Unione Sarda – Orlando: “Io, il Pd, i migranti
Tratto da “L’Unione Sarda” – 14 aprile 2017, pagina 5
Sta provando a riportare un po’ di sinistra nel partito che della tradizione del Pci dovrebbe essere l’erede. Per ora non ci è riuscito, visto che nel primo voto delle primarie per la segreteria, quello nei 6648 circoli, ha ottenuto circa il 25% dei consensi contro il 66% di Renzi e l’8% di Emiliano. Ma resta sereno perché nonostante le distanze «la partita non è chiusa». Il 30 aprile le urne saranno aperte a tutti e «ci saranno sorprese».
Nel frattempo Andrea Orlando, spezzino, 48 anni, continua a fare il ministro della Giustizia e gira l’Italia per proporre la sua idea di partito «unito e plurale».
Oggi fa tappa a Cagliari: alle 13.45 all’aeroporto di Elmas incontrerà i sindacati regionali; a seguire vedrà i lavoratori di Eurallumina e Alcoa in via Emilia; alle 16 terrà un discorso pubblico al THotel e alle 18.45 chiuderà la sua tappa sarda dagli operai della Saras.
Ieri è diventato legge il decreto Minniti-Orlando sull’immigrazione. Molti giuristi ma anche l’Anm hanno espresso riserve in particolare su presunte violazioni dei diritti costituzionali al giusto processo, alla difesa e al contraddittorio.
«Guardo con preoccupazione una giurisdizione che rimanga travolta da una crescita dei flussi migratori. E a persone che prima di sapere se hanno diritto o meno allo status di rifugiato devono aspettare anni. Una condizione inaccettabile e pericolosa: sono persone che vengono collocate in un limbo e a volte questa condizione di incertezza li espone anche a fenomeni come la piaga del caporalato. Dare rapidità è anche un modo di garantire diritti».
Però avete eliminato un grado di giudizio.
«Ma rafforziamo le tutele nel primo passaggio amministrativo davanti alle commissioni. Inoltre introduciamo sezioni specializzate, cioè magistrati che si occuperanno solo di questo tema, dando così una risposta qualitativamente più elevata. Faremo un monitoraggio dopo l’entrata in vigore, in modo da poter valutare e nel caso ridefinire l’intervento. Ma adesso cerchiamo di affrontare l’emergenza».
Le grandi migrazioni in atto condizioneranno le competizioni elettorali europee. I populisti di ogni schieramento sembrano avvantaggiati. Come si fa a proporre agli elettori ragionamenti convincenti basati su soluzioni ragionevoli e non su espulsioni o contrapposizioni italiani-stranieri?
«Dobbiamo dire la verità. Le migrazioni sono un fenomeno di questo tempo. Ci sono parti del mondo distrutte da guerra, povertà, desertificazione, carenza di beni primari come l’acqua. È nella natura dell’uomo cercare un luogo in cui vivere meglio. Noi dobbiamo essere consapevoli di questo e gestire con le politiche migliori il fenomeno. Fare in modo che chi viene nel nostro continente si integri nel nostro tessuto sociale, possa dare un contributo positivo alla nostra società e rispetti le regole. Per gestire questo fenomeno infine serve più Europa, non meno come dicono i populisti. Con meno Europa i flussi migratori continueranno ad impattare maggiormente su Paesi come Italia, Spagna e Grecia. Serve una solidarietà continentale, poiché gestire il flusso in 27, anziché in tre, aiuterebbe a ridurre preoccupazioni e paure».
Come è stato possibile che il Pd perdesse buona parte di quella ricchezza culturale che ne faceva un partito plurale e inclusivo, naturale riferimento della sinistra?
«È possibile, o meglio può diventare possibile, quando si finisce per perdere le idee, quando finisce per inaridirsi la vena di spunti, di temi, di iniziativa, di sensibilità e vivacità culturale con la quale i grandi ideali, che da sempre costituiscono patrimonio della sinistra, venivano trasformati in iniziative, in azione, in interventi. Questo fervore, che ha sempre caratterizzato l’anima del nostro partito, oggi è sfumato, si è sciolto, perso nella singolarità di tante, troppe correnti e nella fortificazione di un pensiero unico, il più delle volte connotato da tratti di esclusività invece che di inclusività. Per questo la nostra mozione non si ispira a principi di rottamazione, né a suggestioni di lanciafiamme».
Le diversità un tempo erano la ricchezza della sinistra, ora chi è diverso se ne va dal Pd.
«Abbiamo perso la capacità di essere un grande partito che ascolta e in cui ci si ascolta. È avanzata l’idea di un confronto muscolare. Molte riunioni finiscono come sono iniziate. Senza la capacità di condizionarsi a vicenda».
Renzi ha praticamente vinto la partita per la segreteria, anche se lei sostiene il contrario.
«Il 30 aprile si verificheranno sorprese, conto sul voto di chi vuole bene al Pd e pensa che sia utile per l’Italia, ma in questi anni è rimasto deluso, ignorato e spesso si è allontanato. Possiamo essere maggioranza alle primarie del 30 aprile e cambiare veramente il Pd per ricostruire il centrosinistra».
Dopo le primarie c’è da mettere mano alla legge elettorale: la proposta di sintesi potrebbe ruotare attorno all’Italicum corretto. Qual è la sua posizione?
«Credo che il Pd debba prendere un’iniziativa subito. Bisogna smetterla di mettere sul tavolo modelli preconfezionati. È ormai chiaro che il Mattarellum non va bene a nessuno e l’Italicum non dovrebbe andare bene a noi. Io partirei da collegi uninominali e premio per la governabilità».
In Sardegna il Pd non ha segretario da circa un anno dopo le dimissioni di Renato Soru. Il partito resta diviso in correnti. Come uscirebbe da questa situazione?
«Servono generosità e apertura alle nuove leve da parte dei dirigenti, e ci si deve affidare alle scelte dei democratici sardi: le primarie del 30 aprile servono a questo. Sembra una cosa normale, e infatti dovrebbe esserlo. Ma noi siamo gli unici che le facciamo».
In corsa per la segreteria regionale sarda del Pd ci sono due renziani e nessun’altra corrente. C’è il pericolo della dittatura del renzismo?
«Sono questioni totalmente distinte. Tra l’altro, le candidature alla segreteria regionale sono state presentate prima che venisse indetto il congresso nazionale. Tra i miei sostenitori ci sono persone che votano per ciascuno dei due candidati: vinca il migliore, cioè chi sarà considerato tale dagli elettori democratici sardi».
Qual è il suo giudizio sull’operato della Giunta regionale guidata da Francesco Pigliaru?
«Quando ho avuto a che fare, nei miei ruoli di governo, col presidente e con esponenti della Giunta regionale, ho trovato interlocutori esigenti e competenti. Specie di questi tempi non è poco, anzi è moltissimo».
Lei si è occupato di Ambiente e conosce anche la situazione in Sardegna. Che cosa pensa della proposta di legge urbanistica della Giunta Pigliaru che consente l’ampliamento degli hotel a meno di 300 metri dal mare? Una proposta che sconfessa la linea soriana.
«Non conosco il merito del dibattito in corso, e credo sia giusto rispettare le decisioni che assumerà il Consiglio regionale. Certo sul rispetto dell’ambiente e del paesaggio, ovunque ma in particolare in una terra meravigliosa come la Sardegna, non si deve transigere».
Anche in Sardegna potrebbero chiudere alcuni tribunali: quelli di Tempio e di Lanusei.
«Non sono in programma ulteriori revisioni della geografia giudiziaria, dopo quelle adottate qualche anno fa dal governo Monti».
[Fabio Manca]