Finalmente Renzi parla di università. Ma no ad aumenti tasse, cambi il suo programma
È certo positivo che la centralità che Bersani ha deciso di dare nel programma di governo al sistema dell’istruzione, all’università e alla ricerca – dimostrata anche simbolicamente dall’avvio della sua campagna per le primarie coi ricercatori del Cern a Ginevra – sia finalmente condivisa da Matteo Renzi. Molte delle sue dichiarazioni di oggi, a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università di Firenze, sono condivisibili ancorché tardive. Però è necessario che chiarisca i dubbi che derivano dalla lettura dal suo programma, assai distante dalle esigenze degli studenti e dell’università italiana su un punto decisivo, quello in cui prevede l’ulteriore innalzamento delle tasse universitarie e il loro finanziamento con prestiti bancari a carico degli studenti, senza alcun riferimento alla costruzione di un sistema di diritto allo studio comparabile con quello dei principali Paesi europei. Un approccio totalmente sbagliato, un modello assai vicino a quello adottato nel Regno Unito dal governo conservatore, di cui anche da quelle parti è ormai chiara, oltre all’iniquità, l’inefficacia. Allo stesso modo negli Stati Uniti il medesimo sistema ha generato un debito monstre a carico degli studenti, che nel 2012 ha superato i mille miliardi di dollari, e che Obama sta cercando di tamponare. Il primo problema dell’Italia è innalzare il livello di istruzione, riavvicinando ad un’università che mantenga un’elevata qualità gli studenti che, al contrario, negli ultimi anni decidono, in percentuali sempre maggiori, di interrompere gli studi dopo la scuola secondaria. Per farlo occorre portare le tasse universitarie e il sistema di sostegno agli studenti “capaci e meritevoli” al livello dei Paesi europei simili al nostro. E ciò significa ridurre le prime e potenziare, di molto, il secondo. Ripetiamolo chiaramente, come chiaramente lo scriviamo nelle proposte elaborate dal Partito Democratico in questi anni, e sulle quali chiedo anche a Renzi di riflettere. Sarebbe un bel segnale verso i giovani italiani se cambiasse – perché no? – il suo programma su un punto così importante.