Cari democratici ripartiamo dall’Europa

Si torna a parlare di Europa. Lo si è fatto in seguito all’elezione di D’Alema alla presidenza della Feps. Lo fanno Letta e Caracciolo nel volume «L’Europa e finita?». Lo fa persino il governo, seppure solo per giustificare una manovra iniqua.

L’Europa è in crisi istituzionale, economica, strategica. L’Italia, in crisi, lo è ancor di più: stagnazione economica, abisso dell’etica pubblica e della legalità, fratture sociali e territoriali. La partita è cruciale per il nostro Paese e per l’Europa. Il paesaggio demografico e sociale è radicalmente cambiato: la frammentazione degli interessi, la destrutturazione dei tradizionali capisaldi dei nostri sistemi sociali impongono alle culture riformiste di rigenerarsi dal profondo. Per costruire un nuovo “sogno europeo”, per battere conservatorismi, tendenze nazionaliste, populismi, ideologie di chiusura, i progressisti devono recuperare la visione, la capacità di guardare oltre l’oggi e di “progredire”, appunto, aprendo nuove vie.

L’Europa politica, ora o mai più. Il deficit democratico esiste: diamo all’Unione più competenze statuali (bilancio, fisco, difesa) e più legittimità, con l’elezione di un Presidente a suffragio universale, anche per un’Europa più forte sulla scena internazionale. E comunque le forze progressiste affrontino le prossime elezioni europee con un loro candidato presidente. C’è poi il deficit della politica, che non può essere la scialuppa di salvataggio dei privilegiati nel Titanic della crisi. Il Pd non può limitarsi a organizzare convegni per dichiarare il fallimento del capitalismo: le priorità sono la crescita economica e una maggiore integrazione del mercato unico (lo ha detto bene Gianni Pittella). La bussola dei progressisti deve essere la mobilità sociale, motore di competitività ed equità. Proposte: un mercato del lavoro europeo, a partire dal programma Eures, che potrebbe diminuire di un quarto la disoccupazione; mobilità dei giovani (riconoscimento dei titoli di studio, Erasmus e servizio civile obbligatorio), investimento nel capitale umano senza paura della diversità culturale, che è già una forza dell’Europa. Il meticciato è un fattore essenziale di innovazione. Da noi, di Europa non parlino solo i soliti noti: diamo la parola agli esiliati per scelta, una grande risorsa del Paese.

Il momento storico e D’Alema alla guida della Feps sono una grande opportunità. L’Europa rimarrà un’incompiuta finché non avremo istituzioni, strategie, culture e partiti realmente condivisi. Noi democratici italiani dobbiamo avere il coraggio di dire chiaramente: è il tempo di costruire gli Stati Uniti d’Europa e il Partito Democratico Europeo.