Cabras:«Il segretario sono ancora io»

Ora è peggio di un cruciverba senza schema: il passaggio in tribunale complica, se possibile, la vicenda del Pd, persino il giudice chiede pietà e prende tempo per decidere. L’udienza sul ricorso contro l’elezione di Francesca Barracciu alla segreteria si chiude con un rinvio, solo tra qualche giorno si saprà se quell’elezione verrà sospesa o no. Ma il fatto più rilevante della giornata è la presenza, in tribunale, di Antonello Cabras: «Sono stato convocato perché sono ancora il legale rappresentante del Pd sardo», dice il senatore mentre getta l’ancora di fronte alla stanza di Gianni La Rocca, il giudice del tribunale di Cagliari che dovrà sbrogliare la matassa democratica. In sostanza, dato che non ritiene validamente eletta Francesca Barracciu, Cabras si considera ancora il segretario.

LE SQUADRE. Proprio sulla sua partecipazione al giudizio si consuma buona parte della contesa tra le parti, in un’udienza che dura più di tre ore tra memorie scritte, repliche, controrepliche, e via così. Francesca Barracciu non si presenta, per lei c’è l’avvocato Giuseppe Macciotta. Invece Tonio Lai, il vicesindaco di Quartu che ha firmato il ricorso, arriva puntuale insieme ai suoi legali, Guido e Corrado Chessa Miglior. In realtà le due squadre sono più numerose: a dare manforte a Macciotta ci sono il costituzionalista Gianmario Demuro e il consigliere regionale (nonché avvocato) Marco Meloni. E dall’altra parte c’è nientemeno che il preside di Giurisprudenza, Massimo Deiana. Insomma, un clima da duello giudiziario. Da cavilleria rusticana, si potrebbe dire: però non compare Turiddu, compare semmai Cabras con la motivazione di cui sopra. Indossa una giacca blu, un’abbronzatura velica, e la consueta freddezza: «È vero, mi sono dimesso», risponde a chi chiede se si consideri ancora il segretario, «ma finora non sono stato sostituito validamente». È anche trascorso, dalle dimissioni, il mese che per statuto fa scattare il commissariamento: «Ma questo non produce effetti automatici. Dev’essere deciso lo scioglimento dell’assemblea costituente e indicato il commissario». Morale: il segretario resta in proroga finché Roma non deciderà di commissariare, o l’assemblea non eleggerà validamente un successore.

LE TESI. Il ricorso di Lai dice appunto che l’elezione del neo segretario non è valida: non vi ha partecipato la maggioranza assoluta della costituente. L’ala Soru-Barracciu ribatte che all’assemblea del 28 luglio erano presenti 112 delegati su 155: il numero legale c’era e valeva anche per il giorno dopo, quello della votazione (Barracciu fu eletta con 64 preferenze su 72 votanti). «Io c’ero il 28 luglio e non il 29», obietta Lai: «La mia presenza del giorno prima viene usata, indebitamente, per rendere valido il voto del giorno dopo». Ma, prima ancora di arrivare a questo punto, gli avvocati lottano sulle questioni procedurali. Macciotta chiede che il contraddittorio sia allargato al Pd nazionale: «Il Pd sardo, non avendo uno statuto, ancora non esiste». Dall’altra parte non la pensano così, ed è per questo che si presenta Cabras: il ricorso non è stato notificato a lui personalmente ma alla sede di via Emilia a Cagliari. E lui risponde alla chiamata in quanto segretario e legale rappresentante del partito.

TEMPI BREVI. A fine mattinata le tesi delle due parti vengono messe a verbale e illustrate rapidamente dai legali al giudice La Rocca. Che poi saluta tutti e si riserva di decidere: il responso è atteso per lunedì o giù di lì. Probabilmente non dirà subito se l’elezione del nuovo segretario è da annullare o no. Dirà però se deve essere quanto meno sospesa, come richiesto da Lai, per evitare un danno imminente. Chi uscirà vincitore da quella decisione riceverà un assist forse decisivo per il successo finale.