Agenda Digitale priorità del prossimo Governo

Agenda Digitale priorità del prossimo Governo

marco meloniC’è un passaggio essenziale che la politica italiana deve comprendere: l’economia digitale non è un argomento di avanguardia, ma è la piattaforma essenziale per la modernizzazione del sistema produttivo e della pubblica amministrazione.

Il ritardo dell’Italia è oramai critico. Siamo sotto la media UE per la  maggior parte degli indicatori definiti dall’Agenda Digitale Europea. Per uso di Internet e infrastrutture siamo al 27° posto fra i 34 paesi OCSE: l’Italia è terzultima in Europa per copertura con banda larga di rete fissa, ed è agli ultimi posti nell’uso del web (lo usa regolarmente solo il 51% degli italiani, contro il 68% medio degli europei e ben il 38% dichiara di non essere mai stato su Internet).

Questi non sono numeri per economisti o per esperti di tecnologica. Sono numeri che hanno a che fare con la qualità della vita dei cittadini, con la possibilità di trovare buona occupazione, con la capacità delle imprese, soprattutto le più piccole, di competere nel contesto globale.

Nel concreto, significa che non abbiamo infrastrutture e competenze sufficienti a cogliere la sfida della nuova economia. Questo “divario digitale” ci impedisce di cogliere le opportunità di crescita e di occupazione che l’economia digitale offre già ai paesi che stanno uscendo dalla crisi proprio investendo sulla modernizzazione del sistema produttivo e sulle competenze dei giovani.

L’Agenda digitale, dunque, deve essere una priorità politica e una questione trasversale. Non si tratta di un settore specifico o un mero aggiornamento tecnologico della PA, ma di un nuovo paradigma economico e culturale che sta trasformando sia i settori economici e industriali, sia le modalità di interazione e di partecipazione alla vita democratica.

Serve uno sforzo diffuso che sappia far presa sull’opinione pubblica e che sia in grado di coinvolgere tutte le competenze migliori, fondato su una visione chiara.

Nel documento “L’Italia giusta l’Italia digitale” che raccoglie le proposte del PD su innovazione e agenda digitale, abbiamo provato a dare delle risposte. Con un metodo nuovo: un programma costruito in rete, nato dai seminari svolti fra luglio e dicembre a Roma, Torino e Bologna, migliorato da una consultazione pubblica online.

Il programma si basa su quattro linee di azione (infrastrutture, cultura, sviluppo e pubblica amministrazione) e identifica alcune priorità.

Prima di tutto, dobbiamo “accendere” il paese. L’infrastruttura in banda larga, puntando sulla fibra ottica e sulla realizzazione di reti strategiche come quella per le scuole, non può più essere posticipata. Dobbiamo completare l’infrastruttura fissa in banda larga veloce e puntare a colmare il gap che ci distanzia dagli altri paesi industrializzati sulla fibra ottica.

Proponiamo di riutilizzare le infrastrutture esistenti, attraverso l’istituzione del “Catasto del sottosuolo”, e di destinare almeno 3 miliardi di euro nella prossima programmazione 2014 – 2020  dei fondi europei (sia i fondi di coesione sia quelli del programma Horizon 2020)  per portare connettività in fibra a quei servizi universali la cui infrastrutturazione non può essere ulteriormente rimandata, come la scuola e le strutture sanitarie.

C’è poi da risolvere un problema in sede europea: il bilancio appena approvato riduce gli investimenti, penalizzando l’agenda digitale europea. Va invertita la rotta: ci batteremo per  l’ampliamento del Fondo “Connecting Europe Facility”, per facilitare gli investimenti in reti fisse ad alta velocità, garantendo agli operatori la sicurezza dell’investimento.

La  crescita economica è un’altra stella polare. Siamo rimasti troppo indietro: i dati della Commissione europea ci dicono che nel 2011 le nostre imprese erano penultime in Europa (solo la Bulgaria fa peggio) per fatturato dalle vendite online. Sono urgenti in questo settore sia misure d’incentivazione, sia programmi straordinari di alfabetizzazione delle PMI, per aiutare i produttori a superare le loro resistenze culturali e le loro difficoltà. L’e-commerce, infatti, offre grandi potenzialità per l’export e per la penetrazione in nuovi mercati, in particolare per i prodotti made in Italy.

Bisogna poi promuovere l’utilizzo della moneta elettronica e dei mobile payments, attraverso incentivi ai piccoli esercizi per l’acquisto dei dispositivi, un sistema di agevolazioni progressive per i consumatori e l’obbligo di transazione con moneta elettronica per PA e professionisti (medici, avvocati, ecc.). Non dimentichiamo che la moneta elettronica permette una maggiore tracciabilità delle transazioni e maggiore capacità di controllo dei pagamenti dovuti per servizi pubblici (ad esempio  parcheggi comunali, biglietti elettronici per TPL). Perciò si tratta di una svolta che garantisce sia una fonte di entrata, sia un formidabile strumento per la lotta all’evasione, anche a breve termine.

La pubblica amministrazione deve passare a un modello decertificato, trasparente e digitale. La digitalizzazione effettiva è un investimento e non un costo, perché permette risparmi enormi. Pensiamo all’uso dell’e-procurement: puntiamo ad arrivare al 30% degli acquisti di beni servizi della PA in 3 anni, che può portare, a regime, a un risparmio di 7 miliardi l’anno, secondo le stime del Politecnico di Milano. Un altro esempio concreto viene dall’uso del Cloud computing per ridurre i costi e aumentare allo stesso tempo l’efficacia dei servizi delle amministrazioni. L’adozione del Cloud, raccomandata di recente dalla Commissione Europea, può ispirarsi ad alcune best-practices locali, come il risparmio del 60% delle spese ICT realizzato dal Comune di Imola.

Pubblicità vuol dire trasparenza: il prossimo governo dovrà adottare un provvedimento analogo al FOIA (Freedom of information act), per assicurare ai cittadini il pieno diritto alla possibilità di consultare on line tutti i documenti della PA, per tutti i livelli istituzionali e amministrativi. La pubblicazione e l’accesso a tutti i dati è un’arma essenziale per combattere la corruzione che affligge il nostro paese.

Ma la priorità più grande è il divario “culturale”che l’Italia non può più sopportare. Centralità dell’agenda digitale significa passare da una visione “tecnocratica” a una “popolare”, che riassume le nostre principali piattaforme di intervento in una visione complessiva: il digitale è una risorsa per tutti – per lo studio, per il lavoro, per le politiche di assistenza a domicilio per gli anziani, per l’export delle nostre imprese, per la trasparenza della PA e per la ricostruzione della democrazia.

La Scuola è il primo pilastro irrinunciabile della nostra azione, la base della cultura digitale della nostra società. Ad oggi le aule scolastiche sono per lo più sprovviste di collegamento a Internet, e gli insegnanti italiani non hanno programmi di aggiornamento per sviluppare le competenze necessarie ad accompagnare gli alunni nel nuovo contesto digitale. Anche la popolazione più anziana e meno istruita deve essere aiutata, promuovendo la distribuzione sul territorio di punti di accesso alla rete pubblici e incentivando l’uso della rete, anche attraverso incentivi fiscali a “tempo”.

Le risorse sono poche, è vero, ma le scelte sono politiche. Per noi, revisione della spesa significa tagliare le spese improduttive per affrontare finalmente la debolezza sistemica sull’innovazione dell’Italia, investendo nel futuro. La digitalizzazione del paese è necessaria per la crescita e per la democrazia.