ed elaborazione nel Parlamento repubblicano. Per questo ritengo sia simbolicamente molto importante, e anche coraggiosa, la scelta del Presidente Comandini di invitare a intervenire in questa giornata solenne, credo per la prima volta, un rappresentante del Parlamento.
Nel dialogo, nel confronto anche serrato, nel pluralismo politico, sociale e territoriale che costituisce l’essenza dell’istituzione parlamentare, si possono individuare, rivendicare e ottenere le maggiori forme di autonomia e autodeterminazione richieste democraticamente dai cittadini per mezzo dei loro rappresentanti; ovvero voi, onorevoli componenti di questo Consiglio regionale.
Voglio concludere rivolgendo un pensiero ai giovani, ai quali, come accennavo, questa giornata è dedicata. Ho richiamato i dati drammatici sul livello di istruzione. Del resto, conosciamo le difficoltà degli adolescenti e dei giovani di tutto il nostro Paese. Una condizione di disagio, materiale ed emotivo, che preoccupa in particolare sotto il profilo della salute mentale. Allo stesso tempo conosciamo bene – e lo dico anche per la mia esperienza professionale – la ricchezza di interessi, la curiosità e la freschezza intellettuale delle ragazze e dei ragazzi, la loro capacità di apprendere e soprattutto di capire. Un esempio su tutti: la preoccupazione sull’ambiente e il futuro del Pianeta che noi delle generazioni precedenti fatichiamo ad abbracciare con la loro stessa consapevolezza.
In Sardegna troppi giovani sono privati di una libertà fondamentale, quella che in fondo le precede tutte: quella di scegliere come, dove e quando costruire la propria vita. Costretti, spesso, tra una nuova necessità di emigrare per poter lavorare e la difficoltà di costruire la propria vita dove preferiscono, nel loro paese, nella loro città, in quella che scelgono. Dentro o fuori la Sardegna, eventualmente anche dentro e fuori la Sardegna, ma in ogni caso liberamente.
A ben vedere, la libertà di poter studiare e lavorare in Sardegna o altrove, e la nostra capacità di accogliere studenti e lavoratori, sono due facce della stessa medaglia: richiedono il miglioramento di molte condizioni di contesto, a partire dalle infrastrutture fisiche e sociali e dal diritto alla mobilità, e impongono un costante investimento, lo ripeto, nel percorso formativo dei giovani e di tutte le persone, a partire dalla Scuola e dalle nostre università.
La storia ha ripreso a correre. L’Europa è attraversata da minacce geopolitiche inedite e sconvolgenti, dal ritorno della guerra all’emersione di tecnologie che ne mettono in discussione la competitività e la coesione. Pace, competitività e coesione, in altri termini le fondamenta della casa europea e del suo modello sociale, edificate a partire dal secondo dopoguerra del secolo scorso, sono messe fortemente in discussione. Solitamente i rapporti di studio delle istituzioni europee sul futuro del processo di integrazione – mi riferisco a quelli affidati a due italiani, Enrico Letta e Mario Draghi – preludono a cambiamenti nel quadro istituzionale e in quello economico-sociale.
Anche a livello nazionale, come dicevo, è in corso di esame parlamentare un processo di revisione dell’assetto istituzionale, che riguarda sia la forma di governo sia il rapporto Stato-Regioni.
Perché questi potenti processi di riforma siano occasione di miglioramento e rafforzamento della condizione della nostra Isola, perché siano accompagnati dalle opportune revisioni degli strumenti di rango costituzionale e legislativo che sono alla base del funzionamento delle nostre Istituzioni regionali, sarà necessario – ed è questo l’auspicio che rivolgo a questo consesso – individuare anzitutto un adeguato sistema di confronto e relazione coi diversi livelli istituzionali coinvolti e ancor più, da parte delle istituzioni democratiche della Sardegna, la capacità di distinguere tra idee, programmi e valori oggetto del naturale conflitto politico e questioni sulle quali trovare quell’unità che corrisponde all’interesse generale del Popolo Sardo.
Auguri, bona die de sa Sardigna a tuttus!