Enrico Letta presenta la sua scuole di formazione politica. Un’anti Leopolda che non è una corrente (ma quasi)
Il paragone più immediato è quello con Italianieuropei, la fondazione cui Massimo D’Alema ha dedicato energie e passione dopo l’uscita da palazzo Chigi nel 2000. Quella di Enrico Letta si chiama invece Scuola di Politiche, partirà il 9 ottobre a Roma con una lecture dello stesso Letta e, almeno nelle intenzioni iniziali, vuole restare il più possibile alla larga dalle beghe della politica italiana.
“Non abbiamo un progetto ambizioso come quello di Italianieuropei, la nostra è solo una piccola scuola per ragazzi che amano la politica”, si schernisce Marco Meloni, unico deputato Pd rimasto orgogliosamente lettiano dopo la diaspora, fieramente anti-renziano e direttore della scuola dove insegneranno, tra gli altri, molti ex ministri di quel governo come Emma Bonino, Enrico Giovannini, Maria Chiara Carrozza, Carlo Dell’Aringa, Filippo Patroni Griffi. Oltre a nomi di peso dello scenario politico e accademico italiano ed europeo come Federica Mogherini, Martin Schulz, presidente dell’europarlamento, Sabino Cassese, Herman Van Rompuy, Pascal Lamy, Marc Lazar, l’ex commissario Ue Michel Barnier, Ana Palacio. Tra i docenti, due dei figli di Beniamino Andreatta (alla cui memoria è dedicata la scuola), Filippo (docente di Politica internazionale a Bologna) ed Eleonora, presidente di Rai fiction, oltre a volti noti come il sondaggista Nando Pagnoncelli, le professoresse Sara Bentivegna e Sofia Ventura, Lucio Caracciolo, l’editore Giuseppe Laterza, il direttore della Fondazione Agnelli Andrea Gavosto, Daniel Gros, Paolo Onofri, Vittorio Emanuele Parsi.
Una squadra molto forte. “Non ho ricevuto nessun no, per me è stata una grande soddisfazione”, dice Letta. I docenti presteranno la loro opera a titolo gratuito. L’obiettivo di Letta, in questa prima fase, è quello di strutturare la scuola, che sarà a forte vocazione europeista, e avrà 100 alunni tra i 19 e i 25 anni, scelti tra i 700 che avevano tentato l’iscrizione. “Eravamo partiti con l’idea di una sola classe da 20-25 studenti, e invece le classi saranno tre per l’alto numero di richieste ricevute”, spiegano gli organizzatori.
La scuola non sarà dunque un think tank di corrente, anche se Letta alla presentazione ha precisato che la sua passione politica è “più forte di prima”. Ma già dalle prime avvisaglie si coglie un approccio politico e culturale agli antipodi della Leopolda. “L’idea di fondo della nostra scuola”, si legge nel documento fondativo, “è che in questo mondo di sempre maggiori complessità, interdipendenza e specializzazione tecnica, la politica che vuole incidere sulla realtà, governare e cambiare, richiede un elevato grado di competenza e rigore. Richiede, prima di ogni altra cosa, la consapevolezza della differenza più importante di tutte, quella tra governare e comandare”.
Se non bastasse, basta ascoltare quello che ha detto Letta alla presentazione alla stampa estera. Secondo l’ex premier “la pietra angolare” della politica italiana ed europea dei prossimi anni sarà “la capacità di unire”, di fare rassemblement, come diceva De Gaulle “rispetto a un sistema che divide. Per unire ci vuole pazienza ma alla fine paga sempre”. “Vince solo chi sa unire”, è il pensiero di Letta, e anche il titolo del suo libro “Andare insieme, andare lontano”, riprende questa filosofia, che sarà alla base dei corsi. Una antropologia molto lontana dai muscoli mostrati dal premier anche in queste ore in Senato.
“Inviterà Renzi a fare lezione?”. “Why not?”, replica Letta ai cronisti assetati, ma l’invito non è in cantiere e non ci sarà. Sarà Renzi il rassembleur italiano?. L’ex premier sorride: “Cosa vi devo dire?”. Letta preferisce parlare di Europa, che sarà uno dei temi chiave della sua scuola, che a sua volta potrebbe dopo il primo anno assumere una dimensione ancora più europea, con corsi in altre capitali Ue. “Oggi la situazione dell’Europa sta basculando. Così non si può rimanere. La tentazione che si percepisce è di aspettare i prossimi due anni, perché ci saranno il referendum in Inghilterra, le presidenziali in Francia, le legislative in Germania”, spiega un preoccupato Letta. “E allora qualcuno pensa che si può far battere la palla, tanto le cose vere arrivano dopo. E’ sbagliato, non abbiamo due anni davanti. C’è il rischio fortissimo di un ritorno a una logica nazionale”.
Nella scuola ci saranno otto corsi, dal primo sull’Europa agli altri sull’economia e le istituzioni italiane, relazioni internazionali, welfare, comunicazione politica. Un programma serrato, che conferma un po’ lo stereotipo del Letta “secchione”, tanto preparato quanto poco adatto alle battaglie di partito. E poco incline alla leadership in un’epoca di personalizzazione. Temi su cui l’ex premier, nell’ultimo anno, ha riflettuto a lungo. “Io non mi metto tra i nostalgici della politica di un tempo”, spiega. “Mi metto tra coloro che vogliono riflettere su come, in un tempo in cui si cerca la personalizzazione, la si possa coniugare con la responsabilità individuale. Se ci metti la faccia rispondi in prima persona. Non vorrei che scopriamo che il presentismo è un modo di divorare fenomeni, e a forza di farlo, ci perde il paese”. Del resto, osserva, “è finita l’epoca delle carriere politiche cinquantennali. Devi avere un lavoro nella vita vera, per essere libero”.
Letta, con le dimissioni dal Parlamento e la scelta di diventare preside della Scuola di relazioni internazionali a “Sciences Po” a Parigi, ha intrapreso senza indugi la strada della carriera professionale. E tuttavia, vista anche la sua età ancora giovane, la politica resta il suo chiodo fisso. “La scuola non è un passaggio verso un ritorno in campo nel Pd, magari al prossimo congresso”, mette le mani avanti. E tuttavia la scuola è uno dei tasselli della sua second life. A cui si aggiunge, oltre all’università parigina, anche la recente nomina a presidente dell’associazione Italia-Asean. Si tratta di una struttura che ha il compito di promuovere i rapporti economici, sociali e culturali tra l’Italia e alcuni paesi del Sud-est asiatico che si stanno organizzando in un’area di libero scambio e dove Letta ha molto viaggiato negli ultimi mesi. Tra questi Indonesia, Thailandia, Laos, Malesia, Vietnam, Singapore, Brunei e Birmania. L’associazione promuoverà due forum all’anno, uno in Italia e uno in Asia e gode del sostegno dei ministeri degli Esteri e dello Sviluppo.
La scuola di politiche, invece, oltre a lezioni ed esami, prevede una serie di conferenze degli “Amici della scuola” (che potranno anche contribuire con una donazione), e una “Andreatta lecture” una volta l’anno. L’evento più importante, che segue nell’impostazione la lettura annuale del Mulino a Bologna, di cui non a caso Andreatta fu uno dei principali animatori. Dopo quasi due anni dallo sfratto da Palazzo Chigi, Enrico Letta riparte da qui. E, sull’esempio dei maestri Dc, aspetta che la stella dell’acerrimo rivale compia il suo percorso.