Meloni (PD): “Per il dopo Letta scelgo Bonaccini, ci serve esperienza”

Meloni (PD): “Per il dopo Letta scelgo Bonaccini, ci serve esperienza”

Il deputato fedelissimo di Enrico Letta si schiera con il governatore: “Schlein ha carisma ma bisogna guardare alla capacità di sintesi fra sensibilità diverse”

ROMA – “Le candidature alla guida del Pd sono tutte e quattro ottime, ma penso che Bonaccini abbia qualcosa in più: quella giusta dose di solidità, pragmatismo e cultura di governo in grado di tenere unito il partito, minacciato dal Terzo Polo e dal M5S”.
È di Marco Meloni, coordinatore della segreteria Letta, l’endorsement che non ti aspetti: acerrimo avversario di Renzi quando al Nazareno comandava il Giglio magico, il senatore sardo è ora pronto ad appoggiare lo sfidante più vicino al leader di Italia viva. Miracoli di un congresso che sta rimescolando le carte e le correnti.

Quindi i lettiani hanno rotto la neutralità imposta dal segretario?
“Non è mia intenzione mettere in mezzo Letta, lui si è posto come arbitro del congresso e va bene così. Però è un congresso di grande importanza e da parte mia credo sia giusto schierarmi, a prescindere dalle sue scelte. La mia non è una posizione isolata, ma rifuggo dall’idea, per averla contrastata, delle falangi organizzate: quando sono arrivato al Nazareno, quasi due anni fa, esisteva un patto di sindacato tra correnti, che ho lavorato per destrutturare perché si era trasformato in un meccanismo così rigido da soffocare il Pd. È un bene che una forza plurale abbia diverse aree culturali al suo interno, purché queste non ostacolino la libera partecipazione alla vita del partito”.

Ma allora perché va su Bonaccini, che è sempre stato un uomo di corrente più degli altri?
“A parte che non è vero, in un momento di ridefinizione della nostra identità si deve partire dai fondamentali: dal ramoscello di Ulivo che c’è nel nostro simbolo. Rilanciare quella geniale intuizione di Andreatta e Prodi che ha portato alla nascita della più grande forza del centrosinistra italiano, in grado di integrare e superare le culture originarie per parlare al cuore del Paese, alle sue sofferenze, ma anche alle sue potenzialità di crescita”.

Bella premessa e dunque?
“Secondo me Bonaccini è il candidato più capace di preservare il progetto di un grande partito di popolo che tenga insieme riformismo e progressismo. In Emilia Romagna ha dimostrato di saperlo fare, ha esperienza e solidità”.

Sta dicendo che Schlein è inesperta e poco solida?
“Non è un tema di esperienza, Elly ha grande carisma e idee molto nette, poi però bisogna guardare alla capacità di sintesi fra sensibilità diverse e ai contenuti: onestamente nei suoi mi riconosco meno, anche se hanno forza e radicalità”.

Bonaccini è più rassicurante perché uomo e moderato?
“Ma no. Finora ha fatto scelte che condivido, per esempio facendosi affiancare da Pina Picierno e Dario Nardella. E siccome penso che sarebbe un errore fatale riproporre la solita lotta tra renziani e anti-renziani, vorrei che il mio contributo servisse anche a questo. Poiché non deve essere il congresso delle divisioni, ma della ricostruzione, occorre sostenere l’opzione più affidabile, unitaria e innovativa”.

Come si troverà a fianco di Luca Lotti e dei tanti renziani che lei ha fatto fuori dalle liste elettorali?
“Io non ho fatto fuori nessuno, ho recepito le proposte che provenivano dai territori, approvate pressoché all’unanimità in Direzione. E poi nel Pd all’epoca erano tutti renziani. Guardiamo avanti”.

È stato un errore non allearsi con il M5S?
“E’ stato uno sbaglio del M5S rompere un’alleanza che probabilmente ci avrebbe fatto vincere le elezioni, come lo è stato quello di Calenda. Hanno un obiettivo ormai chiaro: far perdere il Pd, lucrare sulle nostre difficoltà. Ma hanno fatto male i conti: alle politiche abbiamo resistito all’attacco e continueremo con pazienza e tenacia a costruire un’alleanza di centrosinistra. Gli elettori staranno dalla nostra parte”.