Il mio intervento alla Direzione Nazionale PD – 20 aprile 2023
Oggi è in qualche modo un primo giorno di scuola, per questa direzione e per la nuova segreteria. Dunque è un giorno di festa, e mi associo agli auguri di buon lavoro a chi ha l’onore e l’onere di guidare il Partito Democratico per i prossimi anni.
Il nostro compito è impostare un lavoro, un lavoro che si proietta in una traiettoria a lunga gittata, ma che deve essere capace di portare risultati già nel breve e medio periodo. Dunque, l’obiettivo è arrivare a organizzare una coalizione capace di vincere le prossime elezioni politiche, ma nell’immediato dobbiamo concentrarci su tre punti essenziali:
1) come fare opposizione;
2) come arrivare ai prossimi appuntamenti elettorali;
3) come rendere più efficiente la nostra macchina, il nostro partito.
Mi limiterò, per ovvie ragioni di tempo, a soffermarmi sul primo punto, il nostro lavoro di opposizione.
C’è un bel clima intorno a noi, c’è ottimismo, fiducia, speranza. Non era affatto scontato quando, dopo la sconfitta elettorale, tutti insieme abbiamo avviato un percorso di apertura – che è appena cominciato e deve continuare – che ha prodotto in pochi mesi un grande risultato, portando nel partito energie fresche e la forza del cambiamento.
Non c’è un bel clima nel Paese.
Non c’è un bel clima quando un governo introduce, nei suoi provvedimenti e nel discorso pubblico, elementi di oscurantismo e arretramento nell’economia, nei diritti, nella legalità. Questo governo tratteggia senza alcun ritegno una idea di società che in sintesi comprime la libertà delle persone e vorrebbe imprimere un irrealizzabile disegno che richiama nella migliore delle ipotesi gli anni Cinquanta del Novecento, quando non – i riferimenti non mancano – gli anni Trenta.
Non c’è un bel clima quando un governo non sfrutta le opportunità – mi riferisco, lo stiamo facendo tutti, al PNRR, che il nostro Partito, i nostri governi, hanno ottenuto – per il rilancio dell’economia, rifiuta di adottare le riforme necessarie per migliorare le condizioni della nostra società. Penso al welfare smantellato, alla sanità definanziata, alla scuola di Valditara. Un governo che per i balneari o i tassisti (mestieri assolutamente meritori, ma nei quali l’attività di impresa deve sottostare alle regole di concorrenza europee che ci siamo impegnati proprio con l’UE a rispettare) rischia di far perdere all’Italia decine di miliardi di euro.
Non c’è un bel clima quando un governo sfrutta biecamente una tragedia come quella di Cutro per calpestare i diritti umani e violare gli accordi e il diritto internazionale, per generare paura su cui lucrare consenso. Con il risultato di non governare il fenomeno dell’immigrazione e, quale esito finale, di impoverire il Paese, che di immigrazione ben governata ha assoluto bisogno, come peraltro lo stesso governo ammette nel DEF.
Rispetto a questo clima, rispetto a questo governo, occorre opporsi molto duramente, delineando un modello alternativo di società e di governo. Dunque, la nostra opposizione deve essere durissima e intransigente, come è stata oggi in Senato sul DL Cutro e sulla mozione sul 25 aprile. Quando in una mozione sul 25 aprile si parla di liberazione ma non si dice da cosa ci si è liberati, non si ha il coraggio – la maggioranza non l’ha avuto – di scrivere a chiare lettere la parola “fascismo”, noi non possiamo che votare contro.
Al contempo dobbiamo dimostrare di essere capaci di fare scelte che ci qualifichino come forza di governo. In questi ultimi giorni, nella conferenza stampa di ieri come anche oggi, mi pare che la segretaria abbia espresso compiutamente questa nostra naturale vocazione. Mi riferisco in particolare a tre questioni cruciali o comunque emblematiche: la posizione chiara espressa sulla questione Ucraina; il modo in cui si è garantito il sostegno del partito all’azione dell’amministrazione guidata dal sindaco Gualtieri sul termovalorizzatore; la disponibilità offerta al governo e alla maggioranza di collaborare per assicurare che il PNRR non fallisca. Su queste tre questioni cruciali l’atteggiamento del partito a mio avviso è stato giusto.
Noi vogliamo unire le opposizioni e resistere alla tentazione di rispondere con la stessa moneta alle altre opposizioni che provano invece a dividerle, a dividerci. Spero si stanchino presto. Del resto in molte realtà locali già ora l’opportunità, la necessità, di andare alle elezioni uniti è assolutamente prevalente.
L’Italia è sempre più bipolare, lo dimostra il fallimento del progetto velleitario del terzo polo. In questo contesto, con questa destra estrema al governo, la capacità di conquistare il consenso della maggioranza degli italiani non dipende tanto da una statica alleanza tra progressisti e moderati ma dalla capacità di noi progressisti e democratici di dimostrare di fare gli interessi dell’Italia nel presente e nel futuro. E di farlo con alcuni riferimenti essenziali: la giustizia sociale, la salute ovvero la sanità pubblica, la scuola, i divari territoriali.
Per fare queste cose il PD ha bisogno di apertura, pluralismo, unità. Di queste, l’ultima è la parola essenziale. Già nel passaggio della elezione dei nuovi vertici di gruppi parlamentari, poi nella scelta della segreteria e nell’atteggiamento della segretaria e del presidente mi sembra che da questo punto di vista siamo partiti bene. Ora l’unità dobbiamo farla sul serio, individuando un metodo di condivisione e anche di compromesso alto che – ce lo ha ricordato Romano Prodi – non è una espressione negativa, non è un concetto negativo. L’unità che dobbiamo realizzare imparando a discutere e a decidere anche sui temi più complessi non si fa partendo dal nulla. Abbiamo due riferimenti-base che credo ci forniscano la maggior parte delle risposte anche ai temi più complessi: il programma elettorale (approvato dalla Direzione del partito) e le mozioni congressuali, sulle quali si sono espressi gli elettori alle Primarie del 26 febbraio.
Ecco, io credo che siamo partiti bene. Confesso di non aver condiviso alcuni accenti pregiudizialmente critici su questi primi mesi di guida del partito e sulla stessa nomina della segreteria. Credo sia giusto dare fiducia a chi ha ricevuto dagli elettori alle primarie il mandato a guidare il PD e nella sua capacità di ascoltare e di fare sintesi anche tra punti di vista differenti. Trovo eccessivi e poco comprensibili i timori di chi afferma che nel Pd non ci sia più spazio, ad esempio, per i cattolici o per i riformisti. A me sembra che questa lettura, tra l’altro, origini da una sovrapposizione tra i concetti di cattolicesimo politico, o cattolicesimo democratico, moderatismo e riformismo che trovo piuttosto imprecisa, anche perché non corrisponde all’ampiezza e alla complessità delle riflessioni e delle posizioni su cui si dibatte nel mondo cattolico e nella stessa Chiesa cattolica. E poi mi pare di ricordare che esponenti cattolici o espressione della tradizione del cattolicesimo democratico siano stati spesso alla guida del PD in tempi recenti, e ancora oggi esprimano posizioni di assoluto rilievo al vertice del partito e dei gruppi parlamentari.
Dunque, impariamo ad avere fiducia tra noi, a lavorare insieme. Se lo faremo con franchezza e onestà intellettuale, anche quando non dovessimo essere d’accordo su una singola posizione che – secondo le regole democratiche – il partito assumerà, potremmo comunque dire che l’obiettivo dell’unità è stato raggiunto.
Buon lavoro a tutti noi, viva il Partito Democratico!