Disposizioni di sostegno e tutela del comparto olivicolo-oleario

Presentata dai Consiglieri regionali MANCA – COCCO Pietro – LOTTO – SOLINAS Antonio – BRUNO – AGUS – BARRACCIU – CARIA – CUCCA – CUCCU – DIANA Giampaolo – ESPA – MELONI Marco – MELONI Valerio – MORICONI – PORCU – SABATINI – SANNA Gian Valerio

 

L’olivicoltura in Sardegna ha origini molto antiche: secondo, la mitologia l’olivo e l’olio furono introdotti nell’Isola dall’eroe Aristeo. Certe interpretazioni di alcuni reperti archeologici attribuirebbero al mito un collegamento con la realtà storica. Il mito narra che l’eroe Aristeo, figlio di Apollo e della ninfa Cirene, introdusse l’agricoltura nell’Isola e inventò la tecnica per l’estrazione dell’olio dalle olive.

Lo stesso eroe sarebbe rappresentato in due reperti archeologici:
– in un bronzetto del VII secolo a.C., conservato al museo di Sassari, mentre reca tre ampolle contenenti miele, latte e olio;
– in un altro, rinvenuto a Oliena, mentre tiene un rametto di olivo in mano.
Reperti archeologici a Oliena, Barumini e Torralba potrebbero avvalorare l’ipotesi dell’esistenza di una cultura dell’olio già dall’età nuragica. Nella grotta di Oliena sono stati rinvenuti resti di combustione riconducibili all’Olea europaea, risalenti all’epoca prenuragica.
1n Sardegna sono, attualmente, circa 40.000 gli ettari riservati alla coltivazione dell’olivo, ed essa riveste rilevante importanza non solo per l’economia agricola del territorio, ma per alcuni aspetti legati alla storia, alle tradizioni, al paesaggio ed alla salvaguardia del territorio. In particolare da una più puntuale analisi della situazione attuale si può rilevare quanto segue:

1) Tipologie d’impianto
Generalmente gli impianti razionali (quelli che non derivano dall’innesto dell’olivastro spontaneo) sono di tipo tradizionale, non di rado con età superiore al secolo. Il sesto di impianto va da 8×8 a 10×10 metri.

2) Varietà
Le varietà coltivate tradizionalmente nel nord ovest sono la Bosana per oltre il 95 per cento e la Sivigliana, che si trova piantata in maniera sparsa negli oliveti, perché generalmente serviva per la provvista familiare di olive da mensa e inoltre, probabilmente, fungeva anche da impollinatore. Nelle altre aree tradizionalmente votate dell’Isola assumono rilevanza, oltre alla Bosana che è quasi ubiquitaria, la Semidana nell’Oristanese, la Nera di Oliena o la Ogliastrina nel Nuorese, la Nera di Villacidro nel Monte Linas, la Nera di Gonnos e la Tonda di Cagliari nel Campidano e nel Parteolla.

3) Frantoi
Le strutture di trasformazione (124 frantoi dichiarati nel 2007) sono tutte del tipo “a ciclo continuo” con lavorazione a due o tre fasi.
I modelli più evoluti sono quelli a “due fasi”, ma questo tipo di lavorazione, che non prevede l’aggiunta di acqua dall’esterno per facilitare la separazione e che produce una sansa più umida, stenta a diffondersi probabilmente per la difficoltà di utilizzo dei sottoprodotti sebbene esistano le tecnologie per farlo.

4) Qualità
Sebbene molto possa essere migliorato nel campo della trasformazione, incoraggianti risultati si possono cogliere dai tanti e continui riconoscimenti tributati in campo nazionale ed estero per la qualità dell’olio extravergine prodotto.
Allo stesso modo si afferma sempre più anche la valutazione più che positiva degli oli monovarietali prodotti in Sardegna (con le varietà tipiche del territorio), il che significa che l’Isola ha un prezioso patrimonio a livello di germoplasma locale, che abbiamo il dovere di valorizzare e salvaguardare.

5) Superfici e tipologia aziendale
Oggi una superficie regionale in produzione di 39.385 ettari, di cui 1.660 da mensa, costituisce il 3,7 per cento della superficie agraria utilizzata (SAU) regionale risultando articolata in 34.140 aziende impegnate nella produzione dell’olio per un valore medio di 1,11 ettari. Ancora, le aziende olivicole con SAU inferiore a 5 ettari rappresentano il 78 per cento dell’universo aziendale, ma solo il 51 per cento della superficie olivetata risulta contenuta in aziende con SAU inferiore a 5 ettari. Quindi, sebbene costituisca potenzialmente uno dei settori cardine del territorio, la realtà aziendale appare estremamente frammentata e quindi economicamente poco redditizia.

6) Produzioni
Per quanto riguarda poi le produzioni di olive e di olio la media delle ultime tre annate è rispettivamente di oltre 31.800 tonnellate e 5.190 tonnellate con rese medie quindi di poco superiori al 16 per cento, ma in confronto alle produzioni di tutta l’Italia ci attestiamo generalmente sempre al di sotto del 2 per cento.
Tali numeri, se da un lato ci fanno capire l’esiguità delle nostre produzioni, dall’altro possono confortare per il motivo che tutto l’olio che si produce in Sardegna non è sufficiente a coprire neanche il 40 per cento del consumo locale.
Fra l’altro, in genere, il prodotto locale, anche dal punto di vista qualitativo, è superiore all’olio di massa che viene normalmente venduto nella grande distribuzione organizzata (GDO) o nei supermercati locali; proprio per questo si potrebbero aprire enormi spazi sul mercato locale se si raggiungesse un’adeguata organizzazione commerciale.

In considerazione della variegata situazione delle coltivazioni dell’olivo nell’Isola non è possibile applicare una regola unica per tutta la realtà territoriale; sono diversi i ragionamenti che si possono applicare al fine della salvaguardia del patrimonio olivicolo della Sardegna. Infatti, le ipotesi di recupero e riuso sono diverse a seconda della zona in cui sono inseriti gli oliveti: a vocazione prettamente agricola (contesto rurale) come nel caso del territorio del Coros, della Romangia del Montiferru e del Parteolla o, caso opposto, in un contesto periurbano più degradato come ad esempio nella corona olivetata di Sassari e Alghero, o ancora in oliveti inseriti in paesaggi più eterogenei dove il pascolo si compenetra nel bosco e nelle coltivazioni arboree (vite, olivo e fruttiferi) come nel Montiferru, nel Nuorese e nell’Ogliastra.

Laddove esiste ancora una cultura agricola radicata nella popolazione, con forti tradizioni e capacità professionali adeguate, vale la pena di investire per recuperare al meglio la produzione, potenziarla al massimo al fine di creare una solida base produttiva, caratterizzarla dal punto di vista qualitativo e studiare le tecniche di commercializzazione più efficaci per sollevare il reddito dei produttori fino a livelli ritenuti soddisfacenti.

Altrove vale comunque la pena di recuperare le piante, generalmente deperite, perché comunque è molto elevato il loro valore, sia per la peculiare caratteristica che conferiscono al paesaggio e sia per l’utilizzo ricreativo e/o di arredo urbano che possono assumere.

Spesso l’olivo occupa aree con terreni marginali, non irrigui, un tempo coltivati a vigneto. A volte la coltura non assume più una valenza economica agricola, ma caratterizza fortemente il paesaggio e riveste fondamentale importanza per la salvaguardia delle pendici collinari dall’erosione.

In tale situazione si evidenzia come l’economia aziendale può essere risollevata sia con la razionalizzazione delle tecniche agronomiche ed il conseguente abbattimento dei costi di produzione, che con la valorizzazione delle produzioni di qualità elevata.

Diventa quindi indispensabile per gli operatori del settore, conoscere ed applicare le più razionali tecniche di coltivazione, curando gli aspetti nutrizionali (concimazioni), la gestione della risorsa idrica (tecniche agronomiche, di aridocoltura, irrigazione di soccorso se possibile) e la corretta difesa fitosanitaria, per ottenere olive sane alla raccolta, col minor utilizzo possibile di fitofarmaci.

Inoltre, molto importante nel bagaglio professionale dell’olivicoltore, è anche la conoscenza del corretto utilizzo delle tecniche di potatura, perché permette alle piante di raggiungere un equilibrio ottimale tra vegetazione e produzione, con un risparmio nei costi di difesa e di raccolta, e un conseguente raggiungimento di elevati canoni di quantità e qualità.

La valorizzazione del patrimonio olivicolo può seguire anche altre vie: nei casi accennati in precedenza, come nelle aree in prossimità di Sassari e Alghero, gli oliveti hanno progressivamente perso la caratteristica prettamente agricola a vantaggio di quella di arredo urbano.

Da una parte quindi diminuisce il valore delle loro produzioni (olive ed olio), dall’altra cresce il valore legato al terreno per il soddisfacimento ed appagamento di altri bisogni da parte degli abitanti locali (serenità, ricreazione, ambiente e paesaggio, hobbysmo).

Data tale situazione sommariamente descritta, la presente proposta di legge è finalizzata a porre le condizioni per consentire uno sviluppo omogeneo e coordinato delle varie differenti realtà, con un riguardo particolare per le imprese olivicole, da incentivare e supportare adeguatamente.

Preso atto che il prezzo dell’olio nei mercati generali ha subito una flessione considerevole e si è ormai stabilizzato a livelli relativamente bassi, è necessario assicurare agli olivicoltori soluzioni per lo sviluppo che vanno ricercate nel superamento delle condizioni strutturali inadeguate e/o inefficienti a garantire un reddito adeguato agli imprenditori olivicoli-oleari. La presente proposta di legge, nel disciplinare le modalità procedurali degli interventi regionali, individua le seguenti linee di intervento:
a) rafforzamento ed implemento della base produttiva con una coltivazione più efficiente;
b) realizzazione e miglioramento di strutture ed infrastrutture per l’abbattimento dei costi di produzione e commercializzazione;
c) sviluppo della “cultura dell’olio” per comunicare in modo efficiente le caratteristiche del prodotto e convincere il consumatore;
d) accorciamento della filiera;
e) aggregazione di aziende.

Infine la proposta istituisce un albo regionale dei tecnici abilitati alla potatura capaci di svolgere i lavori di ristrutturazione e di produzione sugli oliveti oggetto di contributo. Questo per garantire che i lavori fatti con finanziamento pubblico, siano garantiti dal punto di vista della professionalità. Operativamente tale albo è costituito con delibera della Giunta regionale presso l’Agenzia LAORE Sardegna, sull’esempio di quanto accade già in altre regioni, che valuti tecnicamente i potatori professionisti interessati all’iscrizione.

 

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