Autonomia differenziata: a rischio c’è l’unità della Repubblica. Il mio intervento in Aula al Senato

Autonomia differenziata: a rischio c’è l’unità della Repubblica. Il mio intervento in Aula al Senato

Il mio intervento integrale in Aula al Senato sul DDL Calderoli, in tema di autonomia differenziata

Presidente, Colleghe e colleghi, rappresentanti del governo,
questo è un dibattito rilevantissimo, eppure contingentato nei tempi. Per la maggioranza è urgente concludere in poche ore, fare il più in fretta possibile.
Perché questa fretta? È semplice: avete la necessità di sincronizzare gli orologi perché lo scambio tra autonomia differenziata e “premierato forte”, tra il progetto di scardinare l’unità della Repubblica e quello di demolire l’equilibrio tra i poteri, si realizzi in tempi utili per poter mostrare agli elettori una bandierina prima delle elezioni europee.
Chiarito questo assai poco nobile obiettivo, toccherò tre punti.

Il primo è il percorso del regionalismo. L’attuazione del titolo V ha riscontrato indubbie carenze e avrebbe bisogno di essere attuato in modo logico e coerente, dal punto di vista delle fonti, degli obiettivi, delle priorità.
L’alternativa non può essere tra un regionalismo competitivo e il neocentralismo. Del resto, la risposta (negativa) dei cittadini nei referendum del 2006 e del 2016 è stata assai chiara in entrambe le direzioni.
Cosa dovremmo fare, dunque? Dovremmo far avanzare il regionalismo cooperativo e solidale disegnato dalla Costituzione: individuare gli strumenti per rendere la nostra comunità nazionale più coesa, l’Italia più competitiva. Agire prioritariamente per rimuovere i divari di sviluppo, di livelli delle prestazioni, di spesa di spesa pubblica pro-capite, di benessere dei cittadini che connotano drammaticamente il Paese (un dato per tutti: l’aspettativa di vita, al Sud più bassa di quasi due anni che al Nord). Infine, attribuire le “forme e condizioni particolari di autonomia” previste dalla Costituzione alle regioni ordinarie che le richiedono.

Cosa fa, invece il DDL Calderoli (secondo punto)? Essenzialmente mira a trasferire risorse da Regioni ritenute “meno efficienti” (meno ricche) a Regioni “più efficienti” (più ricche). Infatti, non verranno decentrate solo intere materie – anche quelle che non ha alcun senso lo siano, come l’Istruzione, che definisce l’identità culturale del Paese, o la produzione e la distribuzione nazionale dell’energia – ma anche il loro finanziamento. Le funzioni trasferite alle Regioni saranno finanziate dal gettito dei tributi erariali maturato nel territorio regionale. Dunque, il costo dei servizi è finanziato da ciascuna Regione non con trasferimenti statali – come accade oggi per la Sanità – ma trattenendo una parte delle proprie maggiori entrate. Le quali, conseguenza logica, vengono sottratte allo Stato centrale, cioè a tutte le altre Regioni e ai loro cittadini.
Così diminusce in maniera consistente il bilancio statale, il Governo ed il Parlamento perdono il controllo e l’indirizzo su settori rilevanti della spesa pubblica, e lo Stato avrà a disposizione uno spazio fiscale, strumenti di azione, molto più deboli. In caso di congiuntura economica negativa, quando è necessario un intervento massiccio in senso anticiclico, lo Stato non potrà intervenire, perché si troverà con insufficienti risorse a disposizione.
Per questa Destra secessionista l’autonomia si può realizzare in assenza di interventi per il riequilibrio, che anzi saranno preclusi per assenza di risorse, anche considerando le ulteriori restrizioni determinate dal vostro pessimo negoziato sul Patto di stabilità. Le stime variano, l’attuazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni costerà tantissimo: tra gli esperti c’è chi dice 80 miliardi, chi addirittura di più. Il DDL Calderoli dice a caratteri cubitali che dalla sua applicazione non dovranno derivare nuovi oneri per la finanza pubblica. Domanda: come pensate di fare, pensate di creare il denaro per magia, di stampare moneta (forse l’indimenticabile tallero padano)?
A meno che non sia un disegno inattuabile – e a maggior ragione faremmo bene a bocciarlo – col DDL Calderoli viene meno il vincolo di solidarietà tra le Regioni. Viene meno l’unità nazionale, si spacca l’Italia.
Niente di nuovo: questo Governo è da sempre contro il Sud. Lo dimostrano la riduzione del Fondo per la perequazione infrastrutturale finanziato dal centrosinistra con 4,6 miliardi e portato ora a 891 milioni, i tagli al PNRR nel Mezzogiorno, i ritardi nel riparto dei fondi di coesione, il boicottaggio delle Zone Economiche Speciali e l’imbroglio della Zes unica, il mancato finanziamento del Fondo per l’insularità. Il DDL Calderoli è solo l’ultimo atto contro il Sud e le Isole.

Vengo al terzo punto. Nelle regioni che pagheranno il prezzo più alto di questa disgregazione la preoccupazione e la mobilitazione sono forti, e saranno sempre più forti.
C’è una eccezione, che sarebbe piuttosto ridicola se non fosse tragica: la Regione Autonoma della Sardegna, che ha espresso il suo favore, il suo entusiasmo. Forse perché il partito di chi la guida (ancora per pochi giorni), il glorioso Partito sardo d’azione, il partito che fu di Emilio Lussu, è diventato una succursale della Lega Nord. Forse perché così il presidente uscente pensava di ingraziarsi il favore del suo capo Salvini. Quale che sia la ragione, deve essere chiaro che il DDL Calderoli, pur riguardando soltanto le regioni ordinarie, danneggia enormemente le Isole, la Sardegna e la Sicilia. Le danneggia tre volte: la specialità è cancellata, non ci sarà più alcuna differenza con le regioni ordinarie; non ci saranno risorse per avvicinare la loro condizione alla media delle regioni italiane; continuerà a non esserci, come non c’è stato in questo anno e mezzo, alcun intervento per colmare gli svantaggi derivanti dall’insularità, come invece vuole la Costituzione.
Mi rivolgo qui alle senatrici e ai senatori eletti in Sardegna, e in particolare a quelli di Fratelli d’Italia, che stanno conducendo una dura battaglia per rimuovere l’attuale presidente Solinas – il peggiore d’Italia, secondo i sondaggi – per sostituirlo con l’attuale sindaco di Cagliari, che veleggia una o due posizioni sopra la sua nella graduatoria di impopolarità dei sindaci. Col vostro voto a favore vi caricate di una responsabilità enorme: pregiudicare il futuro della nostra terra per uno scambio elettorale dall’esito più che dubbio.
Io penso di essere un patriota. E quando si viene da una regione autonoma come la mia si può essere patrioti due volte, della Sardegna e dell’Italia. Ma chi fa di questo essere patriota il suo tratto politico-identitario fondante, come può votare questo provvedimento? Come potete, voi senatori e senatrici del Mezzogiorno e delle Isole, votare il DDL Calderoli?

Concludo: il disegno della Destra è eversivo da un lato dell’unità della Repubblica, dall’altro dei fondamenti della nostra democrazia parlamentare, e dovrà misurarsi con la volontà popolare. Riforme così approssimative, adottate col maglio della maggioranza su temi che richiederebbero ben più ampi consensi, è naturale che siano sottoposte a referendum. Sarà uno scontro duro. Faremo di tutto perché per la Destra oggi al governo l’esito non sia positivo. E perché lo sia, invece, per l’Italia.