Università, 600mila in ritardo solo  il 20% arriva alla laurea

Università, 600mila in ritardo solo il 20% arriva alla laurea

Da Il Mattino del 28 lugio 2012, di Michele Di Branco

Quella tirata d`orecchie del ministro dell`Istruzione, Francesco Profumo, contro i fuoricorso  «che esistono solo da noi», seguita dall`annuncio che il governo avrebbe dato «un segnale forte di cambiamento di rotta» suonava già come  un preavviso di stangata per i 600 mila studenti (i133,5% del milione  e 782 mila iscritti) che, in Italia, stanno inseguendo la laurea ormai  fuori dai tempi stabiliti dal normale corso di studi. Certo, a leggere  le statistiche di Almalaurea è difficile dar torto al ministro quando  tuona contro il «mancato rispetto delle regole e dei tempi» e si lamenta  dei costi, anche in termini sociali, prodotti da chi la tira un po` troppo  per le lunghe all`università. Nel nostro Paese sono solo 20 su 100 i  laureati in età compresa tra i 25 e i 34 anni, contro la media europea  del 37%. Si tratta di un male antico: nella popolazione compresa tra i  55-64 anni, sono laureati 10 italiani su cento, la metà di quanti ne  risultano nei paesi Ocse (in Francia sono 18, in Germania 25, nel Regno  Unito 29, negli Usa 41). Può darsi che gli studi dalle nostre parti siano più pesanti che altrove. Ma questo non può spiegare tutto e la differenza salta subito all`occhio. Nel 2011 (dati del Miur)  gli studenti fuori corso che, finalmente, hanno  raggiunto la laurea sono stati 162mila su un totale di 289mila. Una proporzio- ne senza eguali in tutta Europa.  Certo, se dalla spending review arriverà un salasso di imposte, non si  potrà dire che sarà il primo. Nel ultimi 5 anni, soprattutto a causa  dell`aumento delle tasse regionali, l`imposizione universitaria è aumentata  del 24%. Tanto che l`Italia, con una media di 1.100 euro a studente (si va da 250 fino a 3 mila a seconda del reddito Isee, dell`Ateneo scelto e della localizzazione geografica ), è seconda solo a Gran Bretagna e Paesi Bassi nella classifica delle università più care. Per dire, in Danimarca, Norvegia, Svezia, Finlandia e Austria sono del tutto gratuite, mentre in Germania, Francia e Spagna sono assai  meno costose. Ogni università attualmente non può ottenere come finanziamento dalle tasse universitarie più del 20% di quanto riceve dal ministero dell`Istruzione attraverso il fondo di funzionamento ordinario. Con il nuovo decreto, nel computo di questo 20% non verrà considerata la quota delle tasse che deriva dagli studenti fuori corso ed extracomunitari. Mano libera agli aumenti, dunque. Destinati a incre- mentare gli introiti, oggi stimati intorno a 1,9 miliardi di euro. Alla Sapienza di Roma, il più numeroso Ateneo del Paese, dove sono fuori corso in 40 mila su 130 mila iscritti, dopo tre anni di fuori corso si finisce nel regime part-time. Un sistema escogitato per aiutare gli studenti lavoratori a ritrovare il ritmo di studio togliendosi di dosso l` etichetta record Nel nostro Paese il percorso di studi è tra i più cari ma ci batte l`Inghilterra ta di «bamboccioni». Di sicuro, però, il fattore denaro è un formidabile propellente verso la laurea sprint. La Luiss, Fatene() di Confindustria, dove si versano fino a 8 mila euro, ha poche decine di fuori corso e un tasso di abbandono dopo il primo anno dello 0%, rispetto à 17% nazionale. Gli studenti si laureano, in media, nel giro di 5 anni e tre mesi contro una media nazionale di 8. Una laurea in tempi rapidi, d`altronde, è preferibile, in tempo di crisi, perché in Italia il tasso di occupazione per coloro che hanno guadagnato il titolo universitario in corso supera di oltre 28 punti percentuali quelli che non ci sono riusciti. Gli studenti della Sapienza di Roma, dove la tassa minima è di 330 euro all`anno e si arriva fino a 2.155 euro per chi proviene da famiglie benestanti (medicina, architettura, ingegneria e farmacologia le scelte più care), possono stare tranquilli. Il rettore Luigi Frati ha annunciato che non chiederà più soldi. «È sbagliato in un momento come questo ha detto rati – perché si rischia, mentre il Paese soffre, di buttare gente fuori dall`università consegnandola non certo al lavoro, ma alla malavita». Sul versante politico, contrari agli aumenti Udc e Idv. Mentre il responsabile Università del Pd, Marco Meloni, ha espresso parere favorevole perché «l`emendamento cancella il decreto-legge che avrebbe consentito quasi il raddoppio delle tasse agli studenti in corso e un aumento senza limite né criterio orientativo per i fuori corso».