Il Pd sardo alla prova dell’opposizione

Ripartire dalla fondazione di un Partito Democratico sardo che abbia nel suo codice genetico la carica riformistica dimostrata dal governo di centrosinistra guidato da Renato Soru. Questo il messaggio emerso dalla partecipata assemblea di Venerdì 13 marzo, che abbiamo organizzato con l’associazione TrecentoSessanta Sardegna per discutere insieme di «Come ripartire: quale opposizione, quale PD in Sardegna?».

Il dibattito si è caratterizzato per una riflessione attenta e documentata sulle cause della sconfitta del centrosinistra e sulle priorità che devono guidare il nostro impegno in questa nuova stagione di opposizione, con la quale i partecipanti hanno confermato concretamente la volontà di un’adesione attiva e responsabile al progetto del PD sardo. In apertura, ho voluto sottolineare nel mio intervento l’importanza di questi momenti di ampia partecipazione, indispensabili per poter comprendere a fondo la situazione, individuare gli errori commessi, progettare insieme la nostra azione comune, dargli attuazione.

Le cause del risultato elettorale? Diverse e molteplici. Da un lato, dopo una stagione di grandi riforme come quella della scorsa legislatura, si è manifestata una fase di minore disponibilità dell’elettorato al cambiamento, a vantaggio delle forze politiche che come il centrodestra rappresentano prospettive di ritorno al passato. Certamente il Pd in Sardegna ha dato un’insufficiente prova di sé, attardato dalle divisioni interne nel processo di costruzione e di radicamento, incapace di confrontarsi efficacemente con la complessità della società.

Superare la «sindrome di Tramatza» e chiudere in tempi rapidi lo statuto regionale del Pd sono, come ha ricordato Davide Carta, impegni da portare a compimento al più presto. Corrispondere alla richiesta degli elettori e degli iscritti di un partito organizzato nel territorio e regolato da meccanismi decisionali democratici e partecipati, le primarie che oggi a volte ci vengono rimproverate come una promessa disattesa, ha puntualizzato Stefano Zedda. Un partito capace, nella prospettiva indicata da Fofo Falqui, Sandro Cardia e Ferruccio Sanvido nei loro interventi, di superare le divisioni interne e valorizzare l’impegno degli iscritti. Ripartire dalle proposte che vengono dai circoli già attivi, come hanno fatto presente Egildo Tagliareni e Giulio Lampis, per costruire un centrosinistra aperto al dialogo con i cittadini e capace di una ferma azione di opposizione. Pensare, ha proposto Sandro Broccia, a un Pd sardo fortemente caratterizzato in chiave autonomistica, che sulla scorta di quanto intrapreso dall’amministrazione Soru indichi la via di un nuovo sardismo capace di coniugare specificità locali e modernità.

Nel suo intervento conclusivo, Francesco Sanna ha messo in guardia sulle difficoltà dello scenario politico determinato dalla sconfitta elettorale, che ci vede all’opposizione sia a livello nazionale che regionale. Due proposte per risalire la china: rinnovare la classe dirigente, completando l’azione intrapresa da Renato Soru e dando alle centinaia di persone di cui abbiamo bisogno le motivazione e lo spazio per «metterci la faccia»; ottimizzare e coordinare le opposizioni del Pd in Parlamento e in Consiglio regionale, per un’opposizione esemplare dentro e fuori dalle istituzioni che fornisca «le ruote di una bicicletta che rialziamo da terra e mettiamo in moto».

L’intervento di Marco Meloni

Il dibattito

L’intervento di Francesco Sanna