Il potere casuale: formazione e selezione delle classi dirigenti in Italia

L’ultimo numero della rivista dell’Arel è dedicato al potere e si avvale di numerosi contributi, in materia di potere economico in bilico tra pubblico e privato, potere politico nazionale e internazionale, egemonia e influenza, poteri nascosti. In un articolo intitolato “Il potere casuale: formazione e selezione delle classi dirigenti in Italia“, ho cercato di affrontare una delle questioni principali della società italiana, riconosciuta lucidamente da Raffaele Mattioli e ripresa in seguito da Michele Salvati e molti altri studiosi: perché non abbiamo avuto una classe dirigente adeguata?

È una domanda che la classe politica, e il Partito Democratico in particolare, debbono considerare con la necessaria serietà e responsabilità. L’assenza di una classe dirigente adeguata continua a segnare una differenza tra l’Italia, i paesi europei che godono di meccanismi di selezione e formazione ormai consolidati, e ormai anche le potenze emergenti, come la Cina. La debolezza della classe dirigente politica può condurre a un condizionamento eccessivo di soggetti esterni – dal sistema economico e quello mediatico, alle rappresentanze degli interessi – sulle istituzioni. Ciò nonostante, si realizza il paradosso per cui le decisioni, anche quando non vengono prese dalla classe politica, che per definizione non è più in grado di dominare la realtà nella sua interezza, vengono ad essa imputate, con la conseguente creazione di un cortocircuito che conduce a una crisi delle istituzioni e dei valori fondamentali di una società.

La consapevolezza di questa situazione, tuttavia, non può in ogni modo suonare come un’assoluzione. Il posto della politica va rivendicato non attraverso un’astratta autonomia, ma superando l’ascesa “casuale” al potere, attraverso la competenza che fornisce gli strumenti necessari per comprendere la società e per promuovere le sue risorse.

Il percorso della classe dirigente italiana, nei suoi pregi e nei suoi difetti, non avviene mai in un vuoto. Ormai, è sul mondo che si ripercuote la circolazione di élite che si muovono in base alle migliori prospettive lavorative e di vita. La mancata connessione del nostro paese con le reti globali è una conseguenza negativa del “potere casuale”, che spesso ignora completamente le ragioni dei flussi internazionali dei talenti, limitandosi a uno sterile lamento per la “fuga” e la “perdita” dei cervelli senza attuare di rimando una strategia consistente di connessione tra l’Italia e l’estero.

 

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